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Gianni Rodari

Pitti e compatti, bellezza e “fortezza” della prossima moda uomo

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pitti uomoIn Fortezza si cammina, e molto. In Fortezza da Basso, a Firenze, fuori le mura del comune forse più antico – di certo più famoso – d’Italia. In scena, fino a oggi, c’è stata la moda di Pitti Immagine, la manifestazione dedicata al fashion per l’uomo, che riempie gli spazi del complesso fiorentino per presentare il futuro dell’abbigliamento maschile. Centinaia di metri di stand, box, strutture, allestimenti per centinaia e centinaia di brand che dal 16 al 19 di giugno hanno esposto le prime linee, le novità, gli esperimenti e i capi iconici. Brunello Cucinelli, Cruciani, C.P. Company e i suoi primi 40 anni di attività – celebrati con la Goggle Jacket, proposta in una versione limited edition numerata – e ancora Eton, Antony Morato, Converse, Ash, Furla, Scotch&Soda e il suo giardino segreto dove ammirare le suggestioni delle nuove collezioni, Moschino, Tom’s che disegna e decora le tele delle scarpe sul momento. Tantissimi allestimenti declinati in tanti gusti diversi: salottini vintage, show-room ricostruiti, mercati dove trovare scarpe, stoffe o accessori nelle cassette di legno, come la frutta e la verdura. Osservare il trend dell’uomo della prossima stagione, che va sempre più discostandosi dall’immagine alternativa e un po’ hipster per avvicinarsi a quella più ricercata, vicina alla silhouette del gentiluomo – e riempire gli occhi, e le sacche, di cose e materiali, cercare di oltrepassare l’apparente bellezza, che può apparire effimera, e proiettarsi al di là della mera performance in cerca di una professionalità che troppo spesso si considera inutile.

Ma questo è un mestiere come tanti altri, fatto di ricerca, studio, contaminazione, alto artigianato, antiche maestranze. In fila ai tornelli d’ingresso altri professionisti: giornalisti, fotografi, buyer, addetti ai lavori, e non solo, con loro ospiti di varia natura e uomini e donne immagine che, all’interno del piccolo castello, sfilano senza sosta mostrando i look più eccentrici, curati, vintage, moderni, futuristici, avanguardistici, etnici.Non si dica più che le donne sono vanesie: perché ecco una serie ben curata di baffetti puntuti a strizzare l’occhio allo stile di Dalì; di contro le immagini di Marguerite Duras e de “L’Amante” rivivono in freschi completi di lino color avana coronati da cappelli coloniali e occhiali da sole tondi. Giovani gentleman dal sapore british si muovono in sciami di sfumature bluette e carta da zucchero. Solitarie figure, belle e dannate, si appoggiano su muretti, a leggere un catalogo, rispondere al telefono, salutare amici, con innata leggerezza e disinvoltura. La stessa disinvoltura con cui si aggirano nugoli di fotografi – blasonati e non – che immortalano ogni camminata, sorriso, battuta, conversazione e pausa. E in un attimo siamo tutti sui social, taggati, twittati, repostati, colti in questo fiume in piena che è Pitti Uomo. E poi fuori c’è Firenze.

Immagine dalla mostra "Tinctoria: la civiltà dei colori"

Immagine dalla mostra “Tinctoria: la civiltà dei colori”

Il sole di fine pomeriggio, il profumo (o l’odore?) dell’Arno fa compagnia agli eventi che accadono fuori dalle mura della fortezza e salutano il lungo giorno di una grande fiera italiana. Statiche e cocktail party in Dogana, feste sotto la loggia del Porcellino, esposizioni a Palazzo Vecchio. Qui – sul camminamento di ronda – Cariaggi ha allestito una mostra fuori dal comune (un ironico gioco di parole visto che poi il Palazzo ne sarebbe la sede), “Tinctoria: la civiltà dei colori”. È un viaggio nella storia del colore, realizzata con il patrocinio del Comune di Firenze, in collaborazione con l’Opificio delle Pietre Dure, e aperta fino al 3 luglio. Un percorso tracciato dall’azienda marchigiana, che dal 2007 si è concentrata esclusivamente sulla tintura dei filati di cashmere con elementi naturali. Partendo dal guado, la pianta da cui si estraeva il blu, Cariaggi si è perfezionata arrivando a rifornire produzioni e a fare del suo tratto originale un prodotto di nicchia senza paragoni. Filati animali e fibre vegetali nella filiera industriale, ed è subito successo. Come quello del laboratorio di restauro degli arazzi dell’Opificio, lì accanto, che da decenni lavora per restituire nuova vita alle storie tessute più di cinquecento anni fa. I volti si formano sotto lo sguardo rapito dei visitatori, sotto le volte della torre, sotto il cielo fresco di Firenze, in una sera di giugno.

Samantha Catini

L'Autore

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