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Abraham Lincoln

Le 5 falle nella sicurezza a Roma

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“Rome will be the next”. Se non è allarme terrorismo, è preallarme. Il tentativo dei due jihadisti belgi di rifugiarsi in Italia, dopo essere stati messi in fuga a Verviers poco prima di dare fuoco alle polveri, è stato interrotto all’ultimo minuto, al Frejus, mentre i due terroristi avevano davanti a loro una cartina che li avrebbe potuti condurre a Roma. Siamo su un piano ipotetico, ma il Viminale è stato costretto a prendere atto, e portare l’allerta al grado 7 su 10. Lo stesso grado di allerta che ha spinto Nicola Zingaretti e il sindaco Ignazio Marino a chiedere l’immediata convocazione del Tavolo per la sicurezza al Prefetto, Giuseppe Pecoraro. Il Prefetto si è fatto pregare, ma alla fine ha convocato il tavolo. Dopo aver detto che per assicurare il livello di sicurezza ottimale, avrebbe bisogno di cinquecento unità operative in più.

Roma è quindi secondo molti la capitale europea più esposta al prossimo attacco terroristico, ed è sprovvista del numero di agenti richiesti dalla Prefettura e chiamata in causa da intercettazioni citate dall’intelligence americana. Malgrado le rassicurazioni del Ministro dell’Interno e quelle dei servizi segreti, permangono ampie aree sensibili palesemente sovraesposte, non sia mai, al rischio di attacco terroristico. Ecco le prime cinque.

I treni. Quanto è facile salire su un treno, anche un Frecciarossa Roma-Milano, ad esempio, e lasciare a bordo un pacco esplosivo? Una interrogazione parlamentare di Forza Italia ha chiesto al ministro Alfano di dotare tutte le principali stazioni ferroviarie di metal detector e di personale addetto ai controlli, che oggi non esistono. Chi di noi ha preso un treno ad alta velocità in Francia o in Spagna sa di cosa si parla: come per gli aerei, in altri paesi europei i passeggeri dei treni sono oggetto di controlli prima, durante e dopo il viaggio. Tutti i viaggiatori sono dotati di biglietto nominale e vengono ispezionati prima di salire in carrozza. Da noi, tra tanti anonimi occupanti che si scambiano posto a piacimento, sui treni fermi alla stazione Termini, solitamente salgono una certa quantità di zingari, mendicanti, venditori di bibite e panini. Niente di più facile che dissimulare il momento utile a nascondere dell’esplosivo, per un malintenzionato.

metro Roma Linea-ALa metropolitana. Dai tornelli della metro A e B di Roma passa qualsiasi cosa, e non esistono i metal detector. Nell’aprile del 2007  un omicidio compiuto col punteruolo di un ombrello consentì alla sua autrice di transitare all’ombra di quegli inferi urbani che sono i corridoi dell’underground romana. Ci sono poche telecamere, e viene legittimo chiedersi quali e quanti occhi monitorino quelle immagini, quando i vigilantes presenti, che non si vedono in tutte le stazioni, sono solitamente subissati da centinaia di turisti e alle prese, a dispetto della carenza organica, con sin troppe emergenze da borseggiatori. Quale difficoltà avrebbe il tipico kamikaze che solitamente sale alle fermate degli autobus di Tel Aviv, se per una volta viaggiasse in trasferta nella città eterna?

Le chiese. In questi giorni Franco Bechis è entrato nella basilica simbolo di Roma e della cristianità, San Pietro, armato di un lungo coltello. Nessuno se ne è accorto, naturalmente. La Diocesi di Roma ha un patrimonio di 399 chiese, divise in 36 Prefetture, molte di valore storico-artistico considerato patrimonio dell’umanità. Alcune di queste sono solitamente affollate. Al Vaticano appartengono anche San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore, a cui è concessa extraterritorialità. Nessuno in questi giorni di tensione ha notato alcun tipo di protezione aggiuntiva, né esistono controlli personali per le centinaia di turisti che si affollano con borse e borsoni di ogni tipo all’ingresso delle principali sedi di culto cattolico. E dire che proprio i cristiani, e le sedi religiose delle missioni, sono il target più inviso al fanatismo islamico nel mondo.

campidoglio-roma

Campidoglio

I monumenti. L’attacco ai simboli monumentali è sempre stato ragionevolmente temuto. Al primo segnale d’allarme a Parigi, dopo l’attacco a Charlie Hebdo, le autorità hanno chiuso immediatamente la Tour Eiffel. E a Roma, cosa succederebbe se un commando terroristico puntasse al Colosseo? Non esistono metal detector, né personale preposto ai controlli personali. Ci sono vigilantes e custodi, questi ultimi dipendenti della Sovrintendenza ai Beni archeologici, senza nozioni di tecniche di difesa personale, né di disarmo. Entrare con una borsa di esplosivo o con un liquido infiammabile nella Domus Aurea sarebbe facilissimo. Negli zaini a spalla che entrano a Castel Sant’Angelo potrebbe celarsi qualunque arma da fuoco (non esiste alcun guardaroba, nella struttura). All’ingresso dell’Altare della Patria a piazza Venezia, autentico carnaio, vengono parcheggiate vetture a pedali di ogni genere, il cui misterioso contenuto si appoggia al granito bianco del Milite Ignoto con grande nonchalance dei pochi agenti di Polizia solitamente presenti. Al Pantheon si entra senza alcun controllo, senza telecamere interne e con zaini imbottiti di qualsiasi cosa. Sulla scalinata di Piazza di Spagna non si può mangiare, ma si può sostare a piacimento con oggetti di ogni tipo ed ingombro, e tutto intorno i bidoni di acciaio si prestano a fare da cassa di detonazione ideale per qualunque esplosivo versato. A piazza Navona, terra di nessuno in cui cartomanti, mendicanti e venditori abusivi si contendono ogni metro quadrato, presidiare e monitorare gli spazi sensibili sarebbe davvero impossibile.

I palazzi del potere. Il Campidoglio è sovraesposto per antonomasia, ed è stato preso d’assalto numerose volte, da assalitori e attentatori di diverso tipo, negli ultimi duemila anni. E’ sulla sommità dell’omonimo colle, ma circondato da edifici della stessa altezza, da anfratti, da colonnati e da un giardino panoramico; uno sniper mediamente addestrato potrebbe compiere, indisturbato, una carneficina. La sede della rappresentanza della Commissione Europea e del Parlamento Europeo presso l’Italia, lungo l’arteria stradale di via Quattro Novembre, è lasciata al pubblico ludibrio, come si è dimostrato quando, nel Dicembre 2013, Simone Di Stefano, leader di Casa Pound, si arrampicò senza incontrare resistenza sul balcone e portò via la bandiera. Il Quirinale apre le sue porte in uno slargo in mezzo al caos del traffico; un’auto imbottita di tritolo potrebbe agevolmente essere in due secondi dalla strada fin dentro il portone, in assenza di dissuasori verticali. Questi ultimi, retrattili, sono stati posti invece intorno alla Camera dei Deputati e a Palazzo Madama. Anche se, come si è visto il 30 aprile 2013, uno squilibrato di passaggio può ingaggiare una sparatoria davanti a Palazzo Chigi senza alcun tipo di preparazione.

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