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molto prima che accada.

Rainer Maria Rilke

Fontana, 33 anni e un Campiello. Riflettendo sulla giustizia

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Lui è Giorgio Fontana, ha trentatré anni – età fatidica – e lo si può incontrare, conoscere e salutare sui principali social network, a partire da Twitter. Ha appena vinto il Campiello. Il suo romanzo affonda nel momento in cui l’autore stesso è nato: il 1981. L’anno della fase più tarda, e più feroce, della stagione terroristica in Italia. Non ancora quarantenne, Giacomo Colnaghi a Milano è un magistrato sulla linea del fronte. Coordinando un piccolo gruppo di inquirenti, Morte uomo feliceindaga da tempo sulle attività di una nuova banda armata, responsabile dell’assassinio di un politico democristiano. Il dubbio e l’inquietudine lo accompagnano da sempre.

Colnaghiè intensamente cattolico, ma di una religiosità intima e tragica. È di umili origini, ma convinto che la sua riuscita personale sia la prova di vivere in una società aperta. È sposato con figli, ma i rapporti con la famiglia sono distanti e sofferti. Ha due amici carissimi, con i quali incrocia schermaglie polemiche, ama le ore incerte, le periferie, il calcio, gli incontri nelle osterie.

Dall’inquietudine è avvolto anche il ricordo del padre Ernesto, che lo lasciò bambino morendo in un’azione partigiana. Quel padre che la famiglia cattolica conformista non poté mai perdonare per la sua ribellione all’ordine, la cui storia eroica Colnaghi ha sempre inseguito, per sapere, e per trattenere quell’unica persona che ha forse amato davvero, pur senza conoscerla.
L’inchiesta che svolge è complessa e articolata, tra uffici di procura e covi criminali, tra interrogatori e appostamenti, e andrà a buon fine. Ma la sua coscienza aggiunge alla caccia all’uomo una corsa per capire le ragioni profonde, l’origine delle ferite che stanno attraversando il Paese. Si risveglia così il bisogno di immergersi nella condizione degli altri, dall’assassino che gli sta davanti al vecchio ferroviere incontrato al bar, per riconciliare la giustizia che amministra con l’esercizio della compassione. Una corsa e un’immersione pervase da un sentimento dominante di morte. Un lento disvelarsi che segue parallelo il ricordo della vicenda del padre che, come Giacomo Colnaghi, fu dominato dal desiderio di trovare un senso, una verità. Anche a costo della vita.

Insieme al precedente romanzo di Giorgio Fontana, Per legge superiore, anche Morte di un uomo felice riflette sulla giustizia, le sue possibilità e i suoi limiti.

Bene che il Campiello sia andato a lui, per almeno tre ragioni: perché ha 33 anni e sì, in Italia è rivoluzionario, scrivere e pubblicare a quell’età. Figurarsi vincere il Campiello. Poi per la delicatezza del tema: il terrorismo e la giustizia, due mondi che talvolta, nelle loro meccaniche fenomeniche intestine, hanno persino intrecciato le sorti. Infine per il suo editore, Sellerio di Palermo, che riporta in Sicilia il cuore pulsante, vivace e temerario dell’iniziativa culturale, dell’impresa editoriale più riuscita. Auguriamoci che sia un buon esempio per le nuove leve della narrativa italiana, Giorgio Fontana. Avremmo proprio bisogno di bagnare i nostri panni, tutti, in acque nuove.

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