Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

“Il viaggio italiano” dei migranti lo spettacolo realizzato per Emergency

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teatro«E’ ancora possibile porre confini tra i popoli?» se lo domanda Mario, protagonista dello spettacolo “Viaggio italiano” di Patrizia Pasqui per Emergency interpretato da Mario Spallino. Un lavoro asciutto in forma di narrazione che racconta la difficoltà di accedere al diritto alle cure di chi, come i migranti, ha scarsa conoscenza dei propri diritti. Un viaggio “tra sale d’aspetto, villaggi africani in Italia e incontri speciali, dove le uniche barriere sono quelle poste dall’essere umano e dalle condizioni sociali ed economiche”. Ma soprattutto un viaggio da Nord a Sud dove, per una volta, vengono annullate le differenze, perché chi è povero è povero dappertutto “i poveri sia a Nord che a Sud sono di serie b”.

Viaggio italiano – che sta girando da tempo tutta l’Italia, l’ultima tappa al Teatro dell’Archivolto di Genova – è un percorso attraverso il Paese: tra i braccianti stagionali dei campi di pomodori in Puglia, e nel polibus di Emergency, un ambulatorio mobile che raggiunge le aree agricole, i campi nomadi o profughi per portare cure a chi ne ha bisogno. Poi a Siracusa dove si assistono gratuitamente i migranti, anche senza permesso di soggiorno, e italiani in stato di bisogno. A Polistena (RC) per accogliere chiunque ne abbia bisogno in un locale confiscato alla ‘ndrangheta e trasformato in un poliambulatorio. E ancora nel ricco Nord Est, a Marghera, vicino Venezia in una delle aree più industrializzate della nostra penisola dove, a causa della crisi, la percentuale di italiani che chiede di essere curata gratuitamente sale vertiginosamente. E via di questo passo in un lavoro che, per una volta, non contrappone ma compara chi arriva in questo paese su un barcone a chi in questo paese ci è nato ma ci vive in condizioni di difficoltà ( “quelli che arrivano in questo paese sono come me in cerca di una terra promessa” recita Spallino). Un doloroso racconto senza diaframmi che ha lo scopo, o il sogno, di interrogare le coscienze. Più che uno spettacolo, uno spot pubblicitario. Uno spot per l’associazione e il suo Progetto Italia, certo, ma soprattutto uno spot per gli immigrati e per l’accoglienza che di un po’ di pubblicità, e non sempre negativa, sicuramente ha bisogno.

La natura del teatro è quella non tanto di fornire risposte quanto di lasciarci in compagnia di interrogativi brucianti, dunque il teatro civile se non ha questa accezione rischia un moralismo che finisce con il lasciare ben magre consolazioni. Tuttavia si tratta di un’arte che un tempo riusciva a leggere la realtà cosa che – per dirla alla Nanni Moretti- oggi non riesce più a fare e forse è il momento di ricominciare da qualche parte. “Al nord un uomo sale un treno una busta di plastica senza soldi per il biglietto. Entra in uno scompartimento e chiede a un signore se il posto è occupato, lui alza gli occhi dal giornale, lo guarda, vede che è nero e dice che è occupato e ci posa sopra il tablet”. Niente paura è solo uno spettacolo anche se, come recita il protagonista: “Ogni riferimento a fatti e persone è assolutamente volontario”.

Laura Landolfi

 

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