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Gianni Rodari

COSA SIGNIFICA 8 MILA EVASORI TOTALI NEL 2014 IN ITALIA

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Nel 2014, ne hanno pizzicato in ottomila, di evasori totali quelli della Guardia di Finanza. Ovvero di fantasmi fiscali; di persone apparentemente senza reddito, in qualche caso accessoriati di Maserati e conti in accoglienti paradisi fiscali. Il Rapporto della Fiamme Gialle che tira le somme delle operazioni portate a buon fine su tutto il territorio nazionale snocciola, come ogni Rapporto che si rispetti, cifre impressionanti.

Le preoccuanti cifre dell’evasione italiana

COSA SIGNIFICA 8 MILA EVASORI TOTALI NEL 2014 IN ITALIAPerché, oltre ai Mister X del reddito identificati in un anno – ovvero quasi 22 al giorno, comprese le feste comandate, Natale, Pasqua e Ferragosto – si apprende che sono stati sequestrati beni per un ammontare di un miliardo e duecento milioni di euro; scoperti 17.802 reati tributari; denunciati 13.062 soggetti, dei quali 146 hanno varcato le soglie delle patrie galere.

Non vi riveliamo nulla, sono cifre pubbliche, queste, reperibili sul sito della GdF. I media, naturalmente, le hanno diffuse, ma noi, com’è nostro costume, vorremmo andare maggiormente a fondo, imperniarci un ragionamento più ampio e propositivo, che dia voce agli interrogativi che questi poche cifre suscitano.

Che fine fanno i beni confiscati?

Ad cittadino che è noto al fisco e contribuisce con la sua ‘libbra di carne’ – tanto per essere shakespeariani – a far andare avanti la baracca-Stato, sorge spontanea innanzitutto una domanda: che fine fanno i beni sequestrati? Vengono davvero monetizzati e confluiscono nelle casse dello Stato? O, come nel caso degli immobili confiscati alle mafie, restano lì, a fare le ragnatele; oppure nella disponibilità persino di chi è stato colpito dal provvedimento di sequestro (o di un suo prestanome), ovvero occupato abusivamente da chissà chi?

Perché, se in un anno hanno preso la strada delle cassaforti del Mef 1,2 mld di euro e non c’è la percezione che essi entrano a rimpinguare i conti in mano del ministro Padoan, ci dev’essere qualcosa che non funziona. Il denaro rastrellato da Equitalia come un croupier che non perde mai, che fine fa? O quell’altro risucchiato a chi si è fatto scoprire con le dita nella marmellata di tangenti e corruttele, riesce a essere messo in conto nel bilancio dello Stato?

Il mercato nero rende ‘libera’ l’Italia

lotta-evasioneQualche anno fa (era il 1994, ma le cose non sono cambiate, bensì persino peggiorate), il premio Nobel per l’Economia del 1976, Milton Friedman – mica un dilettante allo sbaraglio come ce ne sono passati tanti sotto gli occhi anche da allora in poi – affermò, sul Corriere della Sera, in un’intervista a Gianni Riotta del 30 maggio 1994, (nell’epoca in cui Berlusconi che aveva appena vinto le elezioni), una tesi che, se fosse stato a portata di mano di qualche giudice zelante, sarebbe stato raggiunto da un avviso di garanzia per apologia di reato: “L‘ Italia e’ molto piu’ libera di quel che voi credete, grazie al mercato nero e all’ evasione fiscale. Il mercato nero, Napoli, e l’ evasione fiscale hanno salvato il vostro Paese, sottraendo ingenti capitali al controllo delle burocrazie statali. E per questo io ho piu’ fiducia nell’ Italia di quel che si possa avere dalle statistiche, che sono pessimiste. Il vostro mercato nero e’ un modello di efficienza. Il governo un modello di inefficienza.

Era vent’anni fa. Acqua sotto i ponti ne è passata, c’era persino ancora la lira (che lui, fondatore del pensiero monetarista, consigliò di far fluttuare come una libellula) ma è ipotizzabile che chi tira il freno a mano sulla ricerca della grande evasione fiscale, quella che sterilizza tributariamente milioni e milioni di euro, o elude, come Google, ad esempio; non quella che, se facciamo quattro conti, evade in media 90mila euro (gli 8mila evasori totali più altri, meno gravi), sia, in definitiva, un discepolo di Firedman.

Certo, anche quella va perseguita, ma si ha l’impressione che ci siano bacini di intoccabilità che, se raggiunti, darebbero alle entrate fiscali una ben altra dimensione (ma, forse l’Italia, che passeggia sull’orlo del baratro, vi precipiterebbe dentro). Un esempio? Il mondo sotterraneo del commercio della colonia sino-italiana, fra Roma, Prato, Milano, Napoli.

Come va avanti l’acciaccata Italia

evasione-fiscaleInfatti, a sentire la lezione postuma Friedman, è quella che fa andare avanti l’acciaccata Italia: medici senza ricevute sanitarie, bar senza scontrini, parrucchieri senza ricevute fiscali e che ti chiedono di dire, se qualcuno è appostato fuori: “Sono andata solo a pettinarmi per una cerimonia”. Sono coloro che ancora hanno il potere di acquisto; sono quelli che entrano nei negozi e comprano, mentre i lavoratori dipendenti, i precari, i co.co.co o come si chiamano ora, restano fuori dai negozi a guardarne la merce in vetrina come la piccola fiammiferaia. Questi ultimi, i nouveaux pauvres sono coloro che, quando il premier Matteo Renzi giura e stragiura che le tasse non aumenteranno ma ci saranno i tagli alla spesa, immaginano che lo dica con un piede solo e le dita incrociate dietro la schiena.

E persino invidiano i ‘furbi’. Ecco, siamo arrivati a questo: a creare un sentimento diffuso d’invidia non nei ricchi ma nei furbi (che spesso, però, coincidono).

Di cosa abbiamo bisogno per vivere in un Paese equo?

Ciò di cui abbiamo bisogno per vivere in un Paese in cui ci siano servizi equi, è la consapevolezza che la furbizia non sia l’idrovora di risorse che, al di là dei Rapporti della GdF (che son numeri e potrebbero poi risolversi, con un buon tributarista, in un nulla di fatto), ci consegna la chiusura di ospedali, una qualità della vita sempre più bassa e Comuni sempre più indebitati e incapaci anche di provvedere alla manutenzione stradale. Questi sono i pensieri che vengono da quei numeri. E a voi?

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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