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Pietro Barilla

Newton, satira politica in salsa indiana

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Newton: le elezioni in India e la satira politica

Film di apertura della  diciassettesima edizione del River to River, il Festival del cinema indiano, ospitato a Firenze presso il cinema “La Compagnia“ -manifestazione, diretta da Selvaggia Velo e promossa dalla Associazione culturale “River to river”- Newton” è la pellicola che l’India aveva candidato per competere come miglior film straniero agli Oscar 2018, ma che non è riuscito a passare la prova del fuoco.

Scritto e diretto da Amit Masurkar, attraverso il linguaggio della commedia riflette con acuta ironia sulle elezioni politiche indiane. L’omonimo protagonista del film (Rajkummar Rao) è un giovane funzionario del governo, nominato come scrutatore di riserva per le imminenti votazioni. Strenuo sostenitore del rigoroso rispetto delle regole, che egli cura scrupolosamente nei minimi dettagli, dinnanzi al ritiro di tutti gli altri candidati, ben più cauti e accorti di lui, viene ben presto promosso a “presidente di seggio” per raccogliere voti nel Chhattisgarh, nel bel mezzo della giungla, in una zona ad alto rischio, perché precedentemente occupata dai comunisti, e conquistata di recente dai militari. Si tratta chiaramente di un luogo scarsamente popolato in cui solo in pochi potrebbero votare, ma la popolazione non sa nulla dei candidati, né sembra così motivata a recarsi al seggio.

Nonostante questo Newton persevera nell’impresa. Scortato dai militari, per la pericolosità della zona, con i suoi colleghi scrutatori, tra cui Malko(Anjali Patil), una insegnante, rappresentante locale nel seggio che lo aiuta nel tradurre la lingua del Chhattisgarth, e Loknath, irresistibile macchietta comica interpretata con grande efficacia da Raghuvir Yadav, egli, da idealista, un po’ ingenuo, ma testardo, cercherà di adempiere al meglio al suo compito, nonostante le innumerevoli difficoltà incontrate sul suo cammino. Il suo scopo tuttavia è diverso da quello dei politici o dei soldati, tra cui soprattutto il comandante di questi, Aatma Singh (un brillante Pankaj Tripathy), coinvolti loro malgrado in questa atipica spedizione. Se essi, infatti, vogliono sbrigarsi al più presto e “chiudere la faccenda”, per sostenere, sopratutto davanti ai media, di aver portato la politica e la democrazia fin dentro la giungla, attraverso però adempimenti più formali che sostanziali; Newton, invece, vorrebbe far comprendere agli abitanti locali il vero significato del voto e far si che essi si esprimano come cittadini liberi, secondo il principio di uguaglianza: un’impresa chiaramente impossibile da compiere nell’arco di un solo giorno, come gli ricorderà il comandante dei militari con una delle sue tante divertenti uscite: “Sei Newton, non metterti a fare Eistein”.

Solo alla fine, il protagonista riuscirà in parte nel suo intento, quando, per un assurdo paradosso, lui, per niente violento, sarà costretto dalla ritrosia delle autorità militari e politiche, ad imbracciare un’arma pur di permettere le “libere elezioni” auspicate. Non saranno certo come le aveva immaginate, ma rappresenteranno comunque una sua piccola vittoria, sudata e ottenuta combattendo. Il messaggio finale del film è dunque positivo, sebbene si collochi in un quadro realista. Cambiare si può, ma a passi talmente piccoli, da essere forse impercettbili, armati di tanta pazienza e forza di volontà, come quelle dell’indomito protagonista, l’unico dei personaggi a non essere un disilluso. Del resto il suo stesso nome è quello di un “rivoluzionario” della scienza, Newton, che secondo una divertente battuta della pellicola ha cambiato davvero le cose per gli indiani poiché “Ha insegnato che la forza di gravità agisce ugualmente su tutti: un ricco e un povero buttati giù da una rupe si schiantano entrambi al suolo”.

Come si diceva l’ironia è onnipresente nella pellicola e costituisce, assieme alla sceneggiatura, ai dialoghi e al mestiere degli attori (tra cui spiccano Pankaj Tripathy e Raghuvir Yadav) il punto forte del film. La satira politica di Masurkar è sottile, non altisonante né grottesca. Con pacato, ma divertente senso dell’humor il regista sfrutta l’ingenuità del suo tenace protagonista, come espediente per raccontare le dinamiche che si celano dietro le elezioni indiane, ben lontane dall’essere democratiche, o davvero libere. Nella parte centrale il film ha dei momenti un po’ ripetitivi, che servono ad evidenziare la noia degli scrutatori che attendono invano i votanti, alcune delle quali, però, potevano essere tagliate.

 

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