Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Storia di una liberazione. A Roma la personale di Hadeel Azeez

0

Un dolore che non è sommesso ma è forte e travolgente. La perdita che si nutre di sofferte nostalgie e acuta pena. La memoria che affiora dalla rimozione e si scontra con la vita che segue  inesorabile il suo corso. Le opere di Hadeel Azeez sono travolgenti come sommessi uragani, sorprendono e sconvolgono. Indicano una strada, difficile, ripida, scoscesa, in fondo alla quale si può scoprire la bellezza, come un momento fatto di pura materia, puro colore, ipotesi perduta di un sogno, smarrimento, mai come perfezione mercificata di linee composte.

Hadeel Azeez viene dal cuore antico e pulsante di Baghdad. Porta dentro di sé la voce dei due fiumi, i colori del cielo mediorientale, l’odore dei giardini, il suono e la forma delle parole, la memoria riflessa delle ferite che guerre inutili hanno inferto alla sua terra. Ma non c’è manierismo, né accademia, né retorica, né intento di facile strumentalizzazione orientalistica nei suoi aspri ritratti femminili ad olio e acrilico, nell’espressività figurata dei sensi, nelle stupende sculture a grandezza naturale, nelle maschere di gesso e vetro, nei disegni a biro, che sono afoni frammenti che urlano e raccontano brevi e indecifrabili segreti dell’anima. Hadeel Azeez sperimenta incessantemente, in una dialettica inarrestabile, che a volta si trasforma in una vera e propria lotta, tra la stessa fisicità dei materiali che usa e la sua aspirazione creativa…fino alla scintilla. Non a caso “Storia di una liberazione” è il titolo della mostra a cura di Domenico Giglio che si tiene dal 6 al 24 maggio nella galleria Horti Laviani, Bettivò Arte Contemporanea, a Roma in via Giolitti 163. Liberazione dagli schemi, dai modelli della cultura di origine, liberazioni dalle tentazioni facili dell’arte occidentale, liberazione del corpo femminile, liberazione come percorso iniziatico interiore, costruzione di un nuovo sé oltre il proprio sé, appunto nella scintilla della creazione artistica

…Come quella che accende e rende vivi le due figure speculari che compongono l’opera  Reflection and Retroreflection . Due sculture – una in vetroresina e specchi, anima di rete metallica, 66X 86 X76,  l’altra in legno e tessuto di cotone, colori acrilici, stessa struttura, 86 x 63 x 90-  che sono una sfida all’iconoclastia islamica alla quale paradossalmente si ispirano: la moschea sciita di epoca abbaside di Al-Kadhimiyn che si trova a Baghdad, all’ Imam Musa al-Kadhim e a suo nipote Muhammad al-Jawad ibn Ali al-Ridha, che vi sono sepolti. E’ famosa per le sue cupole scintillanti, rivestite all’interno di tasselli di specchio che riflettono le decorazioni blu cobalto, bianco e ora e gli arabeschi coranici. Uno spettacolo di luci. Racconta l’artista: “Da piccola mi divertiva a guardare come i tasselli frammentassero i visi e i corpi dei visitatori e i movimenti di coloro che pregavano mi hanno suggerito la posizione delle due sculture, accovacciate in riflessione interiore, da cui viene il Reflection appunto. Quanto a Retroreflection invece, l’altra parte del titolo, fa riferimento al fenomeno dei raggi che si riflettono in parallelo ai raggi incidenti. Per me simbolo del raggiungimento della consapevolezza della coscienza. Riflettere e far riflettere, l’azione nell’azione (circolare ed infinito)”. Ma anche memoria – memorie- nella rimozione cosciente. Memoria che si traduce in impatto estetico anche attraverso i versi che letteralmente fasciano una delle due sculture. Versi che di Nizar Quebbani, raffinato aedo dell’amore e della libertà delle donne.

Nello stesso solco creativo si inseriscono le 6 maschere di varie dimensioni ironicamente intitolate Identità preservate (2011); Lo splendido mostro (2012), dove i mosaici a specchio e le bende di cotone sono sostituite da foto tessera di persone e personalità celebri, a significare che siamo squame sulla pelle di dio, tutti uguali nella nostra diversità;  Revival of the spirit (2012), di cartapesta, legno, spago, fili di Mohair e seta sintetica, costruito nelle dimensioni ideali dell’essere umano, catalizzatore di energie, angelo del suo inconscio, spogliato della sua pelle e della sua storia, per tornare alle origini; Il pugno di una rivoluzione frammentata (2011) scultura in legno frammenti di specchio e fili d’argento; La rivoluzione delle rose (2012), 30 maschere in gesso, smalto, tessuto e colori per tessuti 30 maschere di varie dimensioni (cm16 x 22 x 9) dedicate alla Primavera araba, ai sogni dei giovani…rappresentati dai petali di rosa sugli occhi, sogni che una parte li hanno spinti a pretendere il cambiamento ma che dall’altra hanno impedito loro di vedere la realtà fino in fondo;  Nel cuore di Aladino (2013), un tappeto di rete metallica, carta pesta, lana, spago e colori di acrilico ( 100×120) che  “nasce –come spiega l’artista- dal dolore nel vedere la società irachena degradarsi culturalmente come conseguenza della guerra subita”: il riferimento è al capolavoro della letteratura araba del X secolo “Le mille e una notte”. Nell’opera di Hadeel Azeez, Aladino é stato colpito da un missile che l’ha ucciso e il suo  sangue gocciola dal tappeto, il magico strumento che aveva il poteri di trasportarlo da un posto all’altro.

 

Poi gli oli su tela, che narrano storie universali ma intime attraverso singoli dettagli: l’occhio che guarda oltre e penetra l’anima, protagonista di La geometria dello spirito (2016) ma anche, in chiave meno astratta,  di altri due interessanti dipinti, uno  del 2011 dal titolo Nel profondo e l’altro, un maestoso autoritratto, dal titolo Così ho dipinto la mia vita del 2010.

E ancora le braccia femminili rugose e vecchie che si aggrappano Alla porta dei desideri (2013);e la bocca ora delicatamente socchiusa come  nell’opera Un ultimo abbraccio del 2009, ora invece spalancata in un urlo denso di parole come nella tela del 2010 che dà il nome alla mostra. I lobi adorni di orecchini e di rumore, i volti di donna, i corpi che si disvelano…

E la voglia di trovare una nuova dimensione creativa, che si esprime attraverso le linee ossessive, reiterate e labirintiche dei disegni a biro dell’ultimo periodo.

Scheda

Artista, interprete e docente di lingua araba, Hadeel Azeez nasce a Baghdad – Iraq nel 1981 da padre iracheno e madre iraniana. Dopo aver frequentato l’Accademia di Belle Arti specializzandosi in pittura, si trasferisce in Italia nel 2003, poco prima dello scoppio della guerra in Iraq. Giunta in Italia, partecipa a  varie mostre collettive e personali. Tra il 2007 e il 2009, vive a Londra, dove viene intervistata dal periodico d’arte contemporanea “Rooms” che dedica  ampio spazio alla sua opera Se avessi saputo la fine non avrei iniziato. Tornata in Italia, esegue importanti lavori destinati a diventare il fulcro della sua riflessione artistica.

Numerose le  mostre personali e quelle collettive alle quali prende parte in varie città italiane: Bari, Lecce, Orvieto, Roma, Siracusa, Ancona e Napoli, dove nel 2012 è protagonista all’Università degli studi Suor Orsola Benincasa – che conserva una sua tela, La luna – dell’evento Transiti, dedicato alla sua produzione artistica. Nello stesso periodo, partecipa alla collettiva Le ceneri della Fenice  a Castel dell’Ovo. Nel maggio 2013 l’Ambasciata delle Repubblica dell’Iraq – che custodisce la sua opera Un Saluto Alla Patria – ospita la mostra personale,  Sensi.  Tra le varie iniziative, che la vedono protagonista,  La Mente ArtisticaTeatro i Dioscuri al Quirinale, Roma.  Nel 2014 negli spazi dedicati all’arte la manifestazione lungo il Tevere ospita la mostra personale Dal Tigri Al Tevere. Nello stesso anno realizza l’opera Fuggiasco Dalla Mia Casa Alla Mia Casa Site specific al MAAM – museo dell’altro e dell’altrove. Successivamente partecipa a varie esposizioni collettive nella capitale.

Le sue creazioni e installazioni sono spesso corredate da un ampio materiale frutto di un’approfondita ricerca sul lessico, sulla storia e sulla letteratura antica e contemporanea della Mezzaluna Fertile. Intensa la sua attività di mediazione volta a promuovere il dialogo interculturale tra il mondo arabo e quello occidentale, attraverso la collaborazione a importanti progetti culturali come quelli messi in campo dall’associazione Salam Baghdad, Artisti Contro la Guerra.  Ha tradotto vari testi, anche canori, ha collaborato alla traduzione di importanti documentari tra cui Il cielo sopra Baghdad e  alla sottotitolazione di una serie di audiovisivi del ciclo I sogni dei Bambini. E’ impegnata anche alla divulgazione e all’insegnamento individuale della lingua araba a vari livelli. I suoi corsi sono frequentati anche da giornalisti e operatori della comunicazione. Dal 2017 ha ricoperto l’incarico di docente di lingua araba al Master di Lingue e Culture Orientali (MiLCO) – Università IULM.

L'Autore

Lascia un commento