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Alan Kay

Per Napoleone, condottiero anche come comunicatore

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Roberto-RaceRicorrerà il prossimo 18 giugno il bicentenario della battaglia di Waterloo e in tutta Europa, dal lato dei vinti e dei vincitori, si stanno pianificando decine di iniziative nell’arco dell’intero anno. Per l’occasione, dopo uno straordinario successo di diffusione e di critica in Italia, uscirà in autunno in inglese ed in francese il “Napoleone il Comunicatore”, di Roberto Race, edito in Italia da Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi. Waterloo è in certo modo il simbolo che avalla la suggestiva, lucida e ampiamente documentata tesi di Race: Napoleone, oltre a essere uno statista e un impareggiabile condottiero, fu un precursore delle più moderne tecniche di comunicazione e di marketinge. Il conflitto dei conflitti, la battaglia più famosa della storia, è legata al nome del perdente più che dello sconfitto. A Waterloo ha perso Napoleone, non ha vinto Wellington. Nella memoria collettiva, la sconfitta è anzi quasi obnubilata dalla grandeur del personaggio, esaltata in pose e immagini cronachistiche, figurative e letterarie.

Un esempio per tutti avvalora questa metafora: l’Hugo dei Miserabili, con la famosa imprecazione di Cambronne. L’analisi di Race, che unisce i valori di una ricerca testuale puntuale e feconda a una capacità divulgativa tale da assicurare al saggio un taglio da best seller, dedica allo scontro campale in terra belga alcune delle sue migliori pagine. Race evidenzia il grande paradosso di Waterloo: un clamoroso errore commesso dal Grande Corso. Colui che è stato il primo uomo di Stato a concepire l’opinione pubblica nei termini in cui la si tratterà nei decenni e nei secoli successivi, e che anche alla guida della Grande Armata utilizzava il messaggio come modalità di azione per anticipare le mosse degli avversari e sbaragliarne gli schieramenti, a Waterloo fu vittima di un incredibile deficit di comunicazione. A tradirlo, non per dolo ma per insipienza, fu uno dei suoi ex fedelissimi, il maresciallo di Francia de Grouchy. Come evidenzia Race, dopo uno scontro con i prussiani di von Blücher, il francese preferì puntare con le sue divisioni di cavalleria su Liegi anziché a Nord, come aveva fatto il suo nemico, che così poté avere mano libera e risultare decisivo per l’esito della battaglia. De Grouchy, rimarca Race nel suo efficace saggio, “avrebbe dovuto dirigersi laddove si udiva il rombo del cannone, regola non scritta ma rigorosamente seguita nelle campagne dell’epoca”. Non lo fece, e così lasciò solo Napoleone, alle prese con forze avversarie sempre più soverchianti.

A Waterloo, dunque come sottolinea Race, venne completamente meno un sistema di comunicazione che aveva caratterizzato in passato l’efficacia dei flussi informativi nell’ambito dell’esercito napoleonico. La rete di scambi attraverso la quale ogni Corpo d’Armata veniva informato, tappa per tappa, del corso degli eventi non funzionò come in passato. Gli stessi codici elementari di guerra (il frastuono della battaglia) non furono interpretati come dovuto. Si generarono così aspettative (in Napoleone innanzitutto) su un soccorso che non sarebbe mai arrivato. Fu, come accennato, un’eccezione. In tutta la sua singolarissima epopea, il Grande Corso dimostrò una capacità di curare la propria immagine e prevederne l’impatto con i diversi interlocutori, dalle masse francesi e d’oltre confine ai regnanti che sfidava, ai generali contro cui combatteva, assolutamente unica e fuori dal tempo, per preveggenza e utilizzo di strategie e tecniche innovative. Nella sua opera, Race ne fornisce esempi abbondanti, senza mai scendere al livello della pura aneddotica.

“Napoleone il Comunicatore”, nella nuova versione internazionale edita da Egea, la casa editrice della Bocconi, tratta un tema affascinante, come tutto quello che riguarda il trionfatore di NAPOLEONE-sitoAusterlitz e di Jena, con un piglio al tempo stesso rigoroso e divulgativo, affabulatore e scientifico. La tesi di fondo è declinata nelle diverse dimensioni del Titano corso: dalle tattiche guerriere alla cura dell’iconografia che lo rappresentava, dai bagni di folla alla strumentalizzazione della cultura ai fini della valorizzazione della propria dimensione di superuomo pre-nietzschiano, dalla manipolazione dell’informazione alla straordinaria performance conclusiva, vale a dire il racconto di sé tramandato ai posteri con il Memoriale di Sant’Elena curato da Las Cases. Il riproporsi del saggio di Race rappresenta uno dei modi più concreti e godibili per reimmergerci, alle viste delle celebrazioni per la ricorrenza della Battaglia delle Battaglie (precorritrice di quella madre di tutte le battaglie che costituì lo slogan di Saddam Hussein), in un passato solo apparentemente lontanissimo e riscoprire, in uno dei miti della storia di tutti i tempi, le radici della modernità.

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