Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

La riforma dei porti italiani e l’ipotesi di otto Distretti Logistici nazionali

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L’Italia è un paese a vocazione portuale e più che fondata sul lavoro sappiamo per certo che è fondata sul mare. E nonostante questo vanto, sono anni che si parla di una riforma della Legge n. 48 del 28 gennaio 1994, quella istitutiva delle Autorità Portuali e contenente le principali regole per esercitare una governance sui porti italiani. Perché i traffici commerciali evolvono e la competizione internazionale spinge sempre più verso un colossale gigantismo del traffico containerrizzato. Allora tutti i nostri porti, se vogliono tenere teste ai maggiori scali internazionali, non possono che adeguarsi e crescere sia come accosti, che come profondità dei fondali, quindi come capacità operativa di movimentazione delle merci. Ma il ‘mare nostrum’ è un mare chiuso e le condizioni che come tale presenta potrebbero non essere delle migliori per contrastare la crescita di Rotterdam o di altri porti del nord. Inoltre la geografia italiana, dove le aree retro portuali sono assai scarse, rende il nostro paese assai poco competitivo rispetto agli scali dell’area africana. Adesso, comunque, sembrano essere pronti tutti gli atti di indirizzo per arrivare finalmente ad un nuovo assetto dei nostri scali marittimi nazionali, definendo nuove regole sia per il governo di essi che nuove linee strategiche per quello che dovrebbe essere il futuro dell’Italia di mare. Il tutto, ovviamente, improntato a dare maggiore competitività al traffico marittimo nazionale.

portiGià il Ministro Lupi si era attivato per arrivare ad una riscrittura della Legge 84/94. Adesso, dopo l’avvicendamento con Graziano Delrio alla guida del Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti, tutte le biglie sono però di nuovo in movimento a quanto pare. Resta qualche tratto in comune tra le idee dei due ministri, facilmente individuabile nella necessità di ridurre il numero delle Autorità Portuali oggi esistenti (vedere alla voce spending review oggi imperante). Per il resto, però, le idee che il nuovo Ministro ha in testa sembrano discostarsi di molto dal Lupi-pensiero. Infatti il Ministro Delrio intenderebbe incentrare la sua azione di governo su tre direttici: a) vocazione per i porti del Sud Italia verso cui destinare maggiori risorse economiche; b) porre attenzione nel Piano nazionale dei trasporti e della logistica nei confronti di tutti i traffici, quindi non solo containers, come si è fatto fino ad oggi; c) maggiore interesse nei confronti dei Paesi del Mediterraneo, per i quali è prevista una crescita economica esponenziale nei prossimi anni. Insomma a giudicare da quanto riferisce anche la Gazzetta Marittima lo scorso 6 maggio, risulta “sempre più
difficile conoscere la linea del governo sulla portualità”.

Ma cominciamo da ciò che ha lasciato il Ministro Lupi e cioè dal Piano Strategico Nazionale della Portualità e della Logistica alla cui redazione ha contributo il Comitato di quindici esperti nominato dall’ex ministro. In questo documento sono contenute le linee guida per definire nuove regole per le concessioni dei terminalisti, per il lavoro portuale e per i servizi tecnico nautici. Il potere decisionale e la pianificazione degli investimenti si spostano a Roma. Spunta, così, una nuova Agenzia che centralizza l’attività delle Autorità Portuali. Si aggiunga che sempre la Gazzetta Marittima dello scorso 6 maggio attribuiva al Ministro Delrio una propria autonomia di pensiero rispetto a Lupi, dando notizia di un sostanziale “disinnesco” del Comitato dei quindici saggi già attivato. Ciò che è certo è che il nuovo Ministro, nella riforma tuttora in fase di stesura, vorrebbe rivalutare le strutture portuali del Sud Italia per dare maggiore peso a questa parte del paese anche nella localizzazione di nuove attività di impresa. Proprio per questo motivo, come ha già detto Delrio stesso, il porto di Napoli sarà individuato sicuramente come uno dei pochi porti hub che verranno istituiti a livello nazionale “intorno a cui aggregare il sistema logistico e della portualità”. Ad oggi non si hanno altre notizie degli altri scali che saranno individuati come hub della portualità che verrà. Intanto nella Autorità Portuali i cui Presidenti sono già scaduti, Napoli a Gioia Tauro, sono stati nominati due commissari, proprio in attesa della riforma complessiva del sistema portuale nazionale. Iter analogo sembra toccare a quelle i cui Presidenti sono in scadenza a breve (Livorno e Taranto).

In merito ai traffici, secondo il Ministro Delrio, sembra profilarsi per il prossimo futuro una maggiore specializzazione dei nostri porti verso quelli che vengono, in gergo, definiti traffici ro-ro. portiQuindi meno contenitori e più Autostrade del Mare, cioè quei traffici che negli ultimi anni stanno prendendo piede tra la sponda sud del Mediterraneo e quella nord. L’idea sembra, insomma, quella di puntare tutto sul futuro sviluppo del Maghreb, area che, una volta superato il disordine che oggi regna all’interno della regione, sembra destinata a diventare la prossima ‘Cina’ sia a livello di sviluppo industriale che di scambi commerciali. Questo spiegherebbe anche il perché di questa maggiore attenzione ai porti del Sud Italia. Il tutto si incastra con una situazione di estrema penuria di risorse pubbliche da investire sui singoli porti che oggi sono sedi di Autorità Portuale (ventitre in tutto). Questa visione strategica richiederà, presumiamo, una riscrittura di quella parte del documento dei quindici saggi in cui si ipotizzavano alcune stime di crescita dei traffici containerizzati e ro-ro. I saggi di Lupi avevano infatti calcolato che da qui al 2030 si potessero avere le seguenti evoluzioni: i porti di destinazione finale per i container dovrebbero passare dai 6,1 milioni di teu del 2013 a 12,8-16,1 milioni nel 2030, i terminal di trasbordo dai 4 milioni di teu del 2013 agli 8,5-10,6 milioni nel 2030, mentre per le autostrade del mare dovrebbero passare da 75 milioni di tonnellate a oltre 100 milioni. Se queste previsioni di crescita al 2030 venissero confermate, l’impatto economico sarebbe dell’1,7% sul Pil e l’indotto occupazionale potrebbe essere quantificato in 100mila unità (+64%).

A livello di governance dei porti le linee guida dei quindici saggi ipotizzavano la creazione di una Agenzia Nazionale dei Porti e della Logistica (ANPL) con sede a Roma. Da essa dovrebbero dipendere due tipi di enti: quattordici Core Port europei di rilevanza nazionale, mentre tutti gli altri scali saranno definiti Comprehensive Ports comunitari ed avranno rilevanza regionale. Il riferimento immediato in questo caso è alla rete logistica TEN-T voluta dalla Commissione Europea. Nella riforma ‘versione Delrio’, però, l’Agenzia, ritenuta inutile e costosa, viene sostituita da un sistema di coordinamento di tutti i porti nazionali affidati ad otto distretti logistici che andrebbero a sostituire le Authority oggi esistenti. Intanto, per ora, emerge il nome di un solo porto hub, quello di Napoli. Gioia Tauro, Cagliari e Taranto si aggiungeranno sicuramente a questa lista. Poi resta da capire se ad essi se ne aggiungeranno altri e se nella riforma Delrio possa restare valida la distinzione tra Core e Comprehensive Ports. Per definizione un porto si può definire ‘hub’ quando nell’ambito del traffico containerizzato è in grado di ricevere le navi più grandi per indirizzare poi la rotta delle loro merci su navi feeder più piccole che hanno come destinazione altri porti nazionali di trasbordo che poi manderanno tutto al luogo della consegna finale tramite la catena logistica nazionale e continentale.

I saggi avrebbero anche proposto un cambio di governo delle singole Autorità con un presidente, un comitato di gestione e un comitato consultivo. All’interno delle singole Authority sparirebbe il Comitato Portuale ed i Presidenti dei porti a rilevanza nazionale sarebbero nominati dal Ministero dei Trasporti sentita la Regione, mentre quelli dei porti regionali sarebbero nominati dalle Regione sentito il Comune competente. Da notare anche che con un traffico da incanalare prevalentemente sulle rotte ro-ro perderebbe di senso la distinzione tra porti hub e feeder appena richiamata. Le singole Autorità Portuali verrebbero svuotate dei poteri di cui oggi godono, lasciando loro solo alcune funzioni meramente esecutive di quanto pianificato a livello nazionale dalla ANPL. All’Agenzia Nazionale dei Porti e della Logistica, qualora la versione Lupi venisse confermata, spetterebbero funzioni fondamentali come il coordinamento tra le strategie di sviluppo dei porti, la pianificazione degli interventi di grande infrastrutturazione del sistema portuale italiano, la gestione integrata delle risorse finanziarie provenienti da fonti statali ed europee, l’affidamento delle concessioni di aree demaniali e banchine e delle autorizzazioni alle imprese di servizio e l’approvazione dei Piani Regolatori Portuali e dei Piani Operativi Triennali. Anche i canoni di concessione demaniali non verrebbero più incassati dalle singole Autorità Portuali ma andrebbero direttamente all’Agenzia Nazionale oppure agli otto Distretti Logistici, riducendo evidentemente di gran lunga l’autonomia di spesa dei singoli scali.
 
portiNel documento dei quindici saggi sono poi contenute varie misure volte ad incentivare gli investimenti sui singoli scali, con forme di defiscalizzazione degli utili derivanti dalle attività di movimentazione delle merci svolta da operatori privati “che presentino progetti in cui si impegnino a incrementare i traffici di container, casse mobili e/o autostrade del mare del 20% annuo nei successivi tre anni, e/o a promuovere investimenti infrastrutturali, e/o all’efficientamento organizzativo dei terminal”. Si interviene anche sui temi del lavoro in banchina, fino all’ipotesi estrema della sua liberalizzazione, delle concessioni dei terminal portuali, immaginando un modello concessorio omogeneo a livello nazionale e quindi superando quanto previsto dagli articoli 16 e 18 della Legge 84/94, e dei servizi tecnico nautici di rimorchio, ormeggio e pilotaggio, proponendo di affidarli tramite gara europea in tutti gli scali portuali. Per tutto il resto dobbiamo solo aspettare. Il Ministro Delrio, intanto, promette un primo decreto di modifica della Legge 85/94 già entro il mese del prossimo settembre. Gli uffici del Ministero sono stati messi sotto pressione per garantire il rispetto di questi termini e sembra che i primi aspetti su cui si intende intervenire sono quelli della governance portuale. La certezza, come confermano anche dalla consulting londinese Royal Haskoning Dhv, è che le dimensioni delle navi portacontainer aumentano esponenzialmente di anno in anno e che il futuro, come sempre, ma specialmente in questo settore, non aspetta.
Marco Bennici
 

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