Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Maria Grazia Santovito, madame bulldozer, con lo scettro del marketing in Giappone

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maria grazia santovitoPosso testimoniare, senza tema di smentite, che i social network sono davvero preziosi. Ho intessuto sul web amicizie altrettanto solide quanto quelle che ho sviluppato in anni e anni di frequentazioni. Anzi, magari sul web, ho ritrovato compagne di scuola o di Università perse di vista da decenni o colleghi delle mie numerose vite lavorative. Con Maria Grazia Santovito, è andata appunto così: ci siamo incontrate in epoca pre-Facebook, quando i social muovevano i primi passi, ma io, curiosissima di carattere, già mi ero lanciata a sommare contatti. Il network primigenio si chiamava Neurona, aveva radici spagnole (credo), ed è poi diventato un ghiotto boccone per le sue potenzialità di sviluppo tant’è che è stato poi acquistato da un concorrente aggressivo, Xing (credo di origine tedesca). L’esordio di Facebook sul mercato italiano, però, cambiò gli scenari e traslocammo tutti in casa Zuckerberg, mettendo da ingrati in un cantuccio Xing, che pure ci aveva fatto conoscere. A Neurona ho incontrato virtualmente una cara amica, Angiola Pitzalis, che ha ricostruito per me quest’itinerario social e con la quale interloquisco su FB e dal vivo, abitando entrambe a Roma; lì è nato il mio dialogo con Maria Grazia, vivace blogger gastronomica e, all’epoca delle nostre prime conversazioni online, ancora non se ne parlava della svolta che ha poi impresso alla sua vita, qualche anno dopo. Abbiamo provato subito una grande sintonia, tant’è che, malgrado il nostro girovagare fra i vari social, non ci siamo più perse di vista, almeno sul web. E non avremmo potuto fare altrimenti, perché la distanza fra noi, dall’iniziale Roma/Monza, è poi diventata Roma – Tokyo.

Sì, perché Maria Grazia, col coraggio di una leonessa, quasi quattro anni fa ha seguito la propria spiccata vocazione di ‘marketer’ ed ha pensato di trasferirsi nel Paese del Sol Levante, per diventare ambasciatrice commerciale delle eccellenze del Made in Italy. E’ da considerare la sua origine pugliese: l’abilità commerciale degli abitanti della dorsale del tacco dello Stivale è ben nota. Com’è e come non è, chi, come me, è amica di Maria Grazia su Fb, può apprezzare la sua popolarità in Giappone, dove ha saputo velocemente conquistarsi una miriade di contatti negli ambienti che contano. Il nostro primo incontro faccia a faccia è avvenuto nel 2010 o giù di lì, quando venne a conoscermi nel corso di un convegno molto importante di ‘Sapere. Il Sapore del Sapere’, all’Auditorium della Banca Popolare di Milano: vi interveniva nientepopodimeno che il Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier. Dopo di allora la mia vita è cambiata; così come anche la sua. Ho pensato, però, di cogliere al volo una sortita italiana di Maria Grazia, per incontrarla a Milano e fare quest’intervista: il trasferimento all’estero di ‘cervelli’ e competenze è, ahi noi, ormai piuttosto ‘comune’ fra le giovani generazioni, in cerca di migliori prospettive lavorative; rappresenta davvero un’eccezione, però, una donna di oltre quarant’anni che va via dall’Italia per andarsene nel lontano Giappone (ed avere un grande successo). Com’è accaduto per Maria Grazia Santovito. Da amica, mi ha consentito di ‘interrogarla’ su questa sua esperienza davvero peculiare.

Dove sei nata?

Giusto il tempo di nascere, ad Andria, per poi tornare al luogo d’origine della mia famiglia, Trani. Ho frequentato il Liceo Linguistico, dove ho acquisito una certa padronanza dell’inglese, che ho successivamente coltivato e che mi son ritrovato anche ora, in età adulta. Dopo la Maturità, mi sono iscritta alla Facoltà di Scienze Politiche, che ho frequentato per due anni. Nel frattempo, però, nel 1983, avevo ottenuto per concorso un posto di lavoro alla Banca Centro Sud (nata nel 1980 dalla fusione della Banca di Calabria con la Banca di Andria, sotto l’egida del Banco di Roma, che deteneva la stramaggioranza di entrambi i pacchetti azionari) e dunque mi son fatta le ossa agli sportelli di Gioia del Colle, Ruvo di Puglia e Barletta. Nel 1986, però, il pacchetto di controllo della Centrosud è passato agli americani del Gruppo COIC – Citicorp Overseas Investment Corporation – ed io, nel 1989, mi sono trovata trasferita alla sede centrale di Napoli, in via Depretis, al settore marketing, dove sono rimasta fino al 1991, anno in cui sono andata a vivere altrove, ossia a Monza, per seguire mio marito, conosciuto lì a Napoli; finché, nel ’95, ho deciso di lasciare il lavoro, malgrado i consigli contrari di mio padre, per dedicarmi ai miei figli. Il marketing mi era rimasto nel cuore, grazie anche a un’esperienza molto interessante, vissuta quando ero ancora al mio paese natale e che con la banca non c’entrava per niente.

Quale?

Il teatro amatoriale, che ho coltivato fra l’82 e l’89 presso la Parrocchia dello Spirito Santo a Trani, in via Domenico Tolomeo. Il parroco appoggiava con entusiasmo le nostre iniziative giovanili iniziative ed ho scritto personalmente piece teatrali e musical che, per la loro preparazione, impegnavano giovani fra gli 8 e i 16 anni per tutto l’anno, suscitando un vasto eco nei dintorni. Quest’impegno mi ha stimolata tanto, facendomi affinare le mie doti naturali di socializzazione. Facilissimo è stato, poi, trasferirle nel settore del marketing bancario, apprezzate dai manager della Citibank dall’alto delle loro esperienze americane. All’epoca, una delle iniziative elaborate dal nostro ufficio, il cosiddetto ‘Progetto cliente’, che promuoveva piccoli prestiti al consumatore, ha vinto un concorso internazionale fra le branches di Citibank nel mondo.

Hai avuto un lungo periodo d’inattività, circa 12 anni. Come ti rimettesti in gioco?

Beh, mi ero cimentata nell’ambientarmi a Monza, venendo da una realtà assai diversa; successivamente, intorno al DSC007572006, sono stata attratta dal fenomeno dei new media e ho cercato di studiarne le evoluzioni. Nel 2007, ho esordito su Internet, nei forum di cucina che si stavano affermando in quegli anni, interagendo come blogger e registrando una certa popolarità. Fra il 2008 e il 2009 ho cercato di acquisire nuove competenze, frequentando a Monza un corso di Guida turistica e uno di cinese e riprendendo, nel contempo, a studiare marketing. L’anno dopo ho approfondito le mie conoscenze in quest’ultima materia, in particolare nel settore del Luxury, con corsi negli Stati Uniti. Fu quello l’anno della mia svolta professionale.

In che senso?

Frequentai dei corsi di marketing anche in India; poi, con una scelta lungamente meditata, andai in Giappone, per studiare l’ambiente del business e comprenderne le opportunità. Nel 2012, ho deciso di approfondire questa mia iniziale conoscenza, che avevo coltivato anche dall’Italia, sia del territorio sia del mercato giapponese ed ho creato una partnership con un grande esperto di tecniche di vendita, il libanese Mr Robert Haddad, che viveva a Tokyo. L’avevo conosciuto via Internet e poi abbiamo dialogato su Skype; finché, giunta in Giappone, ho deciso di approfondire ulteriormente, anche grazie al suo sostegno, i miei studi di marketing, colmando così le mie lacune: è una ‘scienza’ in continua evoluzione, per cui non si finisce mai d’imparare. Mr Haddad è davvero un grande manager, che affronta il lavoro con severità e disciplina, e in questa sua metodologia mi ritrovo, tant’è che entrambi, dedicandoci al lavoro in full immersion 14 ore al giorno, siamo riusciti a entrare velocemente sul mercato giapponese.

Sei stata molto coraggiosa ad andare incontro ad una civiltà così diversa dalla nostra!

Quando sono arrivata in Giappone non ne conoscevo né la lingua, né le dinamiche sociali e neppure la cultura. La loro ‘business etiquette’ è assai diversa dalla nostra e si rischia spesso di infrangere certe norme di comportamento non scritte che sono patrimonio del mondo degli affari giapponese. Il coraggio sta anche nel resistere, nonostante gli ostacoli del quotidiano. Il Giappone, infatti, in quanto a labirinti burocratici, non ha nulla da invidiare all’Italia. La mia sfida iniziale era rappresentata dal crearmi un profilo professionale in grado di aprirmi le porte per una proficua carriera. Una sfida resa ancora più ardua dal fatto di operare in un mondo a prevalenza (o quasi monopolio) maschile, quale è quello del business, e di aver cominciato dopo gli anta. Ritengo, però, che sono stati proprio questi elementi, apparentemente negativi, ad avermi dotata della resilienza necessaria.

Raccontaci della tua vita ‘giapponese’.

Vi vivo da quasi 4 anni ed ho scelto di stare a Tokyo perché… tutte le strade portano a Tokyo, è il baricentro del maria grazia santovitoPaese. Ho trovato grandi sintonie in loco, riuscendo a crearmi sin da subito, persino malgrado le carenze linguistiche – ma avevo pur sempre dalla mia il ricorso all’inglese –, un ruolo nell’ambito della comunità del business. Ho così aperto la Società MGSantovito LLC, che si occupa di servizi alle aziende, per offrire loro, con un approccio di somma efficienza, lo sviluppo delle proprie esportazioni. L’attuale momento si presenta particolarmente favorevole al posizionamento di aziende interessate a sviluppare (o a esordire) sul mercato, in questo caso giapponese, in quanto, dopo una lunga trattativa, è in dirittura d’arrivo la firma del Trattato di Libero Scambio tra l’Unione europea e il Giappone. Ciò consentirà l’abbattimento degli onerosi dazi che rendevano difficile l’accesso dei prodotti, sia giapponesi in Europa, sia europei in Giappone. Chi saprà posizionarsi in questo momento di limbo, ma così vicino alla meta finale, si troverà in pole position appena sarà firmato il Trattato e potrebbe trovarsi agevolato nella conquista del mercato giapponese (un mercato di 150milioni di persone, quasi il triplo di quello italiano), essendovi già presente. Non dimentichiamo, inoltre, che i consumatori giapponesi già apprezzano fortemente il Made in Italy.

Non sfuggi alla mia domanda – mantra: cosa volevi fare a 16 anni?

Il mio sogno era quello di studiare Medicina, in quanto mi è sempre piaciuto lo studio del corpo umano. I sogni, però, molto spesso inseguono obiettivi poco realistici, per cui decisi di dare seguito ai miei studi in Lingue, iscrivendomi a Scienze Politiche. L’aver vinto il concorso in Banco di Roma, azionista quasi totale di Banca Centrosud, indirizzò diversamente il mio destino.

Ed oggi cosa vuoi fare?

Col mio impegno professionale, vorrei lasciare un messaggio ai miei figli: ‘Volere è potere’. Aveva ragione Vittorio Alfieri a sostenere: ‘Volli, sempre volli, fortissimamente volli’. Salute e volontà sono le chiavi d’accesso ad ogni utopia. I soldi, impegnandoti, li guadagni, sempre che, alla base di tutto – e tutelando la tua salute, ché quella, se la mini, non te la restituisce nessuno – ci sia una profonda motivazione. E’ quella la mia stella polare e non è passata inosservata la mia tenacia, sia fra i colleghi giapponesi, sia sul piano internazionale. Mi son meritata sul campo lo scherzoso soprannome di ‘Bulldozer’.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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