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Alan Kay

MUSSO, #ALLUVIONEGENOVA, ECCO I NOMI DEI RESPONSABILI

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Genova, città dell’acqua dove tutto scivola, città di Colombo, della lanterna sul porto e del mare di fango nelle case e nelle cose. Città del dissesto idrogeologico, del dissesto politico, del dissesto amministrativo. Città degli angeli del fango, che puntuali dopo ogni alluvione escono in strada, vanghe in mano, e dopo il tramonto scompaiono senza chiedere niente. Angeli che pagano le tasse a un Comune sordo e cieco che, nell’occasione dell’Alluvione 2014, l’evento di quest’anno, è stato al di sotto di quello che era stato gli altri anni: ha negato qualsiasi sostegno ai volontari, non ha distribuito – denunciano gli interessati – né secchi, né pale, né tazze di caffé agli spalatori. Chiuso a doppia mandata nella sua torre d’avorio, il Barone Rosso, Marco Doria, ultimo degli ultimi discendenti della stirpe dei Doria, Dogi di Genova, non si sporca le mani con i badili, così come non si è dato la pena di evitarne l’uso. Braccia conserte, si allinea alla schiera dei Soliti Noti, un quadretto (quasi “famigliare”) del potere genovese che ogni anno, in Autunno, aspetta di vedere il cadavere della buona politica passare lungo il fiume dei detriti in città. Anche quest’anno, puntuale come le esondazioni del Fereggiano, quel cadavere è passato: e la Procura ha aperto un fascicolo per disastro colposo. Colposo che vuol dire, in italiano, senza colpa. Ma siamo proprio sicuri che questa edizione di Alluvione Genova sia senza colpe?

Lo abbiamo chiesto ad Enrico Musso, il docente di economia dei trasporti all’UniverGe - sorteggio Musso angeli fangosità di Genova che nel 2012, con una sua lista civica senza partiti, da solo ha sfidato tutto il grumo del potere genovese, attestandosi al secondo turno con il 41 % contro il 59 del patto di imbullonamento tra le otto organizzazioni che sostenevano Marco Doria.

Enrico Musso, com’è questa alluvione 2014, rispetto a quella precedente?

E’ successa tecnicamente una cosa diversa, è esondato il Bisagno e non il suo affluente, il Fereggiano. Ma sono successe le stesse cose: manutenzioni del tutto inefficaci, le previsioni e i sistemi di allerta che non hanno funzionato. E una classe politica inadeguata, che ha dato il peggio di sé.

Dopo la cacciata della Vincenzi, Doria era stato chiamato quasi a riparare i danni morali dell’alluvione 2011. Per questo forse Doria ha deluso così tanto anche i suoi elettori?

Sapendo che il centrosinistra era politicamente in coma con lo choc subito dalla città con l’alluvione del 2011, si doveva mettere al primo posto questo problema. Come minimo Doria è stato troppo timido nel porlo: non si ricordano vistose proteste contro Roma, o intemerati appelli all’attenzione dei suoi compagni di cordata. Niente di niente. Fino all’amaro risveglio, in cui si scopre che siamo esattamente al punto di prima, a quando c’era Marta Vincenzi, e che questo sindaco non ha inciso neppure per una virgola su una situazione così esplosiva.

Doria doveva essere un sindaco arancione, si è presto rivelato un sindaco grigio…

Genova ha brillato per assenza, negli ultimi due anni. E’ diventata più periferica ancora di quanto già non fosse. Per realizzare le opere per la sicurezza, bisognava mettere il problema al centro dell’attenzione, oppure si deve ammettere che Genova non conta politicamente niente. Anche laddove non ci fosse una responsabilità giuridica del sindaco, egli aveva il preciso dovere di pretendere una maggiore attenzione dal governo nazionale. Amministra con il 59 % in città. La stessa maggioranza gestisce la Regione ed è saldamente al Governo del Paese. Ci sono le condizioni ideali, quasi idilliache per realizzare intese e accelerare i processi. Invece niente, tutto fermo e il sindaco totalmente muto.

Ma quali sono i nemici delle opere sui corsi d’acqua, a Genova?

Bisogna distinguere, le opere sono due. Il rifacimento della copertura del Bisagno è un’opera, dove il torrente finisce in un imbuto che lo porta al mare; l’altra opera, quella di cui si parla da prima, è il famoso scolmatore del Fereggiano, un canale sotterraneo che disperde verso la costa una immensa portata d’acqua. Le ditte hanno iniziato i lavori, andando dal mare verso il  con un trivellone pazzesco, negli anni Novanta. A seguito di una inchiesta giudiziaria, la ditta austriaca che stava eseguendo i lavori li ha sospesi. Ha abbandonato la trivella che poi nel tempo venne smontata pezzo per pezzo, e dieci anni dopo, nel Duemila, ci si è orientati verso questa odierna opera di copertura, proceduta a rilento per i mancati stanziamenti finanziari. L’opera era divisa in tre lotti, la cui realizzazione avrebbe comportato unanotevole riduzione della portata del corso d’acqua. La sottovalutazione del problema è un dato oggettivo, ascrivibile a tanti sindaci, tanti politici, tanti dirigenti pubblici genovesi.

Guardando alla storia, chi è il sindaco che a Genova avrebbe dovuto avviare per tempo i lavori?

Il problema dello scolmatore se lo era posto con forza per la prima volta la giunta di Cesare Campart, sindaco del Pri negli anni Ottanta; poi ci fu la parentesi del socialdemocratico Merlo, la breve parentesi di Claudio Burlando, precocemente interrotta, quindi Adriano Sansa. Nessuno di questi tre ha mai realizzato passi avanti concreti per la messa in sicurezza di Genova.

E Doria cosa avrebbe potuto fare, che non ha fatto?

Essere, in quanto rappresentante di Genova, particolarmente pungente con il governo, con Roma, alzando la voce. Invece non ha mai inarcato un sopracciglio.

Glielo ha fatto notare, lei che in Consiglio comunale dà battaglia su tutto?

Gliel’ho fatto notare. Sa cosa ho fatto, di più? Ho preso una macchina fotografica e insieme a un amico architetto, l’urbanista Carlo Alberini, siamo andati per una giornata a fare centinaia di foto dentro al letto dei fiumi, negli argini dei torrenti, per documentare lo stato di incuria, di sporcizia e di mancata manutenzione che lasciava presagire esattamente quel disastro che poi è avvenuto. Abbiamo realizzato foto molto eloquenti, ritraendo la selva di piante ad alto fusto cresciute e mai sfalciate dagli addetti ai lavori del Comune. Ho mandato le foto al Sindaco, agli assessori, anche ai giornali di Genova. Mi hanno risposto che facevo dell’inutile allarmismo. E oggi Doria cosa dice? Che se anche avesse fatto pulire quei torrenti, si sarebbe rivelato ininfluente, per la forza dell’acqua. Io questo non lo so;  ma so che ciascuno dovrebbe fare il proprio dovere.

Il problema è concentrato nei “rivi” Bisagno e Fereggiano?

No, c’è un centinaio di corsi d’acqua, a Genova, sotto i nostri piedi. A Ponente il Chiaravagna, al Centro scorre il Rio Carbonara, sotto Castelletto e crea spesso numerosi allagamenti, anche nei seminterrati delle case. A Levante c’è il torrente Sturla, che ha fatto delle vittime in precedenti alluvioni. Chi, da Sindaco di Genova, potrebbe limitarsi a fare spallucce e qualche scongiuro, con tutte le piogge autunnali e nell’arco dell’intero inverno? Qui da noi le bombe d’acqua non piovono dal cielo, sono sotto le case. E sono tante.

foto_arpalFuori i responsabili, allora. In caso di mancata allerta meteo, chi ne deve rispondere?

Sa cosa è Arpal? Arpal è l’ennesimo carrozzone pubblico con alcuni centinaia di dipendenti e cinquanta dirigenti, uno ogni sette dipendenti. Ha una percentuale di assenteismo pari al 21%, una delle più alte tra gli enti pubblici di tutta Italia. Non proprio un caso di eccellenza, insomma. Ecco, sono questi signori che hanno telefonato al sindaco Doria per dirgli: vada pure a teatro, stasera è tutto tranquillo. Visto come l’Arpal, partecipata al 100% regione, effettua le sue ricerche, c’è poco da stare sereni. Ricorda il caso dei sismologi inquisiti perché non avevano previsto il terremoto de L’Aquila? Ecco…

 

Ma poi ci sono le responsabilità dei burocrati, che non hanno lasciato fare i lavori…

Su questo, va fatto un chiarimento. Il Tar anche quando ha chiesto un riesame dell’assegnazione delle gare, non ha mai dato la sospensiva dei lavori, motivando che non la dava perché era urgente farli. E’ la politica che non ha fatto partire i lavori. La politica e la figura preposta come commissario per i corsi d’acqua.

Chi è il commissario in questione?

Prima era un ex Prefetto di Genova, poi è stato nominato Claudio Burlando, l’uomo-simbolo del Pd ligure. E quando anche il Tar ha bloccato i lavori per dieci mesi, tutto il resto del tempo ha dato il via libera all’esecuzione. E’ stato il commissario a tenerli fermi. E se è vero che aveva ricevuto diffide – quella della ditta Pramoter, che aveva perso la gara – per tenere bloccati i lavori, è altresì vero che anche le ditte vincitrici, risultate vincenti all’esame del Tar del Lazio, lo avevano diffidato in senso opposto: sollecitando l’avvio dell’opera. Mi risulta che una lettera, spedita ad agosto a Burlando da una delle ditte, non ha mai avuto risposta. Questo è forse più grave di tutto il resto, perché c’è chi doveva dar inizio ai lavori, con i soldi stanziati e la gara esperita, e non lo ha fatto nei tempi debiti.Paita Burlando

Ci sono altri responsabili?

La Regione Liguria ha un assessorato con delega alla Protezione Civile. Una delega centrale, in questi casi, come è ovvio. L’assessore alla Protezione Civile è Raffaella Paita – moglie del Presidente dell’Autorità portuale di Genova, Luigi Merlo – ed è una esponente del Pd, di area Renzi, data in grande ascesa e fino a pochi giorni fa candidata alle primarie per la corsa come futura Presidente della Regione Liguria (questo il suo sito web, ndr). Sapete dov’era la sera dell’alluvione? Stava facendo una serata elettorale a Finale Ligure, salvo poi twittare allo scoccare della mezzanotte, quando è stata richiamata dal suo staff ed è corsa a Genova per farsi notare in sala operativa. Bene, Paita è subito sparita dai radar dei media, in conferenza stampa il Pd manda insieme a Burlando l’assessore Montaldo, un onesto dirigente con delega alla Sanità, che però poverino, non ha alcuna competenza in tema di alluvioni. L’assessore alla Protezione Civile invece è misteriosamente entrata in silenzio stampa, e credo abbia anche smesso di darsi troppo da fare per le primarie: il Pd locale ha diramato una nota con cui fa sapere che “per rispetto” della situazione e del disagio dei genovesi, le primarie non s’hanno da fare. Guarda caso.

I premi per il risultato ai dirigenti comunali che dovevano monitorare i corsi d’acqua sono una sua scoperta. Come se ne è accorto?

Ho incrociato i dati del Piano Esecutivo di Gestione (Peg), un documento pubblico del Comune di Genova, con l’allegato di Bilancio contenente i premi di risultato dei dirigenti del Comune di Genova; non era facile da trovare ma neanche impossibile, con il mio gruppo Lista Musso in Comune abbiamo reso immediatamente pubblico il fatto. Nessuno, neanche i giornalisti di Genova, lo avevano scoperto. Parliamo di importi tra i 7000 e i 17000 euro per ciascuna delle quattro figure apicali preposte al controllo e alla manutenzione dei corsi d’acqua. Poco più di quarantamila euro in tutto. Ma il problema è la beffa, non tanto e non solo il danno erariale. E’ il Comune di Genova e il suo Sindaco, Doria, che hanno voluto premiare con denaro pubblico per i “risultati conseguiti” nella manutenzione degli argini dei corsi d’acqua genovesi.

Quindi un omesso controllo da parte del Sindaco?

O non hanno controllato, o hanno controllato e questi dirigenti avevano dei compiti talmente circoscritti che pur avendo loro assolto tutti i loro compiti, la città è finita sott’acqua. E in questo secondo caso, il Sindaco ha una responsabilità politica enorme. I risultati sostanziali non interessano nessuno.

Marco Doria quindi ha premiato con denaro pubblico i dirigenti che dovevano presidiare i corsi d’acqua di Genova. Adesso sono previste azioni di responsabilità? Qualcuna di queste figure apicali dovrà restituire una somma?

No, passerà tutto in cavalleria. Non è neanche stata adombrata l’ipotesi, tutta la struttura è schierata in modo anche scomposto a difesa dei dirigenti premiati per aver così ben operato.

Doria non ha neppure fatto il gesto di mettersi una pala in mano. Lo consigliano male o è proprio lui che ha un talento innato nel tafazzismo?

Ha fatto l’errore di mostrare tutta la sua distanza, è sceso dall’autoblu, ha ricevuto gli insulti, ha ripreso l’auto e se n’è andato. Il Comune è stato assolutamente assente: chi è andato in Comune per chiedere una pala, è tornato indietro a mani vuote. Non sono arrivati, dall’ente pubblico, aiuti di nessun tipo: io in strada non ho visto né acqua né caffè né un solo secchio fornito dal Comune. Per fortuna c’è una partecipazione spontanea enorme, che ci lascia dimenticare le nefandezze della politica. Il senso civico dei genovesi è alto, malgrado chi occupa le istituzioni.

Cosa suggerirebbe di fare, a Doria? Dimettersi?

Il sindaco ha dimostrato inadeguatezza rispetto alle cose che doveva fare in tutta questa vicenda, che pure comporta molte responsabilità di altri soggetti, dei quali qui ho fatto i nomi. Marco Doria, che conosco da tanti anni, è una brava persona, ma ha confermato con i fatti di essere come lo dipingo da sempre: politicamente debole e molto poco autorevole. Privo di sponde anche sul piano nazionale. Se si dimettesse in questo momento potrebbe fare anche più danni che restando. Gli dico: fai in fretta le cose urgenti che ci sono da fare e che aspettiamo da troppo tempo. Rompi l’accerchiamento in cui ti hanno cacciato, dimostra di essere indipendente dagli apparati, dai partiti e dagli interessi di bottega. Poi, passata l’emergenza, si torni rapidamente a votare, e Genova volti pagina, davvero.

Napolitano-Musso

Enrico Musso e gli Angeli del Fango di Genova ricevuti dal Presidente della Repubblica, Napolitano, al Quirinale nel 2011

 

 

 

 

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