La gente ha sempre dichiarato di voler creare un futuro migliore.
Non è vero. Il futuro è un vuoto che non interessa nessuno.
L'unico motivo per cui la gente vuole essere padrona del futuro
è per cambiare il passato.

Milan Kundera

UN ANNO FA CHARLIE HEBDO. INIZIA COSI’ L’INCUBO TERRORISMO

0

Il nostro giornale “Futuro Quotidiano” fu protagonista dell’ampio dibattito che ne seguì e organizzò nella sua sede di via Sistina un incontro al quale demmo il titolo di “Dialogo del futuro”. Un contributo importante alla cultura della tolleranza, che è l’arma che tutti noi abbiamo a disposizione per combattere il cieco fanatismo frutto di povertà, degrado e ignoranza. Quella povertà, quel degrado e quella ignoranza che allignano nelle banlieue delle grandi città della nostra Europa e nel cuore del Medio e dell’Estremo Oriente e che sono bombe pronte a esplodere alla cieca in qualsiasi momento e a seminare devastazione, orrore e vittime innocenti. E delle quali forte è la responsabilità dell’Occidente.

 

charlie hebdo

 

Cinquanta ore di sangue e terrore un anno fa sconvolsero Parigi e il mondo intero, che ripiombò all’improvviso in un grande incubo dal quale non riesce a uscire. Un incubo targato Isis, culminato nelle stragi del 13 novembre, con la capitale francese ancora una volta finita nel mirino. Questa mattina il presidente Francois Hollande ha partecipato a tre sommesse cerimonie nei luoghi che in quel tragico inizio del 2015 furono scenario di morte e orrore: la redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, il marciapiede antistante e il supermarket kosher, dove ebbe luogo un altro massacro. Domenica, una grande manifestazione ricorderà le vittime di quell’atroce follia, che mobilitò l’intero pianeta all’insegna dello slogan “Je suis Charlie” a difesa della libertà di opinione e di stampa, che sembrava soprattutto essere stata colpita al cuore dalla furia del fanatismo islamico attraverso l’uccisione dei giornalisti e dei vignettisti della testata, colpevoli di aver pubblicato vignette fortemente irriverenti nei confronti della fede musulmana. Il nostro giornale “Futuro Quotidiano” fu protagonista dell’ampio dibattito che ne seguì e organizzò nella sua sede di via Sistina un incontro al quale demmo il titolo di “Dialogo del futuro”.

Vi partecipò un panel composto da giornalisti e da esponenti delle comunità religiose come il corrispondente di samir-al-qaryouti-lisa-palmieri-billig-e-yossi-bar-633351Liberation, Eric Jozsef, dal Presidente della Comunità Ebraica, Riccardo Pacifici, da Samir Al Qaryouti di France 24, Lisa Palmieri Billig del Vatican Insider, dall’inviato della radio nazionale israeliana Yossi Bar, dal direttore de La Croce, Mario Adinolfi e da don Raffaele Pettenuzzo. Un contributo importante alla cultura della tolleranza, che è l’arma che tutti noi abbiamo a disposizione per combattere il cieco fanatismo e che tutti noi dovremmo cercare di utilizzare ogni giorno consapevoli del fatto che la barbarie che ha preso il sopravvento è frutto di povertà, degrado e ignoranza. Quella povertà, quel degrado e quella ignoranza che allignano nelle banlieue delle grandi città della nostra Europa e nel cuore del Medio e dell’Estremo Oriente e che sono bombe pronte a esplodere alla cieca in qualsiasi momento e a seminare devastazione, orrore e vittime innocenti.

E delle quali forte è la responsabilità dell’Occidente, che ora paga in questo modo la propria arroganza colonialista, il suo modo scellerato di giocare a risiko nel mondo, la spietatezza con la quale ha perseguito e persegue la sua politica di sfruttamento delle risorse altrui, l’ipocrisia con cui ha accolto popoli che ha contribuito a mettere in fuga dalle proprie terre, provocando guerre e violenze, occupandole con la forza del denaro, insanguinandole con la vendita delle armi. Non si vuole giustificare l’Isis e il suo sogno di morte, tutt’altro. Ma è nostro dovere indagare le cause che ci hanno portato a questo punto di snodo. Non è una guerra di religione quella che è in corso, e questo va detto e sottolineato. Non è perché l’Occidente è cristiano che l’Islam jiadista lo punisce. Tutta questa violenza e questo odio non scaturiscono sicuramente da quel libro bellissimo chiamato “Corano”, nel quale a prevalere sono le parole d’amore e di pace. Ma sono nel dna della nostra storia. Una storia che ora dobbiamo geneticamente modificare. E non sarà facile. Ma ecco come tutto ebbe inizio, ecco la ricostruzione delle 50 ore di orrore e morte vissute dalla capitale francese un anno fa, dalla strage nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, alla caccia all’uomo, ai due blitz, 50 ore che si conclusero con un bilancio atroce di 20 morti.

7 gennaio 2015

ore 11,28: sul profilo twitter delle rivista Charlie Hebdo viene pubblicata una vignetta che raffigura Abu Bakr al Baghdadi, che augura a tutti “buona salute”. Nella redazione, che ha sede a Boulevard Richard Lenoir, intanto è in corso la consueta riunione.

ore 11,45: nella sede del magazine satirico entrano due uomini armati di fucili d’assalto e con il volto coperto e aprono il fuoco. E’ una carneficina

ore 11,57: trapelano le prime notizie

ore 12,46: scatta lo stato di massima allerta e comincia la caccia agli assalitori per le strade di Parigi

ore 12,54: il presidente francese Francois Hollande si reca sul luogo della strage e promette che gli autori saranno puniti

ore 12,59: viene pubblicato il primo tweet con l’hashtag #JeSuisCharlie. Da tutto il mondo partono messaggi di solidarietà

ore 14,30: cominciano a diffondersi le prime informazioni sulle vittime. Si parla di tre disegnatori e del direttore Stéphane Charbonnier, noto come Charb

ore 15,13: il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve afferma che ad essere coinvolti nell’attacco sono “tre criminali”. Il bilancio dell’assalto è di 12 morti

ore 23: blitz della polizia in un appartamento di Reims, a est di Parigi. Nessuna traccia dei killer.

8 gennaio

ore 2,40: trapela la notizia secondo la quale uno dei sospetti autori della strage, il 18enne Hamyd Mourad, si è consegnato alla polizia. Vengono diffuse le foto degli altri due, i fratelli Said e Chérif Kouachi.

ore 7,58: il primo ministro francese Manuel Valls annuncia che ci sono stati arresti nella notte e spiega che i due sospettati della strage erano noti ai servizi di sicurezza

ore 9, 45: viene diffusa la notizia di una seconda sparatoria tra le strade di Parigi: due persone, tra cui una poliziotta, restano gravemente ferite da un uomo che ha aperto il fuoco con un fucile automatico a Montrouge, periferia sud della capitale. L’agente di polizia muore poco dopo.

ore 11,25: i due presunti terroristi ricercati vengono avvistati in una stazione di servizio nel nord della Francia

ore 14,32: bandiere jihadiste e bombe molotov vengono trovate in un’auto abbandonata dagli assalitori.

ore 14,50: per la prima volta le autorità francesi parlano di attacco terroristico in riferimento alla notizia dell’uccisione della poliziotta a Montrouge.ore 16 e 30: la massima allerta viene estesa a nord di Parigi, dove erano stati visti i sospetti. Le ricerche continuano

ore 21: vengono circondati i boschi nella Foret de Retz, poco più di 50 chilometri da Parigi

9 gennaio

ore 9: viene data notizia di un inseguimento e di spari a nordest di Parigi

ore 9,45: il ministro dell’Interno francese Bernard Cazeneuve annuncia che è in corso un’operazione delle forze di sicurezza a Dammartin-en-Goele, a 50 chilometri dalla capitale

ore 9,50: trapelano notizie secondo le quali due persone sarebbero state prese in ostaggio nella sede dell’azienda Creation Tendance Decouverte building, in una zona industriale di Dammartin-en-Goele, vicino all’aeroporto Charles de Gaulle. Secondo la polizia ci sono forti probabilità che i sequestratori siano i fratelli Kouachi

ore 13,44: si spara a Porte de Vincennes, nella zona sud di Parigi

ore 14: la polizia francese conferma che il sequestratore che ha sparato a Porte de Vincennes, prendendo in ostaggio almeno cinque persone in un negozio kosher, è l’uomo ricercato in relazione alla sparatoria a Montrouge, in cui è stata uccisa una poliziotta.

ore 15.03: per l’attacco Montrouge, si dà la caccia a due killer e non a uno soltanto: Amedy Coulibaly, presunto responsabile della sparatoria e del sequestro di ostaggi a Port de Vincennes, e di una donna, Hayat Boumeddiene

ore 17: spari a Dammartin-en-Goele, accompagnati da forti esplosioni

ore 17,16: spari anche a Porte de Vincennes

ore 17,20: a Dammartin-en-Goele i due uomini ritenuti gli esecutori della strage alla sede di Charlie Hebdo vengono uccisi durante il blitz delle forze dell’ordine contro le quali avrebbero aperto il fuoco

ore 17,26: Le Monde diffonde la notizia dell’uccisione di Amedy Coulibaly, l’uomo asserragliato a Porte de Vincennes

ore 17,34: viene confermato che l’ostaggio dei fratelli Kouachi è libero, sano e salvo l’ostaggio

ore 18: la polizia annuncia che quattro degli ostaggi del supermercato di Porte de Vincennes sono morti. Si cerca la compagna di Amedy Coulibaly.

Il bilancio delle vittime è di 20 morti, compreso i killer.

charlie-hebdo-750x400-331x185I dodici morti a Charlie Hebdo: un addetto alla portineria, otto giornalisti, uno dei poliziotti assegnati alla protezione del direttore e un invitato alla riunione di redazione, che si trovavano all’interno, più un secondo poliziotto accorso appena dopo la sparatoria e colpito sul marciapiede di fronte all’edificio. Tra le vittime anche il direttore Stephane Charbonnier, che firma Charb le sue vignette, e i tre vignettisti Georges Wolinski, Cabu (Jean Cabut) e Tignous (Bernard Verlhac). L’agente rimasto ucciso era un musulmano: si chiamava Ahmed Merabet. Suo fratello Malek ha chiesto che non si risponda alla violenza con altra violenza. “Mio fratello era musulmano ed è stato ucciso da persone che dicono di essere musulmane. Ma sono terroristi, niente di più”. Le quattro vittime uccise nel supermarket kosher di Porte de Vincennes sono ebree e saranno sepolte in Israele.

A un anno dalla strage, il settimanale ha voluto ricordare il tragico evento con un numero speciale in bianco e nero con la sola eccezione del sangue in rosso. In copertina l’immagine di un dio con un Kalashnikov in spalla e sotto il titolo: ‘Un anno dopo – L’assassino ancora in fuga’. Ed è stata subito polemica. E’ insorta la Chiesa ed è insorta la Comunità islamica. Quella caricatura, è stato detto da entrambe le parti, non aiuta in un momento come questo. Una caricatura, che non fornisce il vero identikit dei responsabili di questa nuova sanguinaria ondata di terrorismo.

Velia Iacovino

L'Autore

Lascia un commento