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Alan Kay

Toh, il Parlamento non è un passacarte

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parlamento azzollini“Il Parlamento non è un passacarte”: è l’intuizione folgorante avuta dal Presidente del Consiglio. Le stesse carte della Procura della Repubblica di Trani che tutti i componenti Democratici della Giunta per le Immunità Parlamentari del Senato hanno giudicato convincenti per motivare gli arresti domiciliari (non, si badi, in un carcere di massima sicurezza, ma nella comoda abitazione) del Sen. Azzollini (Nuovo Centro Destra) sono state considerate piene di fumus persecutionis da 189 Senatori. Hanno votato secondo coscienza, sostengono alcuni democratici e qualche benevolo commentatore, senza dirci né che cosa giustifichi il voto di coscienza (non soltanto in questo caso) né se hanno letto le carte. Trattasi, sembra, di una richiesta contenuta in 560 pagine e depositata nella Commissione. Sarebbe, quindi, molto semplice per qualche cronista parlamentare chiedere ai funzionari della Commissione quanti e, soprattutto, quali senatori (certamente, Manconi, Ichino e Tonini che ci faranno rapidamente sapere quando hanno letto le carte Azzollini), hanno chiesto di leggere quelle carte, si sono recati in Commissione, hanno preso in prestito il volume oppure hanno fatto fare le necessarie fotocopie per alimentare le loro coscienze e per diradare il fumus persecutionis. In assenza di questi elementari dati, permane denso e puzzolente il fumus di un voto contrario non soltanto nei confronti della maggioranza della Commissione, ma dei magistrati inquirenti. A nessuno sembra venuto in mente di fare i necessari controlli concernenti gli accessi alle carte.

Lo stesso Parlamento, che non deve “passare” le carte della magistratura, dovrebbe, invece, passare sempre e tacendo le carte del governo. La coscienza deve valere soltanto quando fa comodo ai potenti. Non dovrebbe essere invocata ad esempio in materia di riforme elettorali e costituzionali. Qui le carte le dà il governo che richiama bruscamente il Parlamento a passarle senza fiatare e senza emendare gli strafalcioni. Eppure, non è soltanto quando si vota su persone che è opportuno fare appello alla coscienza magari potenziata da qualche appropriata conoscenza. E’ ancora più giusto farlo quando si discute delle regole elettorali e costituzionali che attengono ai rapporti delicati e complessi che si instaurano fra elettori ed eletti, fra istituzioni, fra governo e parlamento, fra rappresentanza e responsabilità. Sono mesi, invece, che il capo del governo e alcuni suoi ineffabili ministri e collaboratori, non lasciano nessuno spazio alla coscienza dei loro parlamentari. Anzi, comminano reprimende e minacciano sanzioni, salvo poi già pensare a riformare per manifesti guai la legge elettorale approvata a maggio e non sapere quali pesci prendere e quali pesci lasciare andare per una riforma decente del Senato.

Inutile appellarsi alla coscienza dei governanti non nutrita da conoscenze che non hanno, ma almeno si noti l’incoerenza fra carte che non debbono essere passate e carte che dovrebbero essere approvate senza critiche e senza leggere altre, migliori, carte. L’unico conforto viene dalla consapevolezza che il governo va avanti, non si lascerà fermare, ha fretta, cercherà di trovare altri slogan. Il governo non è un passacarte, ma è proprio colui che fabbrica e dà le carte. Qualche volta fa anche carte false.

Gianfranco Pasquino

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