Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Noi nati nell’80 siamo la generazione ‘no futuro’

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Per noi nati negli anni ’80 ormai è a dir poco chiaro che siamo la generazione ‘No Futuro’. Personalmente speravo di salvarmi essendo per poche settimane ancora del 1979, ma quando ho capito a cosa si riferisse il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ho capito che anch’io non avevo scampo. Sì perché quando l’altro giorno ha dichiarato che “i nati ’80 andranno in pensione a 75anni”, mi sono reso conto che faceva riferimento eufemisticamente all’annata, ma che anche i ’70 non se la sarebbero vista bene per niente. Attenzione, non che avessimo veramente bisogno dell’affermazione di Boeri per sapere quanto stessimo annaspando nella melma; anzi a dirla tutta, per chi come me non credeva avrebbe mai avuto neanche una pensione, sapere che forse potrebbe percepirla – seppur con la speranza di vivere molto più di quanto non credesse a vent’anni – rappresenta comunque una conquista.

Una conquista molto più concreta di quanto non ha rappresentato per milioni di ormai ex giovani italiani la laurea, con magari un master e un esame di iscrizione a qualche albo. Ma niente vittimismi, è comunque un passo in avanti se si considera che negli anni le frasi migliori sulle condizioni economiche e generazionali del paese annoverano: ‘i ristoranti sono pieni’; ‘chi veramente vuole un lavoro lo trova’; ‘il lavoro va meritato’; ‘all’estero non è detto vadano le migliori intelligenze’; ‘chi non vede la ripresa del Paese è un gufo’. Ecco quindi il miglioramento classe ’80: avremo una pensione. Quello che non mi è del tutto chiaro è per cosa la percepiremo, considerato l’enorme tasso di disoccupazione giovanile (il più alto in Europa), e la precarietà dei contratti inversamente migliorati con il presunto Jobs Act.

Forse i nativi ’80 avranno una pensione per la somma degli aumenti che costantemente saltano fuori tre giorni prima di una tornata elettorale. Anzi finalmente ho capito: gli 80 euro di bonus sono pensati proprio per noi degli anni ’80, ecco da dove deriva la cifra. Non da un calcolo matematico che i burocrati del ministero delle Finanze hanno effettuato dopo un’attenta speculazione sui conti della legge di Stabilità. E’ semplicemente la cifra scelta da Renzi, un po’ ad libitum se vogliamo, semplicemente perché in assonanza con coloro ai quali sarebbe stata destinata. Genio allo stato puro, altro che supercazzola elettorale. Nel frattempo, aspettando di capire quanto sarà la pensione che percepiremo sulla base dell’aliquota dei contributi calcolati sull’Unico elaborato dai Caf, è meglio evitare di cercarlo proprio un lavoro, almeno finché ad avere età lavorativa non ci arrivino le altre generazioni: così noi potremo sperare in qualche vecchio Tfr di un lontano parente, ma magari il governo del tempo avrà stabilito un prepensionamento per chi a lavorare non ci è potuto andare mai.

Giampiero Marrazzo

 

 

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