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Alan Kay

Yemen. Ribelli Sciiti come l’Isis puntano ai porti e ai pozzi di petrolio

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A due settimane dall’accordo di pace firmato dal presidente yemenita Abde Rabbo Mansur Hadi e dai ribelli sciiti dell’imam Abdel Malik al Houthi la crisi in Yemen è lontana dal trovare una soluzione. Secondo gli analisti arabi, approfittando del fatto che gli Stati Uniti, i paesi occidentali e quelli arabi del Golfo sono impegnati con i raid aerei in Siria e Iraq contro lo Stato islamico e del bisogno dell’aiuto dell’Iran nella lotta contro gli uomini di Abu Bakr al Baghdad, il regime di Teheran si è trovata ad avere le mani libere in Yemen e ha fatto scattare l’offensiva dei ribelli che a fine settembre ha conquistato Sana’a, occupando tutti i palazzi del potere. Ora, a due settimane dalla presa di controllo delle caserme e dei ministeri, in attesa della nascita di un governo di unità nazionale, come prevede l’accordo di pace mai rispettato, i sostenitori del regime iraniano in Yemen hanno deciso di andare avanti e di conquistare altri siti strategici del paese.

Miliziani a Hodeida, la città portuale sul Mar Rosso. Pronta conquista della provincia di Mareb, ricca di oro nero

Il primo passo è stato quello di inviare miliziani verso la città di Hodeida. Si tratta della terza città per importanza del paese dove si trova un importante porto che si affaccia sul Mar Rosso. Fonti yemenite rivelano all’emittente “al Arabiya”, che gli uomini di al Houthi si starebbero preparando ad una campagna militare anche per il controllo della provincia di Mareb, ricca di giacimenti petroliferi. Ciò avviene nel contesto di una loro continua espansione nel paese e in un clima di grande incertezza, dopo che la capitale ha ceduto al loro controllo e – secondo alcune notizie – ha rinunciato a importanti risorse finanziarie ed economiche. Nei giorni scorsi decine di uomini armati di al Houthi si sono introdotti negli Enti e aziende statali per lo sfruttamento del petrolio a Sana’a.
Tesa la situazione nella capitale 

Intanto la situazione nella capitale resta molto tesa. La scorsa settimana per la prima volta sono state organizzate due manifestazioni contro al Houthi in città. Intanto, dopo il generale Ali Mohsin al Ahmar, fuggito in Arabia Saudita, si appresta ad andare in esilio anche il deposto presidente Ali Abdullah Saleh. Fonti vicine all’attuale presidenza rivelano che Saleh ha ricevuto un’offerta di ospitalità dell’Etiopia. La sua residenza , come quella di al Ahmar, è stata infatti posta d’assedio  dai ribelli sciiti. Fonti delle Ong yemenite e associazioni per i diritti umani riferiscono di continue violazioni da parte degli uomini di al Houthi nella capitale Sana’a all’indomani dell’occupazione. Sono state prese d’assalto e saccheggiato 62 case, 35 istituzioni governative, 29 sedi del governo, 26 istituti scolastici, 35 moschee e 5 cliniche mediche, nonché ocupato almeno 200 fra abitazioni, sedi dell’esercito, della polizia, università, oltre ad un imprecisato numero di abitazioni di politici. L’inviato delle Nazioni Unite per lo Yemen Jamal Bin Omar dall’Arabia Saudita ha parlato della sua recente visita in Yemen come per nulla facile, essendo stato lui stesso testimone di fatti cruenti.

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