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Gianni Rodari

Lo stato sociale da spesa ad investimento con il welfare generativo

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welfare generativoIl tema del welfare, dello stato sociale, è all’attenzione della cronaca ormai da circa un trentennio. Perché la bilancia non funziona più. Già il numero delle persone che non sono più in età lavorativa e quello degli attivi presenta alcune criticità, generando uno squilibrio finanziario a livello delle casse della previdenza sociale di cui già da tempo si è dovuto cominciare a tenere conto. Ma nel welfare confluiscono molte cose, gli assegni di pensione sono solo una di esse. C’è poi l’assistenza sociale, quella sanitaria e per malattia sul lavoro, le indennità di disoccupazione e le spese per la pubblica istruzione. Tutta spesa infruttifera, in molti casi, in cui lo Stato si limita a raccogliere risorse per ridistribuirle. In un paradigma diverso potremmo invece immaginarci una spesa sociale che diventa investimento, in grado cioè di generare con le risorse spese altre risorse che possano andare a vantaggio della collettività. Sono queste le tematiche su cui da alcuni anni è attiva la Fondazione Zancan di Padova.


Questa Fondazione edita annualmente un Rapporto sulla lotta alla povertà nel nostro paese. Il rapporto analizza gli interventi e le politiche di contrasto alla povertà, per definire meglio utilità, effetti, costi, benefici e sprechi. In uno degli ultimi rapporti viene così spiegato l’approccio al tema del welfare generativo: “La crisi, con le sue pesanti ricadute sociali, obbliga a un ripensamento e a un salto di qualità della lotta alla povertà, in un sistema di welfare che deve diventare capace di rigenerare le proprie risorse, non solo e soltanto economiche ma anche e soprattutto umane. Un welfare generativo è capace di responsabilizzare e responsabilizzarsi, sulla base di un diverso incontro tra diritti e doveri, passando dalla logica del costo a quella dell’investimento e privilegiando l’efficacia e non la semplice assistenza. È la via per una nuova cittadinanza che fa del governo dei diritti e dei doveri un’opzione strategica e generativa che restituisce ai diritti sociali il loro ruolo di motore moltiplicativo delle capacità”.

Tutti gli indicatori relativi al costo dello stato sociale sono in crescita costante sia per i comuni, che per le province e le regioni. Figuriamoci per lo Stato. Stando così le cose nei prossimi anni non ci sarà da fare molto di più che affrontare questi dati in costante aumento. Perché le diseguaglianze tra ricchi e poveri continuano ad aumentare e la politica non può non porsi il problema di un gruppo di diritti economici e sociali di base da garantire davvero anche ai meno abbienti. È questa la prospettiva con cui la Fondaziona Zancan si è mossa anche con il suo ultimo Rapporto 2014, Edizioni Il Mulino, che ha un titolo molto significativo: “Welfare generativo: responsabilizzare, rendere, rigenerare”. La proposta di un welfare generativo passa per i tre punti che il titolo stesso del rapporto evidenzia: 1) la responsabilità, per cui ognuno deve sentirsi partecipe del bene comune; 2) la restituzione, secondo la logica evangelica della parabola dei talenti; 3) la rigenerazione per rendere la società “più coesa, più viva, più cosciente, più protagonista”. Oggi non è più sufficiente ‘raccogliere e redistribuire’, come nelle migliori ricette del welfare redistribuivo formulate dai teorici dell’inclusione sociale da Bismarck a Beveridge, occorre cambiare strategia, passando da un welfare redistributivo a un welfare generativo.

La crisi economica che stiamo attraversando ha pesanti ricadute sociali ed obbliga a un ripensamento e a un salto di qualità nella lotta alla povertà, in un sistema di welfare che deve diventare capace di rigenerare le proprie risorse, non solo e soltanto economiche ma anche e soprattutto umane. Nel rapporto si legge: “Un welfare generativo è capace di responsabilizzare e responsabilizzarsi, sulla base di un diverso incontro tra diritti e doveri, passando dalla logica del costo a quella dell’investimento e privilegiando l’efficacia e non la semplice assistenza. È la via per una nuova cittadinanza che fa del governo dei diritti e dei doveri un’opzione strategica e generativa che restituisce ai diritti sociali il loro ruolo di motore moltiplicativo delle capacità”. In questa dimensione vengono superate alcune componenti tipiche della semplice dimensione del rendimento economico per tentare di recuperare alcuni valori solennemente sanciti dalla nostra Costituzione Repubblicana. In particolare nel rapporto si fa riferimento al valore della solidarietà da esercitare a vari livelli (politico, economico e sociale), a quello delle responsabilità di ciascun individuo di contribuire alla realizzazione del ‘bene comune’ e a quello dell’uguaglianza che impone di riservare particolare attenzione agli ultimi.

In questa dimensione rigenerativa del welfare le R diventano cinque. (R)accogliere e (r)idistribuire, ma per (r)igenerare le risorse facendole (r)endere grazie alla (r)esponsabilizzazione legata ad un nuovo modello per concepire i diritti ed i doveri sociali. A grandi linee ci avviciniamo a quello che è il ‘terzo settore’, quello della economia civile e della mutualità sociale. Una dimensione in cui tutte le prestazioni vengono erogate nell’ottica di garantire un minimo rendimento ‘collettivo’ da ognuna di esse e ciò affinché il costo sostenuto dalla collettività possa produrre effetti ridistribuiti su una cerchia di persone più ampia rispetto al singolo beneficiario dell’intervento. Nel rapporto si sottolinea infatti che la condizione necessaria è muovere «dalla logica del costo a quella del rendimento», passare dall’enfasi sul valore consumato a quella sul valore generato. Significa superare “l’amministrazione senza rendimento”, con soluzioni capaci di trasformare le risorse a disposizione in strumenti a vantaggio di tutti. È una sfida che sollecita le forze politiche, quelle sindacali, imprenditoriali, culturali, della ricerca e del non profit a interrogarsi sulle modalità di attuazione del welfare generativo.

Su questi temi sono in corso vari dibattiti, perché se in via di principio è chiara la strada da seguire, ancora ci si sta interrogando a livello locale e nazionale su come seguirla. Perché nello scenario welfare generativodel welfare generativo si prevede un incontro tra diritti e doveri, un passaggio dalle attuali forme “a riscossione individuale” a forme di intervento che possano comportare ricadute positive oltre il beneficio individuale. Allora la domanda chiave da porsi è la seguente: è possibile che a fronte di diritti individuali corrispondano, in capo agli stessi beneficiari, dei doveri di solidarietà e di socializzazione dei benefici singolarmente ottenuti? Il tentativo è quello di passare da una dimensione di diritti individuali a quella di diritti ‘a corrispettivo sociale’. Quello che la persona riceve dallo Stato è dato per aiutarla e per metterla in condizione di aiutare gli altri. Allora, in questa prospettiva per esempio, i lavoratori in cassa integrazione potrebbero restituire alla società delle attività per quanto ricevono dalle istituzioni pubbliche nei momenti di forzata inattività. Così vale per coloro che ricevono forme di sostegno al reddito e sono in buone condizioni di salute. Sul sito del progetto Welfare Generativo della Fondazione Canzian sono presenti anche altri esempi di applicazione in costante aggiornamento. Quanto proposto è sicuramente una sfida collettiva interessante. Ha il pregio di superare la dimensione ‘classica’ dell’egoismo individuale verso una coscienza di comunità sicuramente più ampia. E’ interessante, ma è anche un altro ‘futuro quotidiano’ possibile a cui prestare attenzione.

Marco Bennici

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