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Alan Kay

Storia di una distorsione. Immigrati in Italia meno di quanto immaginiamo. Le vere cifre

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Il 70% degli italiani è convinto che gli immigrati non-Ue “brutti, sporchi e cattivi”, che vivono nel nostro paese, che “ci tolgono il lavoro e rubano  ai nostri figli il cibo di bocca”, siano almeno il 25% del totale della popolazione. Non è così: sono solo il 7%. Noi li sovrastimiamo di oltre tre volte. Un fenomeno indagato dall’Istituto Cattaneo di Bologna, che ha preso in esame l’indice Nim elaborato dal Pew Research Center  e dedicato a misurare il grado di sentimento nazionalista, anti-immigrati e contrario alle minoranze religiose in 15 nazioni europe e messo a raffronto i dati dell’Eurobaromentro rispetto alla narrazione che tendiamo a fare del fenomeno migratorio.

Ne è venuto fuori un dato scioccante: siamo quelli in Europa siamo quelli che maggiormente soffrono di questa sorta di percezione distorta della realtà sociale. Un errore che è stato calcolato pari al + 17, 4. Al secondo posto nella classfica degli abbagli, dopo l’Italia c’è  il Portogallo (+14,6 punti percentuali). Poi la Spagna (+14,4 p.p.) e il Regno Unito (+12,8 p.p.). Al contrario, la differenza tra la percentuale di immigrati ‘reali’ e ‘percepiti’ è minima nei paesi nordici (Svezia +0,3; Danimarca +2,2; Finlandia +2,6) e in alcuni paesi dell’Europa centro-orientale (Estonia – 1,1; Croazia +0,1).

 

Ma qual è la fonte di questa devastante distorsione, che ci fa immaginare un’emergenza molto meno drammatica di quella che immaginiamo?

L’Istituto Cattaneo sottolinea come il tema immigrazione sia stato centrale nella scorsa campagna elettorale che ha portato alla formazione del governo Lega-Movimento 5 Stelle e come la distorsione di percezione sia riconducibile anche all’opinione pubblica: “I dati a disposizione – si legge nel rapporto – sono spesso frammentari e talvolta presentati in maniera ‘partigiana‘, stiracchiandoli da una parte o dall’altra in base agli interessi dei partiti. Il che contribuisce spesso a proiettare un’immagine distorta della realtà del fenomeno migratorio in Italia, dove le percezioni contano più dei dati concreti”.

 

 

 

L’indice Nim (ovvero l’Indice di nazionalismo vedi fig. 3), si legge nel rapporto,  è messo in relazione con  l’errore di percezione tra gli immigrati “reali” e quelli “percepiti” dagli intervistati in tutti i paesi per i quali erano disponibili entrambi i dati. Come si può notare, esiste una relazione positiva tral’errata percezione del fenomeno migratorio e l’atteggiamento verso l’immigrazione. Cioè: all’aumentare dell’ostilità verso gli immigrati, aumenta anche l’errore nella valutazione sulla presenza di immigrati nel proprio paese. Come in precedenza, l’Italia si conferma su entrambi i fronti il paese collocato nella posizione più “estrema” , caratterizzata dal maggior livello di ostilità verso l’immigrazione e le minoranze religiose.
Naturalmente, da questa correlazione non è possibile stabilire nessun nesso di tipo causa effetto.
Nel senso che l’atteggiamento fortemente negativo verso l’immigrazione potrebbe essere la causa di una sovrastima degli immigrati presenti nella società così come potrebbe esserne la conseguenza (chi ritiene che gli immigrati siano “troppi” potrebbe essere indotto a maturare un sentimento di ostilità verso gli stessi immigrati). Ad ogni modo, è chiaro che la questione della “errore percettivo” in riferimento al fenomeno migratorio non deriva soltanto da un problema di poca o scarsa informazione, bensì da diverse “visioni” del mondo che inevitabilmente ne
condizionano l’osservazione.

Lo studio rileva anche che lo scarto tra la percentuale di immigrati presenti in Italia e quella percepita dagli intervistati è maggiore tra chi si definisce di centrodestra o di destra. In quest’ultimo caso, la percezione è del 32,4%, superiore di oltre sette punti rispetto alla media nazionale. All’opposto, tra chi si definisce di sinistra, centrosinistra o di centro la differenza tra il dato reale e quello stimato si riduce notevolmente. Ad esempio, per gli intervistati di sinistra gli immigrati presenti in Italia sono “solo” il 18,5%, rispetto a una media nazionale che li stima attorno al 25%. Non solo. Oltre a questo fattore “politico” in grado di spiegare, almeno in parte, la distanza tra realtà e percezione, va tenuto conto anche del livello di informazioni posseduto dai cittadini. Dai dati emerge che il valore  della stima di immigrati presenti in Italia varia in base al titolo di studio degli intervistati. Per chi non è andato oltre la scuola dell’obbligo nel suo percorso di istruzione, l’immigrazione per cepita in Italia supera il 28%, mentre tra i laureati la stima si riduce di oltre 10 punti percentuali, attestandosi al 17,9% .  L’istruzione e, tramite essa, la predisposizione a una maggiore informazione politica sembrano dunque in grado di limitare l’errore percettivo dei cittadini italiani sulla questione dell’immigrazione.

Un altro fattore in grado di spiegare i diversi livelli nella percezione del fenomeno migratorio in Italia riguarda la sfera professionale dei cittadini. In particolare, sono i lavoratori manuali o a bassa qualifica quelli che considerano maggiormente a rischio la loro occupazione e che, quindi, possonoavvertire come una minaccia la presenza o l’arrivo di persone straniere. Al contrario, i lavoratoriche svolgono mansioni altamente q

ualificate non vedono necessariamente messo in pericolo il proprio posto di lavoro dagli immigrati. Pertanto l’occupazione professionale degli intervistati potrebbe avere un effetto sui loro orientamenti nei confronti dell’immigrazione. Dai dati riportati nel dossier sembra effettivamente essere questo il caso: i lavoratori appartenenti alle classi medio alte tendono a sottostimare di circa 5 punti percentuali rispetto al valore medio nel
campione italiano (25%) la presenza di immigrati in Italia. Invece, tra chi ha una professione riconducibile alla classe operaia (specializzata e non-
specializzata) la percentuale di immigrati tende ad essere ulteriormente sovrastimata , superando il 28%.

Se passiamo a osservare la stima sulla presenza di immigrati in Italia in base alle zone geografiche di appartenenza degli intervistati, si può notare una differenza piuttosto netta tra i residenti al nord e quelli al centro sud. Sia a est che a ovest, gli intervistati del nord Italia stimano un livello di immigrazione di circa il 20%, mentre nelle altre zone la percentuale di immigrati è indicata, in media, attorno al 26% , con uno scarto di 6 punti percentuali tra nord e sud.Questo dato è particolarmente significativo perché contrasta completamente con la realtà della diffusione degli i

mmigrati nelle regioni/zone italiane. La distanza tra il dato reale e quello stimato è maggiore dove la presenza di immigrati è minore (al sud, inferiore al 5% della popolazione). Al contrario, lo scarto tra realtà e percezione è più contenuto nelle regioni del nord,dove la percentuale di immigrati –corrispondente a circa il 10% della popolazione-è tendenzialmente più elevata.
Sempre per quanto riguarda la geografia della percezione dell’immigrazione in Italia, emerge chiaramente dal rapporto, la percezione sulla diffusione dell’immigrazione è maggiore nelle grandi città rispetto ai piccoli comuni o alle aree rurali: nelle prima la stima raggiunge quasi il 31%, mentre nei secondi si ferma al 21,9%. Questo dato, tra l’altro, sembra essere in linea con la realtà dell’immigrazione italiana, maggiormente concentrata elle grandi metropoli e tendenzialmente più diluita nei piccoli paesi lontani dai centri urbani.
Lo studio si sofferma anche su tre specifiche questioni: 1) il rapporto tra immigrati e criminalità; 2) l’ipotesi che gli immigrati riducano le possibilità occupazionali degli italiani; 3) il peso o il contributo degli immigrati sulla sostenibilità del welfare nazionale.
Su tutte le tre questioni, l’opinione degli italiani è decisamente più negativa nei confronti dell’immigrazione e dei loro eventuali benefici per l’economia o la società.
Rispetto a una media europea del 57%, gli intervistati italiani che ritengono che gli immigrati peggiorino la situazione della criminalità rappresentano il 74% dell’intero campione, con una differenza di 17 punti percentuali. Allo stesso modo, gli italiani che pensano che una maggiore immigrazione comporti una riduzione dell’occupazione per i residenti in Italia corrispondo al 58% sul totale, mentre la media europea si ferma al di sotto del 41% (con uno scarto sempre di 17 punti percentuali).
Infine, osserva il rapporto: le differenze tra gli atteggiamenti degli italiani e quelli europei sono più sfumate quando si tratta di valutare il contributo – positivo o negativo – dell’immigrazione per il welfare state. In Italia, la percentuale di chi pensa che gli immigrati siano un peso per lo stato sociale è pari al 62%, mentre tra i cittadini europei questa percentuale è inferiore solo di 3 punti percentuali (59%).

Analisi-Istituto-Cattaneo-Immigrazione-realtà-e-percezione-agosto-2018-1

 

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