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molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

ACCORDO SUL NUCLEARE: UNA VITTORIA PER DUE LEADER DIMEZZATI

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A Vienna si ricomincia. Tutto è possibile: da un accordo imminente sul nucleare iraniano fino a un nuovo rinvio. Ma dietro alla storica intesa che metterebbe fine a dieci anni di contenzioso nucleare ci sono due leader indeboliti. Da una parte, il presidente Barack Obama è reduce dalla sconfitta alle elezioni di midterm e ha perso la maggioranza nel Congresso Usa, rendendo più complessa l’approvazione di qualsiasi norma che abbia come scopo la rimozione delle sanzioni internazionali contro l’Iran. Tuttavia, Obama sulla questione nucleare si gioca la carta principale per dare una svolta alla sua strategia in politica estera e in particolare nella gestione delle crisi in Medio oriente. Eppure un accordo con l’Iran potrebbe facilitare una distensione delle tre principali crisi regionali dall’Iraq, dilaniato dall’avanzata dei jihadisti, al conflitto in Siria fino al ruolo centrale di Teheran in Afghanistan. D’altra parte, anche la guida suprema Ali Khamenei è apparsa nelle ultime settimane più fragile, ripreso in ospedale dopo una delicata operazione chirurgica. Se facesse un passo falso, Khamenei potrebbe veder crollare l’intero impianto rivoluzionario post-khomeinista insieme alla dura contrapposizione con l’Occidente, per questo si mantiene prudente, consapevole che l’Iran ha tutte le carte in regola per andare avanti nonostante le sanzioni internazionali.

Il punto sui negoziati del nucleare

nucleare

Obama e Khamenei

E così il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif ha tuonato contro «richieste eccessive» per raggiungere un’intesa sul nucleare entro la data del 24 novembre, ad un anno dal primo accordo di massima raggiunto a Ginevra che ha sancito il diritto iraniano ad un programma nucleare pacifico e aperto la strada alla cancellazione delle sanzioni internazionali. In attesa che i colloqui tra P5+1 (cinque membri del Consiglio di Sicurezza Onu e la Germania) con l’Iran si chiudano, si consolida l’asse tra Teheran e Mosca. Russia e Iran hanno siglato una serie di accordi per realizzare fino a otto reattori nucleari in Iran. L’intesa riguarda la costruzione di due reattori nella centrale di Bushehr, con una possibile estensione a quattro, mentre altri quattro saranno costruiti in altre zone del Paese. Come se non bastasse, secondo il New York Times, le autorità iraniane avrebbero dato il via libera al trasferimento di ingenti riserve di uranio in Russia. In base all’accordo, i russi avrebbero convertito l’uranio in barre di combustibile nucleare per alimentare la centrale nucleare di Bushehr. Una volta che l’uranio viene convertito in barre di combustibile è estremamente difficile riutilizzarlo per produrre armi atomiche. Tuttavia, le autorità iraniane hanno immediatamente smentito le rivelazioni di stampa.

Già nell’incontro con il presidente russo Vladimir Putin, lo scorso maggio, a margine della quarta Conferenza sull’interazione e le misure di rafforzamento dei rapporti economici in Asia (Cica), il presidente iraniano moderato Hassan Rouhani aveva ribadito l’importanza dell’asse con Mosca. E così, com­plice lo scet­ti­ci­smo dei senatori repub­bli­cani negli Stati Uniti e dei radi­cali, vicini all’ex presidente Mahmud Ahmadinejad in Iran, per una solu­zione paci­fica del con­ten­zioso nucleare, gli aya­tol­lah stanno nego­ziando un con­tratto nel set­tore ener­ge­tico con la Rus­sia del valore com­preso tra 8 e 10 miliardi di dol­lari. Già lo scorso feb­braio, l’Iran aveva fir­mato un accordo da 20 miliardi di dol­lari con Mosca, per lo scam­bio di petro­lio ira­niano, pari a 500mila barili al giorno per tre anni, in cam­bio di merci e pro­dotti indu­striali russi.

I controversi effetti delle sanzioni internazionali

Tuttavia, le sanzioni internazionali contro l’Iran si sono rivelate sin qui poco efficaci. Tant’è che le esportazioni di petrolio iraniano sono rimaste in buona salute nonostante sanzioni più rigide. Funzionari iraniani e intermediari del Golfo hanno adottato strategie creative per aggirare le sanzioni (per esempio favorendo trasferimenti tra navi, in porti remoti, o mescolando il petrolio iraniano con altro carburante). Addirittura le esportazioni iraniane totali di petrolio sono cresciute sensibilmente negli ultimi anni. D’altra parte però, le misure internazionali hanno dimezzato le esportazioni di greggio iraniano. E così, le autorità di Teheran sono sembrate preoccupate degli effetti delle nuove restrizioni sulla loro offerta petrolifera.

Sarebbe proprio la diminuzione dei prezzi internazionali di greggio ad aver costretto le autorità iraniane a trovare un accordo sul nucleare per bilanciare i minori introiti dall’esportazione di petrolio. Tuttavia, gli effetti sull’economia iraniana di una riduzione dei prezzi del greggio, secondo molti analisti, sono sopravvalutati. E così Teheran sarebbe già pronta ad un piano finanziario per il 2015 con prezzi del greggio a 75 dollari al barile, nuovi investimenti per rimodernare le infrastrutture ed accrescere la produzione di petrolio.

Giuseppe Acconcia

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