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Pietro Barilla

Allarme intelligence: Isis più carismatico di Al Qaeda

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I servizi segreti di tutti i paesi arabi sono molto preoccupati per l’alta capacità di penetrazione dimostrata dall’ideologia dello Stato islamico all’interno delle società arabe, che risulta essere più veloce e forte di quella avuta in passato da al Qaeda. A differenza del gruppo di Osama Bin Laden, che con la morte del suo leader ha perso carisma e credibilità agli occhi dei fondamentalisti islamici di mezzo mondo, lo Stato islamico invece di puntare tutto sulla pratica del terrorismo suicida e sul premio che il “martire” riceverebbe nell’ aldilà, concentra la sua propaganda e la sua forza attrattiva sull’antico concetto di Califfato, quasi mai usato da al Qaeda, che fino a poco tempo fa era appannaggio esclusivo del piccolo gruppo estremista panarabo di “Hizb al Tahrir”. Con l’arrivo di un presunto discendente del clan dei Qureisciti, lo stesso di Maometto, condizione essenziale per la nomina di un nuovo Califfo, Abu Bakr al Baghdadi, lo Stato islamico è riuscito sfruttando la guerra in Siria e lo scontento dei sunniti iracheni nei confronti del governo sciita a costruire uno stato grande quasi quanto la Gran Bretagna, diventando punto di riferimento effettivo per le masse di diseredati arabi.

Il risultato è che in Algeria come in Libia, in Yemen come in Egitto, nascono come funghi cellule piccole o grandi di estremisti islamici che dichiarano fedeltà ad al Baghdadi. La novità, però, è che questo fenomeno sta riuscendo a penetrare anche all’interno di settori della società araba dove prima al Qaeda non arrivava. E’ emblematico quanto avvenuto venerdì scorso alla Mecca, nel pieno dei riti del pellegrinaggio annuale, quinto pilastro dell’Islam, che vede ogni anno riunirsi in Arabia Saudita milioni di fedeli provenienti da tutti il mondo. Nel corso della salita sul monte Arafat, uno dei riti compiuti da Maometto e imitati ogni anno dai musulmani, si è vista per la prima volta sventolare una bandiera nera che era quella dello Stato islamico.

Il fatto curioso è che le immagini di quella bandiera nera che sventolava sul monte Arafat, simbolo del pellegrinaggio islamico, è stata trasmessa per pochi secondi dall’emittente di stato nazionale saudita. La cosa non è passata inosservata ai tanti giornalisti arabi che subito hanno rilanciato la notizia tramite i social network. Su questo episodio è intervenuto l’ex direttore del giornale al Quds al Arabi, Abdel Bari Atwan, secondo il quale “non sappiamo se sia stato un caso o frutto di un piano ben orchestrato, è certo però che si tratta di un segnale molto pericoloso perché avvenuto in un luogo nel quale le autorità saudite da anni impediscono lo svolgimento di qualsiasi attività politica ed è il luogo più sacro per i musulmani come quello del pellegrinaggio”.

Un altro esempio di quanto sia preoccupante questa penetrazione dello Stato islamico nelle società arabe è l’episodio avvenuto la scorsa settimana in Marocco. Secondo quanto riporta il sito informativo locale Hespress, un gruppo di tifosi della squadra di calcio “al Raja” di Casablanca ha inneggiato allo Stato islamico e al Jihad contro i propri dirigenti dopo una sconfitta subita dalla squadra in casa. “Questa nuova forma di contestazione – si legge in un editoriale – ha fortemente preoccupato le autorità locali perché nessuno pensava che la violenza calcistica potesse usare gli slogan della politica e dell’estremismo islamico”. Non a caso la stampa marocchina riferisce di come un’emittente televisiva israeliana abbia approfittato dell’occasione per accusare i tifosi della squadra marocchina di sostenere lo Stato islamico, associando in un servizio i tifosi del “al Raja” con i marocchini che hanno lasciato il paese per entrare in Siria tra le fila del gruppo islamico.

 Hamza Boccolini

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