Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Buon pranzo con Pietro Zito

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pietro zito“La cucina è sempre stata donna”, lo afferma convinto Pietro Zito considerato uno dei migliori cuochi d’Italia: “perché è l’amore con cui la madre cucina al figlio, quello che noi uomini non potremmo mai fare, è la forte sensibilità della donna, superiore a quella dell’uomo”. Eppure nelle classifiche dei cuochi italiani si vedono sempre nomi di uomini, ma Zito ha una spiegazione: “il lavoro del cuoco è molto faticoso, e prima lo era ancora di più, un lavoro duro, da manuale. Una vera fatica che la donna non poteva fare di continuo, per venti ore al giorno. Ma oggi le cose stanno cambiando, stiamo tornando alla cucina donna, basta anche vedere le iscrizioni alla scuola alberghiera, ci sono tantissime ragazze”. Lui stesso ha imparato a cucinare dalla madre, il pranzo Zito lo mangia fatto dalle sue mani e questo accade da sempre, da quando lavorava per altri grandi ristoranti in Puglia: “Cucinavo cibo che non mi/ci apparteneva. Ero veramente stufo, si mangiava solo per rinnegare uno stato contadino; si serviva salmone, caviale, si beveva prosecco solo perché lo stato sociale si era evoluto ed eravamo tutti un po’ più ricchi. Ma era un cibo che non mi piaceva, non mi rappresentava. Scappavo sempre a casa di mia madre per poter mangiare il quotidiano”.

Nel 1992 nasce dunque un’osteria serale , tranquilla (adesso aperta anche a pranzo),“Antichi sapori” a Montegrosso, un borgo silenzioso accanto ad Andria. Per arrivarci si attraversa quel meraviglioso paesaggio della Murgia pugliese, e chi vuole può passare da Castel del Monte e lasciarselo alle spalle, nobile e solitario, maestoso e incontrastato a controllare la vallata sottostante. È un Sud legato fortemente alle tradizioni contadine, con un odore particolare che nel tempo non cambia. Zito lo sa bene, non si è mai spostato da qui, anche se non esclude che possa succedere considerata la sua passione per il cibo: “ogni nuovo luogo identifica un prodotto”. Ha un orto vero accanto al ristorante, che cura personalmente e con l’aiuto della famiglia e di altre due persone fisse; il primo orto di 15 mila metri quadri aperto in Italia. All’inizio era dettato dalla necessità della sopravvivenza, ora è talmente bello e curato che si può anche visitare. Non è un caso che Zito ami cucinare soprattutto le verdure e gli ortaggi che cerca di rispettare il più possibile: “conoscendo il profumo quando le raccolgo, so che devo ritrovare lo stesso profumo quando le cucino”. E nella bocca si sciolgono quei fiori di zucca con ricotta e scamorza, tortino di bietola nera, quella focaccia con grano arso; si gustano le orecchiette di grano arso con purè di fave e olive nere o con cime di zucchine o con cicoria e ricotta salata ed è un piacere addentare la parmigiana con scamorza.

I piatti cambiano a seconda delle verdure di stagione. E tanti sono i dolci che riprendono la frutta dell’orto, o che sipietro zito avvalgono della squisita ricotta di mucca con cioccolata fondente per fare una sorta di cassata alla Zito, o di mandorle amare e crema di ricotta per il morbido tiramisù, per passare alla fine alle croccanti mandorle tostate. Con sua madre ha cominciato a cucinare per persone che sentivano la necessità di piatti semplici, soprattutto per chi mangiava sempre fuori casa e cercava solo pane e pomodoro, burrata o ricotta: “Non bisogna essere egoisti come chi cucina per il proprio ego di creatività. Basta una semplice pasta con pomodoro unito al nostro saper fare”. Il successo è stato immediato, “c’era la necessità di uscire fuori dagli schemi di una cucina convenzionale, anticipare il gusto del cliente e capire cosa volesse, adeguarsi alle sue richieste”. Aveva capito che era fondamentale puntare sull’orto, la carta vincente: “bisognava investire sui prodotti spontanei che tutti dimenticavano e persistere su una cucina semplice; non farsi prendere dai piatti complicati. Un piatto articolato che il cliente potrebbe mangiare anche a Milano, con prodotti che può trovare anche lì non ha senso; chi viene in Puglia e vuole mangiare qualcosa di autentico, di vero, viene ad “Antichi sapori” dove trova una cucina estremamente facile, e il prodotto è rispettato nella sua integrità; tutto deve essere di grande qualità, a cominciare dall’olio, il buon olio extravergine di oliva, essenziale.

Se prima con le tecniche si poteva camuffare, ora la gente è molto preparata, conosce i sapori, e allora la questione è diversa, bisogna sapere non rovinare un buon prodotto”. “Antichi sapori” ha molti turisti, e il 40% sono stranieri che vogliono essere coinvolti nel rito del pranzo, della tavola, del partecipare: “preferisco avere come cliente persone sensibili che facciano chilometri per venirmi a trovare perché hanno un rapporto col cibo importante, non il solo riempirsi la pancia, ma un preciso percorso gustativo e informativo”. “La ricchezza della cucina italiana a differenza delle altre straniere, è che si tratta di cucina regionale. Chi viene in Italia può mangiare la piemontese, l’emiliana, la pugliese, non si può parlare di cucina italiana, non c’è una sua vera unificazione”. Lui preferisce cucinare a casa “dove si nasce”, ma all’estero un mercato sensibile e attento è quello giapponese, “è importante cucinare per i giapponesi con molta delicatezza”. Certo è che quando si sposta per lavoro “come un San Bernardo” si porta sempre in valigia “pane olio, pomodoro e origano: il mio piatto preferito, mi rappresenta in pieno”. Ora viene chiamato a cucinare oltre che per matrimoni importanti anche per singole feste di compleanno a casa, perché “ c’è il bisogno di dare un volto a un cibo, perché possano raccontare che questo buon piatto l’ha cucinato Pietro”. Per Zito ci sono molti bravi cuochi in Italia, prima c’era rivalità ora si scambiano consigli su come risolvere problemi, ma è importante anche sapere comunicare.

pietro zito“I bravi cuochi devono essere anche dei bravi imprenditori; i ristoranti devono essere anche delle imprese. Fare dei piatti bellissimi senza nessuno che se li mangi non serve a nulla. Oltre alla passione bisogna arricchirsi di tanta pazienza e tecnica; non ci si deve stancare di ripetere i piatti. Vogliamo essere creatori, sempre, ma bisogna stare con i piedi per terra, riuscire a fare il buon prodotto tutti i giorni, mattina e sera”. Tutti sono bravi a cucinare, lo si può fare con pochissimo, basta essere creativi, conoscere e capire i prodotti e gli elementi, “come le nostre mamme”. A chi vuole diventare un bravo cuoco consiglia di provare un periodo in un grande ristorante produttivo, “per capire cosa li aspetta; sono ragazzi motivati, ma non allenati alla fatica, al rapporto col quotidiano. Questo è un lavoro di pazienza e fatica, c’è una privazione totale della vita privata”. “ Sono tutti attrattati da queste trasmissioni sulla cucina che fanno in televisione – e che lui non vede essenzialmente perché il suo lavoro non glielo permette – ma quanta falsità ci sta dietro; l’utenza richiede quel programma ma non è così che si impara a cucinare, viene però trasmessa un’emozione” (fa presente che in cinque anni da 14mila iscritti alle scuole alberghiere sono arrivati a 240mila). E conclude con sguardo fisso e pronuncia ferma: “Solo quando vedo che i ragazzi dopo tutto il lavoro la sera sono soddisfatti, allora capisco che loro sono il futuro”.

Stefania Miccolis

L'Autore

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