Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

La vicenda greca dimostra che non vogliamo questa Europa

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greciaDiciamocelo chiaramente: il problema non è la Grecia, o l’opportunità del referendum lanciato da Tsipras. Il punto è capire se è questa l’Europa che vogliamo, se questa Europa è coerente con il disegno politico di un’Unione plurale e solidale perseguita nei Trattati. Lì si parla di benessere dei popoli, di libertà, sicurezza e giustizia, di economia sociale di mercato orientata al progresso sociale e alla piena occupazione (v. art. 2 e 3 del TUE), ma nell’accordo che si vuole imporre alla Grecia non c’è traccia di tali principi, anzi, si tenta, tramite l’imposta esigibilità del debito, di scavalcare l’agenda politica interna di uno Stato sovrano, pretendendo di dettare dall’alto non solo e non tanto gli obiettivi finanziari funzionali alla soddisfazione di un credito, quanto precise scelte di politica economica e sociale che sono prerogativa esclusiva di governi democraticamente eletti.

È inaccettabile. E non solo perché ciò significa scavalcare le scelte politiche che spettano solo, nella fattispecie, al governo greco, ma soprattutto perché è inumano imporre l’austerità a un popolo che non ha più risorse per sopravvivere. Ancor di più perché l’intransigenza delle istituzioni europee, e della Germania in primis, svela l’intento ultimo di un atteggiamento a dir poco irrazionale, economicamente e politicamente: uccidere il debitore pur di imporre la propria volontà al di là degli interessi dell’Unione e degli altri Paesi. Inutile nasconderlo, l’obiettivo reale della trattativa è ulteriore e ben più ambizioso: la sopraffazione antidemocratica, la condanna politica di chi ha osato ribellarsi all’ideologia fideistica del neoliberismo, ad un’agenda fallimentare e recessiva imposta dalla Troika. Ovvero: punire i Greci per dare una lezione a tutti gli altri Paesi. Che nessuno si azzardi a imitarli, che nessun popolo pensi di poter legittimare col voto un’alternativa possibile ai governi di larghe intese ciecamente asserviti ai diktat della Troika. Allora diventa evidente che l’accordo non si trova perché non si deve trovare, perché è diventato prioritario, rispetto al disegno unitario e solidarista dell’Europa dei popoli, l’interesse egemonico dei mercati a schiacciare la ripresa europea per fare del vecchio continente un nuovo territorio di conquista per le economie più forti.

E la Germania, in tutto questo, asseconda il piano, se ne fa tutrice, sognando, ancora una volta, di mettersi a capo delle macerie che ne resteranno. Si può essere più miopi? Ma se l’economia pretende con il suo ‘realismo’ di prevalere sulle ragioni della politica, non ci dimentichiamo anche la politica è la scienza del reale e delle soluzioni possibili. Allora non può considerarsi reale ed esigibile un debito partito da 30 milioni di euro e arrivato a 300 grazie alle speculazioni finanziarie e a operazioni a dir poco opache, in cui sarebbero coinvolte ‘insospettabili’ aziende tedesche, patrocinate da Germania e dall’Fmi. Ormai è il segreto di Pulcinella. Che nessuno tema di scendere in piazza per protestare contro i poteri, interni ed esterni all’Unione, che calpestano il sogno europeo e offendono la memoria di chi tanto ha lottato per una Europa dei popoli, della pace e della democrazia. Sono principi fondanti e irretrattabili dell’Unione, più di qualsiasi debito, senza i quali non c’è più Europa, né il dovere di rispettarne i diktat.

Anna Falcone

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