Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Festa grande a Roma per Mosul libera

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La liberazione di Mosul è una vittoria per tutti gli iracheni. E ora la speranza è che entro la fine dell’anno il paese possa riprendersi anche Qaim, nella provincia di Anbar, al confine della Siria, un territorio aspro e difficile, prevalentemente desertico; Tal Afar, a ovest di Mosul; e Hawija nella provincia di Kirku; e sconfiggere totalmente e definitivamente Daesh, mettendolo per sempre fuori gioco. Sono le parole dell’ambasciatore di Baghdad a Roma Ahmed Bamarni, che ha organizzato una grande festa per celebrare la riconquista della città di al Mawsil (موصل) fondata dagli arabi di fronte all’antica Ninive, antica capitale, sulla sponda opposta, quella occidentale, del fiume Tigri.

Sono passati nove mesi dall’inizio dell’offensiva, lanciata dalle forze governative di Baghdad il 17 ottobre 2016, e tre anni dall’occupazione nel giugno del 2014 di Mosul da parte dello Stato Islamico, che aveva trasformato la città nella sua roccaforte in Iraq, come poi aveva fatto con Raqqa in Siria. È qui, dal pulpito della Grande moschea di al-Nouri distrutta un anno fa, che il leader dell’Isis Abu Bakr al-Baghdadi aveva proclamato il Califfato. Oggi si celebra la fine di un lungo, sanguinoso incubo, che lascia dietro di sé oltre un milione di sfollati, migliaia i civili uccisi e intere aree ridotte in macerie, ma una popolazione più compatta e pronta a superare unita le antiche divisioni, le fratture di sempre che hanno opposto arabi e curdi, sunniti e sciiti. Tensioni tribali che avevano reso più facile l’avanzata di Daesh.

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