Il futuro entra in noi, per trasformarsi in noi,
molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

Verso il voto. Il Brasile di Dilma e Marina

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La campagna elettorale va avanti in tutto il paese con una sorta di election day; si vota per i governatori, per le camere dei deputati statali, per il senato federale e per la presidenza della Repubblica. In Brasile non c’è una destra moderata come la conosciamo in Europa, c’è una destra diremmo militare, che è come uno spettro che di tanto in tanto appare ma ha contorni troppo labili, e c’è un ampio spettro di partiti di centrosinistra, dai più radicali ai più moderati, ma la lotta elettorale si incentra nelle figure di due donne, Dilma e Marina Silva.

Dilma vive degli allori di Lula 

Dilma alle scorse elezioni viene eletta con un voto plebiscitario sull’onda della personalità di Lula. Lula ha cambiato il paese, pur con tutte le critiche che si possono sempre fare, Lula ha dato una svolta all’economia brasiliana, ha meritato una stima internazionale notevole saldando tutti i debiti del Brasile con il Fondo Monetario Internazionale, ha ridotto l’inflazione quasi a zero, ha diminuito la disoccupazione, ha introdotto misure di welfare non di poco conto. Si può discutere di molte cose, ma non c’è dubbio che quel 80% di consensi che Dilma ha ottenuto sono il frutto della politica e del carisma di Lula.

Dilma non ha saputo, non dico conservare quell’immenso patrimonio elettorale, ma nemmeno frenare la caduta e proseguire in un’azione riformatrice, le colpe o la responsabilità di tutto ciò però non può ricadere solo su di lei, ci sono ragioni che vanno al di là della sua azione politica.

Lula, da operaio povero a milionario 

Lula era un operaio diventato sindacalista, poi leader del Pt e poi Presidente, ma era povero, ora lui e suo figlio sono ricchissimi. Questa fotografia racchiude in sé l’attuale situazione politica. Il rapporto tra potere e denaro, il finanziamento della politica, il decentramento di poteri spesso a braccetto con interessi poco puliti. Conosciamo bene questo tema noi in Europa, la corruzione che a volte è non solo corruzione sic et simpliciter ma è uno dei temi della politica e dei suoi costi, non solo arricchimento personale. Ricordate le parole di Bettino Craxi all’alba di tangentopoli? Nessuno ebbe il coraggio di affrontare quel tema nel profondo e di rispondere a quella domanda. Ebbene quel tema è oggi il tema della politica Brasiliana su cui si sta giocando gran parte della contesa elettorale.

Marina Silva e la dialettica del ripulisti

Gli scandali e i processi che si sono succeduti e che hanno colpito maggiormente il PT, primo partito di governo, vedono Dilma in difesa della politica del suo governo e la Marina Silva in attacco, chiedendo rinnovamento e pulizia. Conosciamo questo schema, in parte reale e in parte artificioso, conosciamo le risposte populiste dei cittadini e la disaffezione alla politica.

Tutto ciò non mette in ombra i temi economici che sono sul piatto della bilancia, i dati non confortanti della politica economica governativa di questi ultimi anni, la poca sensibilità nell’intervenire per sanare piaghe sociali evidenti, la sanità, la scuola, la criminalità.

Tutta materia elettorale per l’opposizione, e non è poco. Il dubbio che sottende ogni ragionamento della borghesia brasiliana è se Marina Silva riuscirà a essere così incisiva nel governare come lo è stata nell’incarnare l’opposizione. I suoi toni forse troppo accesi, la sua personalità aggressiva, il suo passato di ambientalista molto radicale sono i dubbi che si accentrano sulla sua personalità di indubbio carisma. Basti pensare che un mese fa, quando era candidata alla vice presidenza con Eduardo Campos, quel fronte raccoglieva circa il 10%, oggi lo stesso fronte, con lei candidata alla presidenza si è più che triplicato.

Raccogliere insieme la protesta sociale, quella giovanile, la chiesa evangelica, una ricetta liberal in materia economica, alcuni poteri forti nel mondo finanziario non è impresa facile, ma rappresentano oggi lo schema antigovernativo e lei sta tentando di incarnarlo.

A monte di tutto questo c’è anche una sottile contesa ideologica, che a noi europei non sfugge ma forse è meno avvertita dai brasiliani, però non per questo meno importante.

La generazione di Lula si è convertita alle politiche riformiste

La generazione di Lula, della dirigenza del PT è di cultura marxista, ha saputo convertirsi a politiche riformiste, ma sappiamo che la visione della politica di quella generazione è qualcosa che è simile al Dna, quasi incancellabile. La cultura di Marina Silva, come quella che incarnava Campos, è cultura riformista e questa differenza è quella che noi conosciamo bene dal dibattito culturale della sinistra europea. La contesa elettorale significa anche questo.

Ora il tempo che manca al voto del 5 ottobre, il più che probabile secondo turno, ci daranno le risposte che attendiamo, ma sarà la politica del governo che guiderà il paese per i prossimi 4 anni a segnare il prossimo futuro del Brasile. Un Brasile sempre più leader dell’area sud americana o un Brasile più aperto in politica internazionale, un Brasile più liberal sui temi economici o più conservatore, un Brasile più attento alle nuove domande sociali o meno.

 

Alessandro Battisti

L'Autore

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