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Gianni Rodari

Ghana, non più terra promessa

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dalla nostra corrispondente in Ghana Antonella Sinopoli 

Terra promessa e di nuova conquista per gli investitori stranieri (anche italiani). Terra che rischia di implodere portandosi dietro il futuro dei suoi abitanti, 26 milioni circa. Il Ghana, fino a ieri stella splendente dell’Africa occidentale e non solo, considerato nel 2011 il Paese a più rapida crescita economica a livello mondiale, con un Pil 2012 dell’8,5%, è oggi a un bivio. In bilico tra il collasso e la ripresa.

National-Petroleum-Authority_Ghana

La fiorente economia che aveva caratterizzato questa nazione per molti anni oggi si sta lentamente sgretolando e con essa i sogni dei ghanesi, perché quelli degli investitori esteri rimangono ancora in piedi. Basta guardare quello che accade ad Accra, la capitale, un grande cantiere di opere pubbliche e private. Basta ricordare che entro il 2021 – secondo le previsioni della Ghana National Petroleum Corporation (Gnpc) – la produzione e esportazione di petrolio dal Jubilee field dovrebbe raddoppiare e arrivare a 250.000 barili al giorno.

La stabilità politica sta sgretolando l’economia 

E allora? Cosa sta accadendo? La tanto decantata stabilità democratica del Paese non trova riscontro in un altrettanto modello di società che oggi mostra uno sgretolamento che può produrre anche danni gravi se non si agisce in tempo. Il governo di John Mahama – da soli due anni al potere – sta già da molti mesi mostrando debolezze sostanziali. E a nulla sono valsi i rimpasti di Governo– ormai ce ne sono già stati tre se non abbiamo perso il conto – . La situazione è anzi peggiorata con una velocità che neanche gli analisti avevano predetto.
Il valore della moneta locale ha continuato a scendere in maniera vertiginosa negli ultimi mesi e oggi 1 Ghana cedi è scambiato a 3.39 dollari. Intanto il prezzo dei prodotti petroliferi è salito oltre il 20% e oggi un litro di benzina si paga 3.36 Ghc. In aumento anche i servizi bancari (80%), le bollette della luce (12%) e dell’acqua (6%). Per non parlare del costo di trasporti, aumentati del 15% (rincari c’erano già stati nel mese di aprile). E con un’inflazione che a luglio ha raggiunto il picco più alto, il 15%.
Ovvio che di tutto ciò risentono i prezzi dei beni di prima necessità venduti ai mercati. A risentire di questa situazione, dunque, non sono tanto i grandi investitori stranieri e le migliaia di espatriati – che anzi si avvantaggiano enormermente al cambio – ma milioni di cittadini ghanesi che ora stanno cominciando ad alzare la voce.

Corruzione, aumento della tasse, mancanza di servizi e va in scena la protesta

Il mese scorso l’esordio di #OccupyFlagStaffHouse (la sede del presidente e capo del Governo). Il 1 luglio, proprio il giorno dell’anniversario della Repubblica ghanese. E una petizione al Governo aperta su Change.org.
Corruzione, aumento costante delle tasse, mancanza di servizi, incapacità dell’apparato politico di affrontare i problemi più urgenti del Paese, di creare posti di lavoro, di gestire le risorse principali a cominciare dalle miniere d’oro. Tali e tanti altri ancora sono i punti segnalati nella petizione a firma di The good people of Ghana.
E intanto la protesta – sostenuta dal TUC, il più grande sindacato dei lavoratori che riunisce 18 categorie affiliate – cresce e oggi in piazza sono scesi in migliaia. Non solo nella capitale ma in tutte le dieci regioni del Paese. Tra loro infermieri e insegnanti che non ricevono lo stipendio da mesi, ma anche studenti, autisti, piccoli commercianti, disoccupati. È la più grande manifestazione di malcontento da molti anni, e a nulla sono valsi gli appelli e le promesse del presidente Mahama ormai invitato alle dimissioni.
E c’è chi marciando chiarisce: “Non siamo qui – e non stiamo più – a chiedere aumenti di stipendio. Qui si parla dell’incapacità di questo Governo di gestire lo Stato, della continua svalutazione della moneta, dell’aumento dei prezzi ormai insostenibile”. Questioni base per l’economia di un qualunque Paese.
Il futuro del Ghana è un futuro inconiugabile al momento. Un futuro remoto di cui non è facile prevedere i tempi e, soprattutto, i risultati.

Antonella Sinopoli

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