Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

Il grande Peter Stein a Roma con Der Park e non solo

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der parkSono passati più di trent’anni da quando, passeggiando per Berlino, due mostri sacri del teatro come Peter Stein e Botho Strauss decisero di lavorare insieme ancora una volta, dopo la lunga esperienza della Schaubühne,  portando insieme in scena Troilo e Cressidra. Quello spettacolo non si fece mai, in compenso Strauss si presentò dal regista con un nuovo, incredibile, testo ispirato al Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare.

Stein racconta così la nascita di Der Park e oggi il regista avvera il desiderio di farne una versione italiana, che debutterà il 5 maggio restando in scena quasi un mese, fino al 31 maggio, al Teatro Argentina. Accanto allo spettacolo una serie di eventi, come l’incontro con la compagnia moderato dal direttore del Teatro di Roma Antonio Calbi e il critico Andrea Porcheddu, la  proiezione del film La maratona di Peter e del docufilm dedicato alla Schaubühne di Peter Stein.

Fu un momento magico quello degli anni ’70 quando un collettivo di artisti- oltre ai già citati, anche Bruno Ganz, Utte Lemper, Edith Clever per dirne qualcuno- si metteva insieme autogestendosi per fondare quello che letteralmente significa “palco dove si può vedere” (la Schaubühne). E’ lì che Strauss inizia a collaborare con Stein in spettacoli storici come il Peer Gynt. ”Siamo cresciuti insieme” – dichiara il regista tedesco, stabilitosi da lungo tempo in Italia, durante la conferenza stampa di presentazione del lavoro – “lui come autore e io come regista, con lui venivo coinvolto nella stesura del testo, cosa che in genere non faccio perché io realizzo i progetti degli altri, sono un interprete, come lo sono gli attori, grazie a Dio”. E con Strauss lavorerà ancora- nonostante, secondo Stein, il dramaturg soffra di una forma di “teatrofobia”- portando in scena nella prossima stagione i Giganti della montagna di Pirandello.

Der Park è una trasposizione del testo scespiriano in chiave contemporanea,  un testo riscritto “con grande libertà e che racconta noi, la condizione d’oggi. Un testo che vibra di senso, di verità, di necessità molto forti”, come sottolinea  Antonio Calbi. Un senso di necessità che emerge dalle parole dell’attore Graziano Piazza:  “Quello che noi portiamo in scena è un’idea di teatro, l’idea di Peter. E’ questa idea che si viene a vedere e che dà speranza”.

Insieme a lui un ensemble molto vasto: Pia Lanciotti, Silvia Pernarella, Gianluigi Fogacci, Maddalena Crippa, Paoloder park Graziosi, Fabio Sartor, Andrea Nicolini, Mauro Avogadro, Martin Chishimba, Arianna Di Stefano, Laurence Mazzoni, Michele De Paola, Daniele Santisi ,Alessandro Averone, Romeo Diana e Flavio Scannella, Carlo Bellamio. Cui aggiungere 18 tecnici e 36 scene diverse per una durata di quasi cinque ore (una barzelletta per gli spettatori dello straordinario Demoni che, tra una pausa e l’altra, di ore ne durava 12). Operazione mastodontica tanto che per realizzarla, in un’Italia che tanto poco rispetta la cultura in generale e il teatro in particolare, il maestro ha dovuto rinunciare al proprio cachet.

Mentre il senso più profondo del testo lo affidiamo alle parole utilizzate dall’autore nella dedica a Stein: “Immaginiamoci una società laboriosa che si è allontanata dal sacro ed è quasi parimenti estranea alla poesia, una società che, già un po’ stanca, cade preda non già di un mito o di una ideologia, ma del genio di una grande opera d’arte. Visti così i personaggi e l’azione di questa pièce sono pervasi, animati, ma anche insidiati e presi in giro dallo spirito del Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare”.

Nonostante la grande attesa resta però l’amaro in bocca per l’occasione mancata, ovvero l’abortito progetto quadriennale guidato dallo stesso Stein di una compagnia residente formata da otto attori, pagati mensilmente sul modello tedesco, che avrebbe dovuto seguire un doppio filone: i greci e Shakespeare, con un ciclo dedicato all’Orestea di Eschilo, con Agamennone nell’estate 2015 seguito da Le Coefore nel 2016, Le Eumenidi nel 2017, e poi la maratona finale nel 2018 da svilupparsi in spazi diversi: Ostia antica, Teatro Argentina e Teatro India. Un progetto – guidato da uno dei più grandi artisti viventi, e ce ne sono pochi-che avrebbe dovuto essere il fiore all’occhiello della nuova direzione, ma che i soliti ingenti tagli (un milione e duecentomila euro) non hanno reso possibile. Ancora una volta.

Laura Landolfi

L'Autore

1 commento

  1. Walter Grog il

    Chissà che ne pensa l’autore di Der Park, che attualizza in modo geniale Shakespeare, in merito a quella che non è più ormai un’ipotesi circa l’identità italiana del drammaturgo. Perchè recentemente sono stati decifrati diversi messaggi in codice presenti nei drammi del Bardo che non lasciano più alcun dubbio sulla questione. Ma gli Italiani questo non lo sanno.

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