Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Alessandro Giglio: “Ecco come ho conquistato la Cina”

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Conoscete Alessandro Giglio? Se la risposta è no, vi sveliamo noi di chi si tratta: dell’imprenditore televisivo più innovativo del momento. Uno sul cui impero non tramonta mai il Sole. Nessuna esagerazione: in qualità di Presidente di Giglio Group Spa trasmette dall’Italia all’estremo orientale della Cina. Propone prodotti televisivi italiani in chiave cinese, format sulla moda, sulla cucina, sul made in Italy. I suoi canali e i suoi programmi raggiungono un pubblico di centinaia di milioni di spettatori; realizza in fascia media un ascolto superiore a quello che mettono insieme Rai, Mediaset, La7 e Sky. Primo e ad oggi unico europeo ad aver penetrato il mercato televisivo cinese, è un media champion: un imprenditore che ha legato lo sviluppo della propria impresa alla scommessa sull’apertura alla libertà di emittenza per i nuovi media in Cina. E sta vincendo la più impensabile delle battaglie, applicando il metodo Giglio. Proprio come suggerisce l’evocazione floreale del nome, Giglio Group seduce mercati, interlocutori e pubblico proponendo prodotti e servizi nella gentil veste di mediazione culturale. Lui, che quando possibile declina le attenzioni dei giornalisti, rivela a Futuro Quotidiano i suoi segreti. E il next step della sua strategia di crescita.

Come nasce la sua idea di fare tv italiana per la Cina?

alessandro giglioNasce dalla casualità, da una concatenazione di eventi; mi sono occupato di manifestazioni sportive e nell’ambito della Formula Uno mi venne chiesto di organizzare un evento tv a Shangai nel 2004; fu una diretta televisiva importante che ha segnato un momento di reinvenzione della mia stessa vita. Perché lì mi sono innamorato non solo delle sfide di questo lavoro, ma anche della Cina, della sua cultura… e di una donna cinese, che mi ha insegnato molto nella vita quotidiana. Mi sono costruito un aggancio professionale per esportare la mia attività in Cina, attività non facile. La chiusura del governo era totale. Ma con il nuovo presidente sono iniziate le aperture. E mi sono trovato nel posto giusto, nel momento giusto.

E adesso siete operativi. C’è voluto molto?

Abbiamo impiegato due anni nell’attività di preparazione. Dal settembre 2013 siamo partiti operativamente su piattaforma Cibn.

Qual è il modello di business?

Il modello di business si basa su tre elementi, tre gambe: la prima è quella delle piattaforme che distribuiscono canali a pagamento; la seconda è free, cioè il modello pubblicitario; la terza è la promozione di e-commerce che promuove prodotti di eccellenza italiana con una piattaforma di aggregazione parallela che diventa partner di siti di shopping online. Tutto ruota intorno all’obiettivo di convogliare pubblico televisivo sulla nostra piattaforma.

Qual è la sfida che le piacerebbe vincere in Cina?

Determinante in questo mercato è vincere la partita dei grandi numeri: bisogna ragionare in termini di audience, un numero consistente di cinesi che ti rende punto di riferimento per la Cina.

Al momento che segnali ha?

Sento grande interesse da parte cinese. Hanno grande apertura e disponibilità nei confronti dell’Occidente. E particolarmente verso l’Italia hanno un “pregiudizio positivo”. Ci percepiscono in maniera del tutto positiva: il brand Italia si vende benissimo in Cina, malgrado in Italia c’è sempre qualcuno che fa il possibile per rovinarlo.

I suoi competitors alla conquista della Cina chi sono?

Al momento sono l’unico. Sta entrando la BBC ma con attività ancora non strutturate a livello di distribuzione. Stanno entrando in maniera più organica Disney e Discovery Channel.

Qual è il suo punto di forza, il suo segreto?

Noi siamo piccoli, siamo italiani e questo ci consente di non essere nell’occhio del ciclone. Del resto noi abbiamo accordi di partnership con tutte le piattaforme strategiche del sistema cinese. Creiamo sinergie con i gangli vitali di quel sistema-Paese, entrando in sintonia con una cultura che esige molto rispetto.

Un metodo-Giglio. Diplomarketing?

Sì, uso un mio approccio in tutte le cose. Partire senza presunzione, intanto. Ho visto tanti italiani venire in Cina con aria da colonizzatori senza capire quanto la Cina fosse avanti, per poi tornare a casa con le pive nel sacco. Il mio metodo è collaborativo, sinergico, dettato dall’amore per quel Paese e passione per il mio lavoro. Siamo dall’altra parte del mondo, i riferimenti culturali sono ben diversi perché le nostre civiltà sono cresciute parallelamente, spesso senza incontrarsi. È fondamentale calarsi nella realtà cinese. Parlare cinese, pensare in cinese, lavorare in cinese, da italiani. Per questo ci vuole approccio soft e una capacità di mediazione tra gusti, prodotti, esigenze. E capire come funziona il sistema della comunicazione è fondamentale.

Lei ha portato la televisione libera. E per farlo, ha aperto un ufficio dentro la sede dei Giovani Comunisti.

In Cina il partito, l’amministrazione pubblica e i regolatori d’impresa coincidono. I più attenti all’innovazione e ai nuovi media sono quelli della Lega dei Giovani Comunisti. L’accordo con loro ci ha permesso di entrare con i nostri canali di comunicazione sui dispositivi mobile nelle mani di milioni di cinesi. Stiamo parlando di un miliardo di dispositivi mobile. Seicento milioni sono i consumatori che accedono a tecnologie avanzate.

I suoi format finiscono quindi sui veloci smartphone prodotti in Cina, nelle mani di… quale audience?

La popolazione giovane attiva, che ogni giorno fruisce di contenuti multimediali, tra i quali i miei, è oggi superiore ai trecento milioni di utenti. Puntiamo a raggiungere i quattrocento milioni molto presto. Faremo una cerimonia pubblica a Pechino a settembre per sancire questa intesa che punta a distribuire cultura ed informazione in tutto il Paese.

Qual è il suo prossimo passo?

Il mio next step sarà allargare la distribuzione di prodotti televisivi al mercato dell’Indonesia e della Malesia, che sono i due sistemi-Paese più interessanti, nel futuro, oltre alla Cina. E poi un sogno: quotare la società in borsa, accedere a capitale di investimento e diventare il network italiano di riferimento nel mondo.

Possibile che Europa e Stati Uniti siano nel complesso ancora fermi?

Gli operatori europei sono più distratti, per un lato, e necessariamente contratti per un altro, stante la crisi. Gli investimenti europei sui nuovi mercati sono molto deboli, mentre quelli americani, che avrebbero il potenziale, sono diffidenti verso l’Asia, almeno quanto gli asiatici sono diffidenti verso gli americani. Disney entra solo perché fa prodotti per bambini, che in Cina non esistevano. Discovery non entra per i reality ma per i documentari: perché il governo cinese promuove attivamente i documentari come tema educational.

Quali consigli darebbe per un futuro di successo ai giovani?

Sono essenziali intraprendenza, conoscenza delle lingue, grande spirito di adattamento: trovare il giusto compromesso tra la realizzazione dei propri sogni e la concretezza della realtà. Il futuro è di chi se lo va a costruire.

Aldo Torchiaro

 

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