Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

LORO 2

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Complessivamente meno brillante del primo capitolo, Loro 2 è il seguito del film di Sorrentino sulla figura di Silvio Berlusconi, dal 10 maggio al cinema. Se nel primo episodio il soggetto principale della pellicola erano “Loro“, cioè tutte le donne, i politici, i servitori e i “galoppini”, che aspirano a raggiungere Silvio e che sono disposti a tutto pur di entrare nelle sue grazie; nel sequel l’oggetto della narrazione è più incentrato sulla figura del Cavaliere, al punto che l’incontro con Marra-Tarantini, auspicato dal primo film passa quasi in sordina, così come i bunga bunga le intercettazioni telefoniche, appena accennati.

Loro 2 bypassa molte vicende fondamentali che ruotano attorno alla figura di Silvio Berlusconi e si concentra più su episodi inventati dal regista, su scene cinematografiche, ancora una volta simboliche, a cui viene affidata la rappresentazione del personaggio di Berlusconi.

Questa scelta fa sì che il ritmo del film sia notevolmente ridotto rispetto al primo episodio: più meditativo e contemplativo, ancora più estetizzante di Loro 1. Il tema dello svilimento della figura femminile viene messo un po’ da parte, così come i Loro a cui era stata data così grande rilevanza nella prima pellicola. Le bambole erotiche descritte dal primo film assumono quasi la veste di “coreografie ambientali”, prive di identità in questa seconda pellicola,  un’opera indipendente dalla prima e per molti versi slegata dalla precedente. La maggior parte delle scene sono girate nella casa in Sardegna di Silvio Berlusconi. Se il tema di Loro 1 era l’avvicinamento al mondo di Silvio, in Loro 2 invece il regista ci racconta ulteriori aspetti del Cavaliere, innanzitutto la sua indole  da imprenditore: il suo talento nel saper vendere qualsiasi cosa a chiunque, talento che egli ha applicato anche alla politica. In tal senso rivelatrice la scena  in cui Silvio, che si appresta a conquistarsi il favore di 5 senatori per far cadere il governo di sinistra, per “allenarsi” nella sua capacità di persuasione, chiama a caso un numero dall’elenco telefonico e prova a vendere un lotto di terreno inesistente ad u

na anziana signora.

Allo stesso modo la discussione tra Berlusconi e Ennio Doris , interpretati entrambi dallo stesso attore, Toni Servillo, dà l’idea di come la vera natura di Berlusconi sia quella di un imprenditore-imbonitore più che di un politico ( è come infatti se Berlusconi-Servillo parlasse allo specchio con un suo alter-ego), come dimostrano le scene successive in cui egli è annoiato dalla politica e ad essa preferisca andare ai festini. Altro tema fondamentale dell’opera è il delirio di onnipotenza di Silvio Berlusconi.

Sorrentino è attento nel descrivere più che l’ossessione sessuale del Cavaliere, l‘illusione di immortalità ed eternità coltivata da quest’ultimo, veramente convinto di poter essere eterno ed eternamente amato dalle donne e da tutti gli italiani; ma tra le righe si vede che l’affezione dei  suoi seguaci è in realtà interessata e forzata, come quando una delle ragazze (Alice Pagani) lo rifiuta perché sostiene che egli abbia l’alito di un vecchio. I suoi fedelissimi lo tradiscono e la moglie Veronica Lario chiede il divorzio.

La scena più bella del film è proprio il dialogo tra questi due personaggi. Sorrentino affida a Veronica Lario, una convincente Elena Sofia Ricci, la voce del popolo italiano che chiede conto a Berlusconi di tutte le menzogne da lui raccontate. Con un attacco veemente la moglie mette alla berlina il marito che sta per lasciare, accusandolo di averla fatta innamorare e poi tradita, di essere una maschera priva di reali emozioni, di non essere infine così grande e bravo in tutto come egli ha sempre sostenuto, al contrario di aver sprecato la sua importante posizione di premier, preferendo delle orgettine di minorenni o di ragazze da poco maggiorenni, piuttosto che le prospettive offerte dalla sua carriera. La moglie del Cavaliere diventa quasi un magistrato che mette sotto accusa Silvio, un magistrato impossibile da comprare e da smontare con facile retorica populista, ovviamente esercita con zelo da Berlusconi anche in questa occasione.

La conclusione è che la vita di Silvio è sempre stata un‘eterna messa in scena, in cui egli, unico attore ha sempre pensato solo ad apparire come il migliore, senza esserlo mai davvero, celando in fondo un’immenso complesso di inferiorità.

Se il regista è sensibile nel descrivere questo disagio che sta alla base della personalità sfuggente di Berlusconi, con un attacco duro nei suoi confronti, sul finale però si lascia andare ad un paternalismo un po’ autocompiaciuto con il quale sembra quasi compatire la figura di Silvio, dando origine ad una figura cinematografica più fittizia che vera: quella di uomo malinconico che non riuscirà mai a riconquistare la moglie, quasi una rievocazione del finale della Grande Bellezza.

Se si considera il personaggio di Veronica come una metafora dell’Italia (quindi i Loro 2 del titolo sarebbero innanzitutto Berlusconi e l’Italia), è come se Silvio cercasse in tutti i modi di far innamorare nuovamente gli italiani (così Veronica Lario da giovane è l’Italia giovane che non conosce ancora la menzogne del Cavaliere); ma questo romanticismo, sebbene la metafora possa essere suggestiva, risulta un po’ fuori luogo e prevale rispetto alle dinamiche di potere, alla corruzione e alla ossessione per il sesso, che pure sono elementi essenziali della figura di Berlusconi, decisamente trascurate da Sorrentino in questo film. Il mondo che ruota intorno al Cavaliere, narrato nel primo film, scompare quasi dalla seconda pellicola e il significato delle metafore e dei simboli appare smorzato da un eccesso di forma, nonostante vi siano scene cinematografiche senza dubbio notevoli dal punto di vista estetico.

L’idea è che il proliferare di simboli stemperi molto i toni di questo secondo film e svii e anche da alcuni temi principali,  risultando in fondo elusivo come il suo protagonista e in parte trascurando molti aspetti che costituiscono la complessità della figura di Silvio Berlusconi, un po’ ridotta ad una macchietta in alcuni punti.

La scena che descrive il terremoto dell’Aquila, infine, è una metafora- deus ex machina per sintetizzare in una sola sequenza il disastro in cui Berlusconi ha lasciato gli italiani, mantenendo solo promesse superficiali (la dentiera che viene restituita ad una vecchia vittima del terremoto che l’aveva perduta), senza mai guardare alle esigenze vere del paese. Nel complesso si ha l’impressione che Loro 2 si perda un po’ in finzioni cinematografiche piuttosto che cercare di arrivare alla verità che si cela dietro Silvio e alla vera personalità dietro la maschera, una scelta d’autore che rende questo secondo film meno originale, meno intenso e coinvolgente del primo, nonostante alcune scene memorabili.

 

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