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Gianni Rodari

È ora che il Brasile punti sulla raffinazione del petrolio

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Una delle polemiche che agitano in questo momento la vita política del paese è la questione Petrobras/Pasadena/Dilma. I dubbi riguardano la superfatturazione e l’evasione per l’acquisto della raffineria di Pasadena che nel 2006 fu comprata da petrobras per un valore di 360 milioni di dollari a fronte del fatto che appena un anno primo furono pagati 42,5 milioni di dollari per la raffineria Belga Astra.

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La nazionale Corte dei Conti (Tribunal das Contas) ha aperto una indagine sulla questione e giornalisti indipendenti come Folha Politica stanno, a loro volta, cercando di fare chiarezza. Dobbiamo dire che il Brasile è ricco di petrolio ma non possiede impianti di raffinazione tanto che vende petrolio a compagnie estere, anche in Italia, e ricompra benzina generando così ulteriori polemiche legate all’alto costo della benzina in Brasile.

Perché Dilma è coinvolta in questa indagine? Perché al momento dell’acquisto era ministra del governo Lula con competenza diretta a approvare il contratto di acquisto del 50% della raffineria di Pasadena. Dobbiamo considerare che Petrobras è controllata dal governo che possiede il 50% della compagnia e che Dilma in quel momento presiedeva il consiglio stesso. Anche Petrobras ha aperto un’indagine interna come ha affermato la presidente Gracia Foster a “Globo”. Il tutto è complicato ulteriormente da una causa negli Usa persa dal Brasile e intentata da Oil Astra.
Abbiamo portato a estrema sintesi una complicata vicenda giudiziaria internazionale e dovrà essere la magistratura contabile brasiliana a accertare eventuali responsabilità. Quello che possiamo dire è che questa vicenda si aggiunge al lungo elenco di fatti corruttivi che hanno visto sempre al centro esponenti politici del PT.

E ancora questa vicenda mette in luce alcune questioni fondamentali sulle politiche economiche del paese: è mai possibile che un grande paese ricco di giacimenti petroliferi non si decida a importare tecnici e acquistare tecnologie per impianti di raffinazione e si riduca a vendere petrolio e acquistare benzina? È possibile che una grande società petrolifera, come la Petrobras, quotata in Borsa con quasi 600 mila azionisti, presente in 25 paesi, veda lo Stato come azionista di controllo assoluto? Sono queste le domande che si fanno giornalisti e osservatori politici. Una economia di mercato con una presenza così invasiva dello Stato, senza benefici per la collettività, tra l’altro Petrobras è fortemente indebitata, e costi elevati per i cittadini nell’acquisto di un bene fondamentale come la benzina.

Alessandro Battisti

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