Ecco qual è il problema del futuro:
quando lo guardi cambia perché lo hai guardato.

Lee Tamahori

TUNISIA AL VOTO? SOLO UN QUARTO CE LA FA (IN ITALIA)

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Lavorare per la dignità, l’uguaglianza e la libertà. Sono questi gli obiettivi su cui puntare per dare una nuova linfa vitale a quello che viene definito, da chi lì è nato e cresciuto, ma anche da chi da quello stesso posto è dovuto scappare, il “Paese portatore di speranza”, la Tunisia. Diritti che vengono spesso negati non solo a chi si trova nel territorio, ma anche chi quella terra l’ha lasciata per cercare altrove la propria fortuna. A proposito delle elezioni parlamentare che si terranno il prossimo 26 ottobre, è scandaloso pensare come solo una piccola parte, 54 mila circa su 258 mila abitanti in Italia, possa esercitare il proprio diritto al voto per colpa di una legge elettorale tunisina che punisce proprio le persone che dovrebbe tutelare, i propri cittadini. E’ quanto è emerso, tra tanti interessanti aspetti affrontati, nel corso di una tavola rotonda che si è tenuta ieri a Roma, nella sede della Stampa estera, un’occasione per fare chiarezza su diversi punti chiave che interessano lo Stato africano: dalle scelte economiche alle prospettive per gli investitori stranieri, dal futuro che si prospetta per il sistema politico, passando poi ai temi della cooperazione anti-terrorismo dopo le elezioni, ai diritti della donna e dei diritti umani in generale nei confronti di un’eventuale islamizzazione del territorio. E accanto alle personalità che hanno preso parte al convegno, tra cui l’onorevole Khaled Chaouki, parlamentare del Pd e Samir Al Qaryouti, giornalista e rappresentante Apema in Italia, si è fatta sentire una voce tutta al femminile, quella di Leila Hidri, l’attivista tunisina candidata alle elezioni parlamentari per l’Italia che si terranno il prossimo 26 ottobre. La voce di una donna e di una madre che come molti ha lasciato il suo Paese ma che, come ha spiegato a FUTURO QUOTIDIANO, ora è in prima linea per difenderlo e per ridargli quella dignità che lei definisce come il bene primario da cui ripartire.

Si può definire oggi la Tunisia come un paese realmente libero?

leila hidri

leila hidri

Oggi la Tunisia è un paese libero anche se è sempre presente un forma diciamo ‘silente’ di dittatura che incombe sulla sua testa. Il pericolo più grosso è il possibile rientro nel Paese delle persone che hanno lavorato con Zine El-Abidine Ben Ali. Ecco perché diventa indispensabile lavorare e collaborare tutti insieme nella lotta contro il terrorismo.

Quali sono allora i valori da cui ripartire?

La Tunisia ha bisogno di dignità, di lavoro e di libertà. Oggi la libertà c’è ma manca la dignità, che poi è collegata al lavoro perché senza questo non si ha un bene così prezioso come la dignità umana. Bisogna ripartire dall’economia, perché è questa la base del lavoro. Investire per dare opportunità ai numerosissimi giovani di lavorare. E’ proprio questo che cerchiamo di fare noi di Unione patriottica libera, di cui sono candidata.

Qual è il vostro ruolo e su cosa puntate per rilanciare il “Paese portatore di speranza”?

Siamo un partito pragmatico e nazional democratico. Cerchiamo di dare una svolta alla Tunisia investendo sull’economia e lo facciamo utilizzando le nostre tasche, autofinanziandoci. Non chiediamo prestiti o finanziamenti perché noi vogliamo fermare l’aumento dei prezzi e più chiediamo all’estero più andremo a gravare sulla nostra popolazione. Solo così possiamo rilanciare un’economia forte. Vogliamo mettere una pietra sopra a tutti quei prezzi attuali che ci sono nel nostro territorio e ricominciare di nuovo. Iniziare anche smettendo di chiedere aiuti e saldando tutti i debiti che abbiamo contratto. Abbiamo oggi degli uomini tunisini che possono salvare e rilanciare il Paese.

Qual è il ruolo delle donne tunisine? Si può realmente parlare di libertà nei loro confronti?

La donne tunisine sono sempre state libere ma non sono realmente coinvolte nella vita politica del nostro Stato. Oggi molti partiti laici sfruttano queste presunte libertà a parole ma quando si arriva al sodo poi nessuno fa sì che diventino una componente attiva, membri reali del governo. In 33 liste troviamo solo due donne candidate ma non abbiamo ministri al femminile tutt’ora. Ci usano solo per avere più voti. La donna ha invece bisogno di essere parte attiva della società e di realizzare se stessa.

A proposito delle elezioni parlamentari che si terranno il prossimo 26 ottobre, è emersa una contraddizione che investe anche l’Italia. Solo una piccola parte dei tunisini residenti nel nostro Paese potranno votare. Ci spiega il perché?

Questa è una situazione che mi sta molto a cuore. E’ assurdo che il diritto al voto sia concesso solo a chi è iscritto nelle apposite liste elettorali che si trovano nelle sedi del paese residente.Un diritto così importante deve prevalere su tutto. In Italia poi ci sono solo 5 sedi dove è possibile iscriversi e questo per colpa della nostra legge elettorale. Ciò comporta che su circa 258 mila tunisini che si trovano qui, solo 54 mila sono iscritti e di conseguenza possono votare. Per questo ci saranno svariate rivolte il prossimo venerdì, alla vigilia delle elezioni che si terranno il 26 ottobre. Rivolte per chiedere ai nostri consolati di intervenire in tempi rapidi e per estendere a tutti i tunisini che si trovano l’Italia l’opportunità di esprimere il loro voto.Consolati però che per paura di quella che potrebbe essere la nostra reazione hanno ‘stranamente’ deciso di spostare in altre sedi i luoghi in cui poter votare.

Anita Zeipi

L'Autore

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