Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Uno dei primi volontari a prestare soccorso: “Sul naufragio molte inesattezze. Ecco la verità”

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naufragioSi chiama Giuseppe Pomilla, ha trent’anni; è nato a Corleone ed è laureato in Medicina e Chirurgia all’Università di Palermo. Vorrebbe fare il medico rianimatore. Segni particolari: quale volontario del Cisom, l’organizzazione di volontariato dell’Ordine di Malta che imbarca sui mezzi della Guardia Costiera e della Marina Militare propri team sanitari, lui era sulla nave ‘Luigi Gregoretti’ nel post terribile naufragio del barcone. C’era lui, insieme all’infermiere del team Enrico Vitiello, 23 anni, a prestare soccorso ai due sopravvissuti imbarcati sul mezzo della Guardia Costiera e i morti li ha visti da vicino. Come i vivi. E’ sconcertante quanto le sue risposte semplici e immediate sgombrino il campo da tutte le ricostruzioni fantasiose e ‘montate’ a tavolino per colpire il lettore che si leggono o si sentono sui vari media. Sembra di sentire tutta un’altra storia. “La mia prima esperienza col Cisom, a bordo di navi della Guardia Costiera – prende a raccontare – è avvenuta fra giugno e luglio del 2014; ho partecipato, poi ad altri quattro mesi di missioni: dicembre, gennaio, marzo ed ora, in aprile. Ne ho proprio viste di tutti i colori, sotto il sole a picco; il freddo glaciale, la pioggia battente, il vento sferzante, il mare in tempesta.”

Ci racconta la sua esperienza.

Siamo arrivati con la nave ‘Gregoretti’ nel luoge del naufragio. Abbiamo calato i gommoni e siamo andati alla ricerca dei sopravvissuti. Ne abbiamo trovati due, del Mali, aggrappati a camere d’aria.

Com’è andato l’incidente?

Il mercantile portoghese ‘King Jacob’ era stato dirottato in zona dalla Centrale operativa della Guardia Costiera italiana, che aveva raccolto la richiesta d’aiuto proveniente dal barcone. Al vederlo,naufragio tutti i migranti sul ponte si sono affollati da una parte sola, provocando uno sbilanciamento che ha causato il naufragio. Alcuni soltanto sono riusciti a passare sul mercantile e hanno raccontato che, nella stiva erano chiusi donne e bambini, colati a picco insieme alla barca che li trasportava. Parlavano in inglese o in francese e i traduttori a bordo della ‘Gregoretti’, che li aveva nel frattempo preso a bordo anche dalla King Jacob hanno raccolto i loro racconti.

Qualcuno dice che la King Jacob avrebbe involontariamente speronato il barcone.

Impossibile. Noi abbiamo pattugliato il tratto di mare per una notte e un giorno interi, e non c’erano né resti né detriti, oltre ai cadaveri e ai sopravvissuti raccolti. Non c’era nessuna traccia del barcone, affondato rapidamente. Se ci fosse stato uno speronamento, qualche pezzo sarebbe rimasto a galla.

Veramente sapevamo che i superstiti si erano salvati abbracciando i cadaveri.

Ne è sicura? E’ letteralmente impossibile. I cadaveri, oltretutto pieni d’acqua, tendono ad andare a fondo. Noi stessi per recuperarli, abbiamo faticato perché appena li sfioravi che tendevano ad affondare.

E’ vero che uno stringeva in mano una preghiera cristiana? E che due avevano scritto sulla mano il proprio villaggio africano di provenienza?

Non mi risulta assolutamente. Per due ragioni: la principale è che erano in acqua da tre ore e, dunque, qualsiasi scritta o foglio stretto in pugno sarebbe stato cancellato e perso. L’altra, che appena recuperato ogni cadavere veniva inserito nella sacca per il trasporto sulla ‘Gregoretti’: non c’era tempo per vedere questi particolari.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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