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Pietro Barilla

Renzi tenta il gioco d’anticipo, ma è già in debito d’ossigeno

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La politica italiana prova a giocare d’anticipo. È oggi infatti, con il consiglio dei ministri dal quale Matteo Renzi intende far partire il cronometro dei “mille giorni”, che inizia ufficialmente la nuova stagione del governo. Sul tavolo misure importanti come il decreto Sblocca Italia e le bozze di riforma della scuola e della giustizia: dossier significativi che servono da “assist” all’altro “tempo” della partita che si giocherà sabato, quando il premier sarà al Consiglio europeo per discutere di nomine e cercherà di rimodulare il regime dell’austerità. Una prima giornata decisamente impegnativa per lui e per tutti i protagonisti in campo: in palio c’è un’intera stagione di rilancio, nonostante gli indicatori economici (ultimo in ordine cronologico quelli dell’Ocse) registrino il Paese in recessione. Per cercare di vincerla Renzi sembra aver messo in campo una squadra con molte conferme, alcuni nuovi innesti e qualche cessione eccellente.

Con Draghi dopo l’adieu di Hollande

Flessibilità in cambio di riforme. È qui che si gioca il primo, e più delicato, match per il governo italiano e non solo, dato che si tratta di ingaggiarlo con Mario Draghi, governatore della Bce, in cerca di sostegno per la sua politica espansiva. Infranto il sogno di un asse Roma-Parigi (quello che avrebbe dovuto piegare Angela Merkel), con la “rottamazione” della sinistra del Partito socialista voluta da Hollande e dal premier Valls in nome della normalizzazione al ministero dell’Economia, le speranze di Renzi che l’Ue cambi verso sembrerebbero doversi sintonizzare con le richieste del capo della Bce. Un rapporto — al netto delle invettive del premier italiano contro la Troika — che si è intensificato nell’ultimo mese e che si reggerebbe su alcun impegni richiesti da Draghi a Renzi: spinta riformista (ossia spending review e lavoro) uguale più flessibilità (all’interno dei trattati) e quindi politica espansiva.

Landini, sempre più “diversamente renziano”, stoppa l’autunno caldo

Tagli e lavoro chiede l’Ue: ossia razionalizzazione e ulteriore flessibilità. Materiale potenzialmente esplosivo nel momento in cui si vocifera di ritocchi alle pensioni e all’articolo 18 (e allo Statuto dei lavoratori). E in effetti da diversi comparti della triplice sindacale arrivano già minacce di agitazioni. A gettare acqua sul fuoco, però, è arrivato Maurizio Landini, leader della Fiom: non solo ha aperto sugli 80 euro («Adesso sono da estendere a tutti») e abbassato gli scudi sull’articolo 18 («Tutela una parte minima di lavoratori»), ma ha annunciato che a ottobre manifesterà sì ma non contro Renzi bensì «per sostenere le nostre proposte sul lavoro, su come difendere i diritti, su come promuovere gli investimenti». Per il sindacalista, insomma, l’interlocuzione, che tanto fa arrabbiare la Cgil, con Renzi, che tanto ama dividere il campo degli avversari, continua. Per Raffaele Bonanni, segretario della Cisl, trattasi addirittura di «un feeling tutto di natura politica».

Berlusconi sogna un Nazareno sull’economia

Se le minacce di autunno caldo non arrivano dalla sinistra-sinistra nemmeno dal centrodestra, eccezion fatta per lo “sciopero fiscale” minacciato a novembre da Matteo Salvini, sembrano tuonare i tamburi di guerra. Nonostante le invettive di Renato Brunetta e i tentativi di smarcamento di Raffaele Fitto, il lungo silenzio di Silvio Berlusconi, con tanto di invito ai suoi a non mordere il governo alle caviglie, ha un significato: vediamo che cosa ha intenzione di fare Matteo. Anzi, proprio in questi giorni sui giornali vicini all’ex Cavaliere sono comparsi consigli (non richiesti): addirittura una sorta di “piano”, tra cui alcune idee confluite nel libro di Daniele Capezzone, con cui Berlusconi intenderebbe approntare un eventuale “Nazareno dell’economia”. Si sa, del resto, che le pressioni verso il Cavaliere provengono fin dal cerchio più stretto: quello che ha a cuore le sorti delle aziende di famiglia e che gli ha fatto capire quanto sia importante il prosieguo dell’esperienza di governo.

Tutti in campo con Matteo?

Insomma, a quanto pare Renzi può giocare l’inizio del “campionato” con una sorta di pax siglata con diversi attori che sulla carta dovrebbero essere avversari. Tutti in campo con Renzi quindi? Non è proprio così. Lo stesso premier se n’è lamentato: «Bisogna togliere il Paese dalle mani dei soliti noti». Tradotto: i poteri in questione — secondo i renziani — sarebbero il Corriere, la Confindustria di Giorgio Squinzi, la Cgil di Susanna Camusso e le burocrazie ministeriali che ostacolano la formazione delle leggi. Ma anche dentro il Pd, nonostante la “sconfitta” subita dalla fronda al Senato, una porzione di dissidenti permane. Se il grosso dei “giovani turchi” — il ministro Orlando, il presidente del Pd Orfini — ha sposato obtorto collo la causa del premier, c’è chi non ha accettato quello che Ilvo Diamanti chiama il “PdR” (il Partito di Renzi, ndr). Uno di questi, si sa, è Gianni Cuperlo. Altri sono i civatiani, i senatori “della Costituzione” Tocci, Chiti, Mineo, Casson che da tempo sostengono la necessità di un asse con una parte dei Cinque Stelle e con Sel.

Le “cessioni”

Nella squadra di Renzi la mobilità non poteva che essere anche in uscita, verso altri incarichi, venduti come “promozioni”. A farne le spese sono spesso uomini che, almeno per un momento, gli sono stati vicino. Il caso emblematico è quello di Graziano Delrio, ex vicinissimo al premier, che secondo molti è candidato a pagare la sincerità con la quale ha ammesso che la misura sugli 80 euro «avrebbe dovuto avere più effetto». Come lui anche Carlo Cottarelli, “mister” spending review e Giuliano Poletti, il ministro che aveva ventilato il prelievo sulle pensioni.

Antonio Rapisarda

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