Che ognuno avrà il futuro che si conquisterà.

Gianni Rodari

“#LEOPOLDA? NO GRAZIE. SONO DEL PD (E VADO IN PIAZZA CON LA CGIL)”

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Il Pd, ufficialmente, il 25 ottobre prossimo non organizza nulla. Eppure a Firenze e a Roma andrà in scena la divisione plastica del partito di governo rispetto al quale si manifesterà quello di lotta. Nel capoluogo toscano sarà la volta della quinta edizione della Leopolda, il laboratorio renziano delle origini: evento che sta scatenando polemiche, con la sinistra Pd che accusa il premier di organizzare un partito nel partito. Nella Capitale, invece, sarà la Cgil a sfilare contro le politiche economiche di Renzi. E anche qui, in veste personale, ci saranno diversi esponenti del Pd che “rischiano” di manifestare contro il proprio partito. Alfredo D’Attorre, deputato e una delle anime più importanti della minoranza Pd, è uno di questi. E spiega così a Futuro Quotidiano questo strano fine settimana dove il Pd manifesterà in un certo senso con e contro il proprio governo.

Onorevole, sabato sarà a Firenze o a Roma?

A Roma, non solo perché ci abito. E sono orientato ad andare alla manifestazione della Cgil.

Perché non va alla Leopolda di Firenze?

La Leopolda è un’iniziativa di una corrente. Quella non è la mia corrente e in ogni caso trovo singolare che sia il segretario di partito a organizzare un’iniziativa di parte, tra l’altro senza il simbolo del partito, in un momento in cui tutte le sue energie dovrebbero essere impegnate a organizzare il Pd e a sostenere finanziariamente il Pd.

Sono gli stessi renziani a spiegare come non si tratta di un evento del Pd.

La Leopolda aveva un senso negli anni scorsi, quando Renzi era un outsider che organizzava così la sua rete e la sua ascesa alla segreteria. È stata uno strumento innovativo con il quale sono state mobilitate anche forze esterne al partito. Diventa incomprensibile però come la stessa esperienza possa essere riproposta nel momento in cui Renzi è il segretario. È una contraddizione.

Alfredo D'Attorre

Alfredo D’Attorre, deputato del Pd

Un attimo. Lei andrà alla manifestazione della Cgil, indetta contro il Jobs Act voluto e votato dal suo partito. Non le sembra anche questo un atteggiamento contraddittorio?

Il Jobs Act è ancora nel pieno del dibattito parlamentare e non credo che sarà approvato nella sua forma attuale. Ci sono 27 senatori che lo hanno votato al Senato dichiarando che lo avrebbero fatto sulla base della convinzione che sarebbe stato modificato. Se si chiarisce, quindi, che la manifestazione di sabato della Cgil non ha come finalità quella di abbattere il governo ma vuole convincerlo a cambiare la sua politica sul lavoro, a spostarla più a sinistra e più dalla parte dei lavoratori, io penso che sia giusto andare in quella piazza. Una piazza, ricordo, in cui ci saranno decine di migliaia di elettori del Pd.

In molti della minoranza Pd sostengono che la Leopolda sia il prodromo di un partito nel partito.

Io più che altro vedo il rischio dell’indicazione di un modello personale di partito, che tende a identificarsi con una sola persona e che svuota il ruolo degli organismi collettivi e il valore dell’iscrizione al partito. Su questa strada il Pd è destinato a perdere la sua scommessa.

Renzi vi risponderebbe con la mistica del “41%”. E i sondaggi continuano a dare questa cifra…

I sondaggi sono oggi. E saranno alti finché il leader avrà questo appeal. Ma un partito che si identifica completamente con il suo leader rischia poi di perdere il baricentro, il suo radicamento nel momento in cui inevitabilmente prima o poi quella popolarità scenderà. C’è il rischio di ridurre il Pd all‘ennesimo partito personale italiano quando la sua specificità era di essere l’unico partito non personale. Mi auguro, ovviamente, che tutto ciò non avvenga.

La sinistra Pd ha contestato anche il finanziamento che ha messo in piedi questa edizione dell’happening di Firenze. Lo ammetta, non vi piace proprio.

Credo che sarà animata anche quest’anno da discussioni interessanti. Ho profondo rispetto per chi ci va: la mia polemica non è con loro. Credo singolare però che i più stretti collaboratori di Renzi, che sono stati impegnati nel finanziamento del Pd, siano stati impegnati in una struttura parallela. A maggior ragione in una fase in cui il partito da questo punto di vista è in difficoltà. Questa la giudico una scelta sbagliata. Chi dirige il partito dovrebbe essere concentrato a utilizzare tutti i canali esterni e i rapporti con il mondo imprenditoriale per aiutare il proprio partito a non chiudere le sedi territoriali e a non licenziare i dipendenti.

Intanto il premier promette altri 80 euro alle neomamme. Le piace questa mossa dal sapore sudamericano?

Penso che dare 80 euro indistintamente a tutte le famiglie sotto i 90mila euro non sia una buona idea. Sarebbe meglio concentrare le risorse sulle famiglie in difficoltà e sui redditi bassi.

Sarebbe andato anche lei da Barbara D’Urso ad annunciare una misura del genere?

Non è un problema frequentare anche programmi che parlano a un pubblico più ampio. Il problema è che le decisioni di politica economica dovrebbero essere annunciate in altre sedi. È un po’ strano un partito in cui tutti – compreso il vicesegretario Serracchiani che fino a qualche giorno prima diceva cose opposte – apprendano di una decisione come il bonus bebè in diretta televisiva…

Il Pd Renzi intende trasformalo nel Partito della Nazione. Lo sentirebbe ancora suo?

Ho una concezione diversa di partito della Nazione. Per me è la sinistra rinnovata il partito della Nazione: sinistra ampia ma che non rinnega le sue radici, una sinistra che parla a un arco più ampio e si fa carico delle istanze. Quello di Renzi rischia di diventare un contenitore indistinto in cui si mescolano politiche di destra e di sinistra, in cui non c’è più identità riconoscibile e dove l’unico cemento è il carisma del suo leader.

Aria di scissione?

Io nel Pd ci sono dalla nascita e come militante di sinistra voglio continuare a stare in questo partito ed evitare un suo snaturamento.

Lei è giovane quanto Renzi. Perché non si candida a rottamare il rottamatore?

A me non interessa il concetto di rottamazione. Penso che Renzi abbia avuto la capacità di riempire un vuoto politico e di interpretare un cambiamento. Il pericolo, però, è che tutto questo si riduca a una sostituzione di persone, ad avere un governo un po’ più giovane quindi meno esperto. E che rischia di riproporre ricette economiche fallite e in continuità coi governi precedenti.

 

Antonio Rapisarda

Twitter @rapisardant

 

 

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