La miglior cosa del futuro è che arriva un giorno alla volta.

Abraham Lincoln

Expo, una grande disneyland senza trama

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expoSono stato ad Expo. Una passeggiata veloce, trolley al seguito prima di ripartire al volo per Genova. Su Expo sappiamo quasi tutto. Ed una certezza l’abbiamo già raggiunta: ammesso che sia vero, perché non penso che ci possiamo fidare troppo dei giornali, sembra, ripeto sembra, che Milano stia già risorgendo. Se non altro nelle architetture, che oggi, purtroppo, vogliono dire tutto. I padiglioni di questa nuova esposizione internazionale sono belli, tutti. Sembra quasi Disneyland ed io sono capitato probabilmente proprio nella giornata delle scolaresche, cosa che non può non rafforzarmi nella mia convinzione originaria. Perché io una mia idea, forse preconcetta, sull’evento già ce l’ho. E comunque, girando per il decumano, mi sento già più bambino anch’io. Entro anche in qualche padiglione, vado di corsa e mi posso concedere solo quelli che non hanno una fila da affrontare. Sembra che la forma prevalga sul contenuto. Poi dovunque si può mangiare, quasi sempre a caro prezzo. Però il cibo ed il tema del nutrire non sono solo forma. E meno male. Invece qui vince quella. Vince la sensazione di un globo multicolore e pieno di sorprese che si dispiegano in superficie solo ai più curiosi ed ai più ardimentosi di noi. Sembra invece che manchi uno spunto di approfondimento, un tentativo di confronto. Qualcosa che arricchisca la mia più banale intellettualità, tanto che alla fine del giro mi è venuto spontaneo domandarmi: ma Expo a cosa serve?

Allora sono andato a leggere. Queste grandi esposizione universali si tengono ogni 5 anni per 6 mesi in un paese del mondo che viene individuato dal Boureau International des Expositiones (BIE) di Parigi. E sono andato a vedere anche le altre esposizioni universali fatte fino ad oggi. Nei ricordi posso solo connettervi la Torre Eiffel che di Parigi è il simbolo e la sfida. Perché allora ognuna di queste esposizioni universali qualcosa lascia dove passa. Ed i temi sono tutti più o meno improntati allo sviluppo industriale e tecnologico, un’occasione per tutti gli stati partecipanti di mettere in mostra il meglio di quanto è stato realizzato in un certo ambito del sapere e della manifattura. Una forma di condivisione delle migliori pratiche, da cui poter imparare qualcosa di nuovo. Nel caso della Expo di Milano, a quanto capisco, dovrebbero restare l’Albero della Vita, che verrebbe sistemato altrove nel centro città, ed il Padiglione Italia. Sull’intera area, una volta orfana dei vari padiglioni nazionali tranne che di quello italiano, si cercano progetti di riutilizzo. Intanto si cerca un advisor che possa sviluppare un progetto complessivo su di essa. Giorni fa sono state aperte le 25 buste dei candidati advisor e sembra che la convergenza migliore sia sul trasferimento nella futura ex area Expo della Statale di Milano, ma sono arrivati anche progetti legati al mondo bancario e a quello dell’architettura. E fino a qui siamo all’aspetto meramente materiale della cosa, piazzali, palazzi, strutture, aree. Ma volendo andare più a fondo, continuo a domandarmi, mentre sembro una pallina di un flipper che rimbalza da un padiglione all’altro, Expo cosa lascia? E soprattuto, non si sarebbe potuto decidere prima della destinazione finale di tutti questi spazi?

Perché io in fondo ho il dubbio che sia una ‘markettata’ bella e buona. Tanto il marketing va di moda e se la forma prevale sul contenuto chi se ne frega! Però se arrivo qui con questo pregiudizioexpo non è detto che debba pure portarmelo via. Intanto ho capito che questa non è la fiera dell’assaggio. Quindi se qualcuno pensasse di venire qui per soddisfare gratuitamente le proprie papille gustative stia pure a casa. Il cibo c’è, in abbondanza, ma si paga! C’è anche il racconto di tutto ciò che viene prima del cibo, dalla semina al raccolto, dal processo di trasformazione al confezionamento, fino alla sua distribuzione. E per chi avesse voglia anche di andare un po’ più a fondo una riflessione degli elementi nutritivi, sul biologico e sull’uso corretto delle carni. E ci sono i sogni futuri, gli itinerari ancora da percorrere per rendere questo pianeta veramente accogliente, a livello nutritivo, per tutti. Il problema è cercarseli questi itinerari, andare a caccia di essi come segugi, perché nel programma ufficiale sembra che non ce ne sia traccia. Dal Padiglione della Santa Sede arriva però un monito, “non di solo pane vive l’uomo”. Chi ‘frequenta’ Vangelo e Bibbia sa già come si conclude la frase, tutti gli altri possono provare ad immaginarselo, tanto un po’di continenza con guasta. È insomma un grande parco tematico questa edizione di Expo. Il tema è il cibo, ma volendo allargare l’orizzonte è anche il pianeta terra ed il rapporto che dovremmo avere con esso, perché questo nostro pianeta ci nutre, ci ha nutrito e ci nutrirà. Ed è l’uomo il soggetto principe di tutte queste riflessioni, inteso come custode di questo pianeta che non gli appartiene ma appartiene alle generazioni che verranno. Allora continuo a chiedermi, ma non sarà solo una markettata bella e buona?

È insomma un grande evento. Pensate, tutto il mondo per sei mesi avrà l’Italia nell’occhiello. Un po’ come avviene per i Mondiali di Calcio, le Olimpiadi o la mostra di un artista famoso. Ora, se “non di solo pane vive l’uomo”, figuratevi se di solo calcio o di solo sport, mi verrebbe da dire. Purtroppo poi dietro gli investimenti legati a questi grandi eventi si muove veloce la mano della corruzione con uno spreco di risorse pubbliche che lascia comunque l’amaro in bocca. Era maggio 2014 quando scoppiò il caso Expo. Da sempre in occasione di questi eventi le città ospitanti ne approfittano per rifarsi un po’ il maquillage e per potenziare le vie di comunicazione che in Italia non sono davvero mai adeguate. E quelle cattedrali create apposta per l’occasione, siano esse stadi, palazzatti del ghiaccio, padiglioni o sale espositive, vengono sempre, o quasi sempre, progettate pensando al loro riutilizzo. A volte la riflessione arriva addirittura a contestualizzare tali strutture all’interno di un’area a cui dare una destinazione ben precisa. È l’urbanistica bellezza e con essa si possono fare miracoli. Peccato che normalmente tutto ciò avvenga come da manuale solo all’estero. Ma possiamo recuperare, spero. Io continuo a girarmi intorno, nel frattempo, con quella mia domanda iniziale, ma Expo a cosa serve e quali strategie di sviluppo ci stanno dietro?Trovo, mentre cammino, un giornale edizione maggio 2015 edito da Avvenire e Famiglia Cristiana. La testata è ‘Noi Expo’ ed è distribuito gratuitamente all’ingresso del Padiglone della Santa Sede. L’editoriale mi rincuora. Dopo aver descritto Expo anche come un grande Luna Park, più o meno come ho fatto io, dice che questa esposizione può essere tra le altre cose “un’occasione di conoscenza e confronto per riflettere sulla capacità delle persone di condividere il pane senza sprecare le risorse e di custodire quanto ci è stato affidato”.

expoA pensarci bene il tema che a questa esposizione si è voluto dare è cruciale, ‘Nutrire il pianeta, energia per la vita’. Qualcuno lo riduce erroneamente al cibo, ma secondo me è molto più ampio. Ed è cruciale che sia stato assegnato come tema, secondo me, all’edizione italiana di Expo. Quasi che tutti ci vedessero come gli ambasciatori di un mondo migliore dal punto di vista della convivenza tra i popoli e dello sfruttamento delle risorse naturali. Mica poco! Mi chiedo quanti dei nostri politici abbiamo declinato in questi termini la questione di Expo Milano e quanti nei prossimi mesi saranno nei padiglioni di Expo per aprire una riflessione collettiva a livello internazionale che ci dovrebbe, a questo punto, vedere in prima linea. Abbiamo sei mesi di tempo, ma credo che non abbiamo come paese nessuna strategia per sfruttare al meglio questa occasione. Occorrerebbe crearla, anche se luglio ed agosto possono essere solo mesi persi, complice il caldo. Ma settembre ed ottobre potrebbero servire meglio alla causa. Ed anche giugno, oserei dire. Luglio e agosto lasciamoceli pure per sedimentare un po’ di questioni. A livello programmatico l’unica ancóra che ho potuto trovare sta là di fronte al Padiglione Italia. È il Padiglione della Unione Europea, lì sembra che qualche spunto di politica si possa ancora masticare. Perché le risposte alle questioni della globalizzazione economica sono solo di due tipi: politiche e imprenditoriali. Ed io alle prime non ci credo e delle seconde non mi fido. Ma sono sempre disposto a cambiare idea, magari gironzolando tra un punto e l’altro di questa esposizione universale. Sto sempre cercando una straccio di risposta alla strategie di sviluppo che governano queste grandi iniziative. Parlare di ritorno economico forse è troppo. Guardandomi intorno mi vengono a mente solo tre parole: conoscere, connettere e condividere. Tutte da mettere parimenti in pratica, un po’ perché oggi non si può continuare a morire di fame e un po’ perché questa non è Disneyland. Non a caso Papa Francesco nel video di saluto presentato all’inaugurazione parlava di “globalizzare la solidarietà”. Solo a queste condizioni  sarei disposto a cambiare veramente idea su Expo.

Marco Bennici

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