Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Contrada a FQ: “Non tutti i servitori dello stato sono morti per il tritolo”

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Ha l’aria esausta Bruno Contrada. L’ex numero due del Sisde, che ha passato gli ultimi 25 anni a difendersi tra aule di tribunale e accuse infamanti, sembra non aver perso però la fermezza del poliziotto, quella di chi sa di avere ragione su una pista e non molla la presa. Lui d’altronde non l’ha fatto, nonostante l’età e gli acciacchi. E la Corte di Cassazione gli ha dato ragione. Non è stato colluso con la mafia, il suo ricorso ha vinto. Un boccone ancora più amaro per chi si è sempre considerato innocente e che ha visto la sua carriera come funzionario dello Stato ai più alti livelli essere messa alla berlina dell’accusa più infamante: concorso in associazione mafiosa. Un pubblico ludibrio a cui forse neanche lui sa come ha retto.

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Contrada, come ha appreso della sentenza della Cassazione?

Ero a casa e mi ha telefonato il mio avvocato per comunicarmela.

Si sente liberato?

Mi sento stanco fisicamente e risollevato moralmente.

Possiamo parlare di errore giudiziario a questo punto?

No, perché l’errore è qualcosa che avviene inconsapevolmente, mentre qui è stato preordinato e organizzato. C’è una grande differenza.

A questo punto debbo chiederlo: chi c’è dietro tutto questo?

Mi sono sempre ripromesso in questi 25 anni di non fare nomi. Di difendermi dalle accuse senza accusare. Io non sono né un pentito né un collaboratore di giustizia.

Certo. Ma dovrà nutrire rabbia per quello che ha passato?

Non scarico colpe o responsabilità su altri. Ho sempre cercato di dimostrare la mia totale estraneità ai fatti. E oggi la corte l’ha detto chiaramente: ciò che mi è stato addebitato non corrispondeva al vero.

Quindi lei è un martire dell’errore giudiziario?

Io sono semplicemente un funzionario dello Stato, che ha sempre fatto il suo dovere, servendolo con umiltà, rigore e umanità quando ce n’era bisogno. Per il resto, non sono niente di più.

Eppure c’erano delle accuse precise…

Che venivano dai criminali, e da loro cosa ci si poteva aspettare. Era più che normale che avendo fatto questi il mio nome, gente senza scrupoli, gente che ha ucciso, le accuse finissero in questo modo.

E’ stato sbagliato dargli retta?

Dico soltanto che hanno fatto il loro mestiere. Il problema è che a loro si sono aggiunti i corvi, gli avvoltoi.

Gran parte delle persone che hanno combattuto la mafia sono morte ammazzate…

La fermo subito, non è così. Non tutti quelli che hanno combattuto la mafia sono stati uccisi. Alcuni, ma non tutti.

Dove vuole arrivare?

Alcuni sono caduti, altri no. Alcuni sono caduti per colpa del tritolo, del piombo e delle armi. Altri per la calunnia. E se lo ricordi sempre, la calunnia è un veleno…

Giampiero Marrazzo

L'Autore

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