La mutilazione per cui la vita perdette quello che non ebbe mai,
il futuro, rende la vita più semplice,
ma anche tanto priva di senso.

Italo Svevo

Le religioni al lavoro per la Agenda per lo Sviluppo delle Nazioni Unite

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religioniL’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e l’Alleanza delle Civiltà (UNAOC) ha chiamato a raccolta le tre religioni monoteiste contro la minaccia dell’estremismo religioso. Lo ha fatto riunendo alcuni dei leader religiosi più importanti a livello internazionale, insieme ai rappresentanti di193 Stati membri, per affrontare i temi delle tolleranza e della riconciliazione. Un dibattito tematico che si è tenuto lo scorso 21 e 22 aprile alla presenza del Segretario Generale Ban Ki-moon al fine di favorire la comprensione reciproca tra fedi diverse in un momento storico molto particolare. Le continue minacce dell’IS e delle organizzazione jihadiste all’occidente e le azioni terroristiche portare avanti in Libia, Siria, Iraq, Somalia e Yemen rendono questo dialogo quanto mai urgente e necessario per tentare di ricucire rapporti che la violenza ha reso particolarmente difficili. Tutti temi che Ban Ki-moon ha toccato nel discorso introduttivo di questo importante dibattito tematico.

L’obiettivo del dibattito è di identificare strategie tese a promuovere società pacifiche e inclusive, come radicale alternativa alle forze che alimentano l’estremismo violento. I risultati del dibattito saranno integrati nei contenuti della prossima Agenda per lo Sviluppo che gli Stati Membri delle Nazioni Unite e altri attori internazionali dovranno formulare e nella quale i temi della tolleranza e della riconciliazione assumeranno un ruolo cruciale. Ai rappresentanti di Islam, Ebraismo e Cristianesimo Ban Ki-moon ha detto: “In un momento in cui assistiamo a particolari manifestazioni di divisione e di odio, il mio intento è quello riunire insieme sotto la bandiera delle Nazioni Unite voi uomini di fede al fine di valutare al meglio come reagire alla situazione che a livello internazionale si è venuta a creare”. Lo stesso Ban Ki-moon ha pronunciato una frase che vorremmo potesse diventare un motto: “Le religioni non causano violenza. Sono gli uomini a farlo”.

Le fondamenta dell’Onu sono note. Vanno dal riconoscimento della dignità e del valore della persona umana all’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna, dalla tolleranza fino al diritto di poter vivere dignitosamente in armonia con gli altri. Tutti diritti sacrosanti che in questo momento storico sono messi fortemente in discussione dalla varie organizzazioni jihadiste salite trucemente alla ribalta della scena internazionale. Le sigle del terrore sono quelle ben note alla cronaca degli ultimi mesi: D’aesh, Islamic State of Iraq and Syria (ISIS o IS), Al-Shabaab, Boko Haram. Le azioni terroristiche di questi gruppi trascendono i confini nazionali e come ci insegnano i recenti attacchi compiuti in Europa nessuno può dirsi effettivamente al sicuro da altre esplosioni di violenza. Uno dei bersagli più a rischio sono gli emigranti, coloro che dai paesi in cui questi gruppi hanno i loro head quarter cercano di scappare nella speranza di un futuro migliore. Nella sua relazione introduttiva il Segretario Ban Ki-moon ha sottolineato come ci sia una connessione diretta tra pregiudizio ed estremismo, razzismo e genocidio. Sapientemente Ban Ki-moon ha detto: “La più grande contraddizione umana è che siamo capaci delle violenze più feroci ed anche di compassione, tolleranza e riconciliazione”, chiedendo ai leader religiosi intervenuti, con tutta la loro capacità di testimonianza e di leadership, di farsi oggi più che mai carico di questa fragile natura umana.

Ban Ki-moon li ha richiamati ad una forte presa di responsabilità: “Abbiamo bisogno di voi per promuovere il dialogo tra i credo religiosi e come antidoto all’intolleranza. La vostra voce sarà religionicruciale per contrastare le parole d’odio che oggi sentiamo circolare e per trovare un terreno comune di discussione. A voi spetta il compito di alzare il livello della moderazione e della comprensione reciproca”. La narrazione su cui poggia la propaganda jidahista sappiamo bene ormai come è fatta. I suoi elementi costitutivi sono quelle immagini indegne che mostrano le atrocità perpetrate contro quelli che vengono definiti ‘crociati’ o ‘infedeli’. Attorno a tutto questo gira il tentativo dei fronti jidahisti internazionali di rinforzare le proprie fila aumentando il numero di coloro che possono essere pronti a tutto per colpire l’Occidente e le sue principali espressioni. Ban Ki-moon chiama allora a raccolta i leader riuniti per questo dibattito perché sviluppino una contro-narrazione basata sui valori universali fondanti le Nazioni Unite. Nel corso del 2015 sarà presentato anche un Piano di Azione per prevenire gli estremismi violenti. “I missili possono uccidere i terroristi, ma io sono convinto che una buona governance può essere molto più utile in questo tipo di lotta”, ha affermato Ban Ki-moon. Un richiamo che arriva forte anche in Italia in questi giorni in cui si stanno valutando iniziative militari contro gli scafisti del basso Mediterraneo.

Allora il ‘vocabolario’ da utilizzare, secondo Ban Ki-moon, è sempre e comunque quello dei diritti umani. La voce della maggioranza moderata a livello internazionale deve farsi più forte. La comunità internazionale deve farsi carico di proteggere il diritto di pensiero, quello di parola e quello di culto religioso. I leader religiosi riuniti al Palazzo di Vetro hanno grande influenza a livello internazionale e quindi anche una immensa responsabilità rispetto a questa situazione di scontro di civiltà che si è venuta a creare. Nella conferenza stampa successiva al Dibattito di Alto Livello Ban Ki-moon ha dichiarato di immaginare addirittura un panel permanente delle Nazioni Unite di cui i vari leader religiosi farebbero parte di diritto. Questo panel avrebbe un ruolo consultivo rispetto a tutte le questioni affrontate dalla Nazioni Unite al fine di affermare ulteriormente quei valori universali per difendere i quali l’ONU stessa è nata alla fine della II Guerra Mondiale. “Gli unici antidoti all’estremismo sono nel rispetto dei diritti umani e nella possibilità data a ciascuno di poter denunciare le ingiustizie di cui si è vittima”.

religioniTra i rappresentanti delle religioni intervenuti a partecipare c’era anche l’italiana Maria Voce, Presidente del Movimento dei Focolari, una delle realtà più attive nella Chiesa Cattolica nella promozione del dialogo tra le culture e le religioni e dell’ideale dell’unità e della fraternità universale. Nel suo discorso dal titolo ‘Inventare la pace’ ha ripercorso i primi tempi del suo Movimento, quando un gruppo di ragazze a Trento decise tra i bombardamenti delle guerra di provare a mettere in pratica l’amore evangelico verso i più poveri. Per contestualizzare il suo intervento ha specificato: “Vi racconto questa vicenda per segnalare che anche oggi siamo in una situazione di gravissima disgregazione politica, istituzionale, economica, sociale, che richiede risposte altrettanto radicali, capaci di cambiare il paradigma prevalente. Il conflitto e la violenza sembrano, infatti, dominare larghe aree del pianeta, coinvolgendo persone innocenti, ree solo di trovarsi in un territorio conteso, di appartenere ad una determinata etnia o di professare una determinata religione”. Nel Movimento dei Focolari trovano espressione tutte le religioni monoteiste, ma anche il Buddismo, l’Induismo e altre religioni tradizionali.

“Non è più il tempo delle mezze misure”, ha detto Maria Voce. “Se c’è un estremismo della violenza, ad esso – ferma restando la necessità di difendersi e di difendere soprattutto i deboli e i perseguitati – si risponde con altrettanta radicalità, ma in modo strutturalmente diverso, cioè con l’estremismo del dialogo”. E lancia una proposta: citando l’Alleanza delle Civiltà, iniziativa delle Nazioni Unite, propone di superarla andando ancora più alla radice, “puntando a quella che potremmo chiamare la ‘civiltà dell’alleanza’; una civiltà universale che fa sì che i popoli si considerino parte della grande vicenda, plurale e affascinante, del cammino dell’umanità verso l’unità. Una civiltà che fa del dialogo la strada per riconoscersi liberi, uguali, fratelli”. E allora non dovrebbe forse l’ONU ripensare la propria vocazione, riformulare la propria missione fondamentale? “Cosa vuol dire, oggi, essere l’organizzazione delle Nazioni Unite, se non un’istituzione che davvero si adopera per l’unità delle nazioni, nel rispetto delle loro ricchissime identità?”.

Che fare dunque? Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari, scriveva con speranza e ferma convinzione dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e gli interventi militari in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003): ‘Non arrendiamoci! (….) Tanti sono i segnali, perché dalla grave congiuntura internazionale possa finalmente emergere una nuova coscienza della necessità di operare insieme per il bene comune, popoli ricchi e meno ricchi, sofisticati o meno nei loro armamenti, confessionali o meno, col coraggio di ‘inventare la pace’. È finito il tempo delle ‘guerre sante’. La guerra non è mai santa, e non lo è mai stata. Dio non la vuole. Solo la pace è veramente santa, perché Dio stesso è la pace”. In questa ferma convinzione si sono svolti i lavori del Dibattito Tematico tenutosi a Palazzo di Vetro, ci auguriamo che siano di buono auspicio e ci auguriamo anche che le Nazioni Unite riescano a ritrovare presto un ruolo di guida nella lotta al terrorismo internazionale.

Marco Bennici

 

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