Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Piero Barucci a FQ: “Giovani puntate sulla mobilità per esprimere i vostri talenti”

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Per Piero Barucci, ex (Ministro del Tesoro, Presidente dell’Abi, del Monte dei Paschi di Siena, di Banca Leonardo, amministratore delegato del Credito Italiano, Consigliere di amministrazione di Mediobanca, Commissario dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), coloro che hanno fiuto per il transeunte e, quindi, per le evoluzioni del futuro sono i giornalisti: “Certo non l’ha la politica; ma voi giornalisti siete in grado di predire chi farà notizia domani; ovvero chi ascenderà e chi colerà a picco. A noi manager, abituati ad agire sul lungo periodo, sfuggono le evoluzioni immediate”. Siamo, allora, secondo la sua visione, degli indovini del domani, ma non del dopodomani.

Una sana saggezza popolare, la sua, da fiorentino da parte di madre, innervato di sangue di senese rosé, visto che il padre non era proprio della ‘nemica’ Siena, bensì del contado senese, ovvero di Panzano. “Ma per loro non contavano queste inimicizie storiche. Erano gente semplice, lavoratori; manco sapevano di ciò di cui stiamo parlando. Lavoravano perché io studiassi; ho studiato sempre a Firenze, salvo nell’anno del passaggio del fronte, fra il ’43 ed il ’44. Mi fecero sfollare a Castellina in Chianti per cui non feci la quinta elementare. Tornato a Firenze, proseguii, frequentando il Geometra e poi la facoltà di Economia, che era l’unica a cui potessi iscrivermi col mio diploma”.

Dunque, economista per caso?

Piero Barucci

Piero Barucci

Certo, la stessa sorte che è toccata all’ex Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio e a Pierangelo Garegnani, il grande allievo di Piero Sraffa, famoso docente non solo in Italia, ma anche di Cambridge e New York.

E a 16 anni come vedeva il suo futuro?

Erano gli anni della vita in cui il futuro ti appare oscuro, impenetrabile, con qualche speranza in positivo. Certo ero giovanetto e qualche timore c’era, ma nulla di preoccupante: chi a quell’età si nutre nel pessimismo forse ha un approccio esistenziale patologico.

E quale consiglio darebbe ai giovani di oggi, come devono guardare al proprio, di futuro?

Tutti tendono a vedere nel futuro le migliori prospettive; si rifiutano di mettere in conto le difficoltà. Io vedo, però, che ci attendono tempi complicati, anche se, ricordando com’è andato il secolo precedente, in cui si sono concentrate due guerre mondiali, appare difficile fare di peggio. Consigli ai giovani? I nostri consigli per loro non valgono nulla… però, se un giovane è bravo, determinato ed ha fiducia in sé stesso, perché non dovrebbe riuscire, fare carriera? C’è gente che ha trasformato un’ideuzza in denaro sonante, puntando su personalità e originalità.

I giovani devono imparare a portare le proprie competenze ovunque c’è richiesta. Ieri sera, una signora romana mi raccontava della brillante carriera di ballerina della figlia alla Juilliard Academy di New York. C’è una grande mobilità, per fortuna o sfortuna, non so. Ma sono fenomeni storico-sociali incontrovertibili e inarrestabili.

Lei è anche nel Consiglio di Amministrazione della Svimez ed è annoverato fra i meridionalisti. Che ne è del Mezzogiorno?

La lunga storia che ha accumulato questo Istituto, essendo stato fondato nel 1946, ha del miracoloso e bisogna portare gratitudine a chi l’ha condotta per acque perigliose in tutti questi anni. Anzi, bisogna chiedersi come abbia fatto a sopravvivere, specialmente dopo la chiusura dell’Intervento Straordinario. Fatalmente è cambiata, rispetto ai primordi ed è un bene che non sia più quella di una volta. E’ scomparso il Mezzogiorno di allora, registrandosi un’unificazione della lingua e degli stili di vita.

Malgrado tutte le strategie però la forbice di Pil fra Nord e Sud non s’è rinchiusa. Qualcosa non ha funzionato?

bandiera italiaNon c’è dubbio. Ho avuto difficoltà ad ammettere persino con me stesso che per il Sud una stagione si era chiusa e che la fiducia che avevo avuto nell’efficacia di certe misure non era fondata: la globalizzazione e l’avvento dell’area euro gli ponevano un serissimo problema di competitività rispetto ad altre regioni d’Europa; e ciò non solo per la permanenza dei fenomeni malavitosi e della corruzione. Eppure la Germania Est ce l’ha fatta. I problemi del Mezzogiorno discendono da una serie di ragioni. In termini complessivi, non riesce a esprimere la propria vitalità; poi, ci sono aree molto vivaci, come l’agricoltura di Trapani e Vittoria; molte piccole aziende della Puglia vanno bene.

Da serissimo uomo di economia e finanza, la vera popolarità l’ha conosciuta allorché fece, per un certo periodo, il commentatore a “Quelli che il Calcio”

L’immedesimazione nelle sorti della squadra del cuore è un fenomeno che ritroviamo ad ogni latitudine.  Il calcio si avvale di due importanti ingredienti: come la musica o l’arte ha un linguaggio universale – e non si offendano coloro che trovano eretico il mio accomunare il calcio con arte o musica, è un dato di fatto incontrovertibile – e si spera che ci sia meritocrazia in campo: un campione è un campione. Il secondo ingrediente sta nel fatto che riesce a esprimere una realtà locale grazie ad un’identità e a un senso di appartenenza. Virtualmente, nella squadra e nel tifo convergono tradizioni, cultura, folklore di un certo territorio.

A chi viene allo stadio a Firenze salta subito all’occhio che essi sono espressione della cultura e di un umorismo che è tipico del territorio. Supera le religioni, le razze, le epoche storiche. Un grande campione è un grande campione.

Lei è stato Ministro del Tesoro in un vero momento da graticola

Lo sono stato nei Governi Amato I e Ciampi, trovandomi a gestire una delicatissima svalutazione della lira, dopo che, negli anni ’80, ce n’erano state altre sei.  Avevamo margini stretti di svalutazione, concordati con Bruxelles e, quindi, camminavamo come acrobati sul filo. I tassi d’interesse erano arrivati al 17,50% sui Bot semestrali, ovvero più di 10 volte rispetto agli attuali tassi. Quando, con sforzo immane, riuscii a portare i tassi al 7 – 8%, la gente non apprezzò.
Ricordo a Firenze, una fila di signore che, incontrandomi, protestarono vivamente: loro, con un capitale di 100 milioni di lire, riuscivano a spuntare il 10% netto annuo, vivendoci bene.
Furono momenti difficili, ma mai darsi arie, mai credere di essere stati i più bravi.

Mi accompagna all’ascensore, con quell’attenzione che non s’incontra sovente. Lungo il corridoio mi confida: “Durante i 7 anni dell’Authority Garante della Concorrenza e del Mercato, avendo un ruolo di giudice, ero come se fossi chiuso in convento: nessun contatto esterno, nessuna intervista. Ora, trascorso un anno dacché la mia carica è terminata, mi guardo intorno”.
Più fiducia nel futuro di così.

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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