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Cgil. Il flop della Camusso sulla libertà dei media

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Questa è bella: sapete dov’era Susanna Camusso, mentre il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la invitava a più miti consigli sull’articolo 18 e in generale sulla agognata riforma del lavoro? A Conselice, in provincia di Ravenna. Non poteva resistere all’invito a tenere la prolusione solenne sulla libertà dei media, in una occasione irripetibile della vita: l’ottavo anniversario dalla inaugurazione del secondo monumento alla libertà di stampa esistente in Europa, che si trova appunto a Conselice.

Ed ecco le emozionate cronacManifestoConselice_OttavaEdizionehe locali: “Susanna Camusso è l’oratore ufficiale alla tradizionale cerimonia del cambio della bandiera all’unico monumento alla libertà di stampa esistente in Italia ed uno dei due eretti in tutta Europa. Infatti, la bandiera italiana che viene issata ogni anno, il primo di ottobre, sopra il monumento, per il 2014 è offerta dalla più importante organizzazione sindacale del nostro Paese”.

E tra una prolusione solenne, un presidio al monumento, uno scambio di bandiere e uno “sciogliete le righe”, Susanna Camusso deve essersi proprio stancata. Tanto quanto non ha fatto nei dodici mesi appena conclusi, in cui la Camusso era partner strategico ufficiale della più importante e concreta iniziativa europea sulla libertà di informazione, verso la quale ha invece alzato beatamente le spalle e ammainato la bandiera.

Eppure la Cgil al suo Ufficio Cause Importanti aveva preso una decisione: la libertà di informazione lo è, una causa importante. Tanto che il Sindacato Lavoratori della Comunicazione, Slc-Cgil, sul cui scranno più alto siede Massimo Cestaro, doveva contribuire ad una grandiosa iniziativa dei cittadini europei: Media Initiative, la raccolta di un milione di firme in tutta Europa per tutelare la libertà di informazione. Peccato però che, firmato il foglio di agreement tra sindacato e il comitato organizzativo, la Cgil sia nei fatti scomparsa, limitando il proprio apporto ad una manciata risibile e indicibile di firme. Meno di quanti siamo nel mio condominio, per intenderci.

Un flop a tutto tondo documentato dall’inconsistenza pubblica dei risultati firmati Cgil, che rispecchiano l’altro recente e anche più grave flop cigiellino: quello sull’istanza europea denominata New Deal for Europe, dove il numero delle firme certificate permane incredibilmente basso.

La Cgil, Agenzia per il No a tutto, va in evidente affanno quando viene chiamata alla pars costruens.

Mentre in Germania il sindacato Ver.di lavorava di buona lena, dai nostri sindacalisti, a parte le copertine dei settimanali e le foto sui rotocalchi patinati, non perveniva alcun interesse verso l’argomento giornali.

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Media Initiative

E infatti il comitato italiano di Media Initiative, che – presieduto da Carlo Testini, uno dei leader di Arci – si era dato un obiettivo anche in ragione dell’entità numericamente rilevante della Cgil (il sindacato supera, in teoria, i quattro milioni di iscritti) ha atteso invano un gesto che dagli uffici della Camusso non è mai arrivato. Non avranno capito bene, ha pensato Tana De Zulueta, iniziatrice in sede europea della ICE (non lo sa nessuno cos’è, lo sappiamo. È una specie di referendum popolare europeo, si firma con la carta di identità o il passaporto, anche online).
E allora De Zulueta, nel dicembre 2013, ha preso armi e bagagli ed ha fatto convocare una riunione di Media Initiative proprio in sede Cgil. Presso l’ufficio del Sindacato Lavoratori della Comunicazione in Roma, in via Ofanto. Sono i padroni di casa, si sentiranno responsabili, deve aver pensato De Zulueta. Si sentiranno, almeno. E invece da quel giorno in poi la Cgil non si sente più. Il fronte tace. In Italia chiudono i giornali, uno dopo l’altro. Le radio si spengono. Le tv private vendono studi e telecamere. I giornalisti disoccupati crescono di ventimila unità in dodici mesi. E la Cgil continua a tacere.

“Saranno distratti da tante altre cose”, pensavano i benevoli. Fin quando il portavoce europeo di Media Initiative, Lorenzo Marsili, pretende infine di essere ricevuto a corte, in Corso Italia. La sede del gigante rosso. Dell’elefante addormentato. Lo riceve il portavoce di Susanna Camusso, Massimo Gibelli. Che è un giornalista, e figuriamoci se non ha a cuore il tema del pluralismo dei media. La libertà di informazione è centrale. Ne va della democrazia, è questione di rispetto per i diritti dei tanti giovani sfruttati nei giornali. E dal giorno dopo, indovinate? Non succede niente. La Cgil continua a tacere.

E tace anche sul più bello: quando la Fnsi firma con la Fieg un accordo tanto vergognoso da portare spontaneamente in piazza centinaia di giornalisti, entrati nella sede del sindacato per contestarlo. Un accordo che svende la dignità dei free lance: pochi euro per ogni pezzo pubblicato, la metà di quanto guadagna chi raccoglie i pomodori a Villa Literno. Se non trovate nessun commento di Susanna Camusso sull’argomento, state tranquilli, non è un vostro errore. Era impegnata a preparare la prolusione solenne per lo scambio delle bandiere sul secondo monumento in Europa. Quello che raffigura i giornalisti estinti dopo che Fnsi e Cgil hanno voltato loro deliberatamente le spalle.

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