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Alan Kay

8 novembre 2016: ad un anno dalle elezioni americane i cavalli di razza sono pochi

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elezioniHilary Clinton, Bernie Sanders, Donald Trump, Jeb Bush sono solo alcuni dei candidati alle elezioni presidenziali Usa 2016. Il nome più importante presentato dai democratici è certamente quello di Hilary Clinton, considerata una candidata imbattibile, la Clinton sarebbe la prima Presidente donna negli Usa, cosa che il più degli americani aspetta da tempo. Dopo la rinuncia di Joe Biden alla corsa per la presidenza sembra che la strada per ottenere la nomination da parte dei democratici sia tutta in discesa. Gli altri candidati alle primarie del Partito Democratico sono Lincoln Chafee, Lawrence Lessing, Martin O’ Malley, Bernie Sanders e Jim Webb ed altri. I principali nomi dei candidati alle primarie del Partito Repubblicano sono Jeb Bush fratello minore dell’ex presidente George W. e figlio del primo Bush presidente, quindi il terzo della famiglia Bush a correre per la Casa Bianca, e potrebbe correre contro la moglie dell’ex presidente Clinton, rendendo parecchio dinastica la democrazia statunitense. C’è comunque una vasta offerta di candidati repubblicani, sono circa 15 di cui almeno 8 papabili, tra gli altri Marco Rubio senatore della Florida, Chris Cristie, Ben Carson.

Il vero protagonista repubblicano sembrava Donald Trump(Patricia Thomas giornalista Associated Press, dice che sembra che la campagna elettorale di Trump sia stata finanziata anche da Ilary ), ma Carson in questi giorni ha conquistato la vetta dei sondaggi. Trump è un isolazionista, Bush interventista, Rubio ha il suo bacino di voti tra i latino-americani. I candidati debbono andare a cercare i voti e tutti cercano di accaparrarsi i voti degli afro americani e degli ispanici, ma alle lunghe i soldi faranno la differenza. Lo scenario elettorale si presenta con una forte disgregazione della politica e una forte esplosione di candidati anticonvenzionali e i gay sono molto forti. Gli ultimi repubblicani non hanno azzeccato la politica estera mentre Obama si è allontanato dalla politica interventista di guerra nel mondo per portare la democrazia , perché ha capito che nella pancia della gente si è radicata l’antipolitica e gli americani non vogliono politica estera di guerra. Il suo disimpegno ce lo ha dimostrato non inviando truppe in Libia, in Siria (solo in questi giorni ha deciso di inviare 50 uomini), ma preoccupandosi di fare l’accordo con l’Iran o riaprendo i rapporti con Cuba. La sua politica è stata la politica del “ soft power “: integrazione commerciale nel mondo , sviluppo del modello capitalistico.

Alla fine del suo primo mandato ci si chiedeva se fosse un moralista e se la capacità americana di controllare il mondo si fosse indebolita. In realtà Obama si è soltanto allontanato dalla politica di guerra dei suoi predecessori più preoccupato di una buona sanità. Gli è stato contestato di non aver chiuso Guantanamo, di non aver ritirato le truppe in Afganistan, e di aver partecipato solo a piccoli interventi armati, ma Obama è più interessato alle minacce economiche della Cina che dagli avvenimenti in Medio Oriente. Hilary potrebbe rappresentare la linea di continuità con la politica di Obama ma le viene contestato di essere stata uno sfacelo nella politica estera: ha adottato pericolosamente le primavere arabe i cui estremisti hanno causato l’uccisione dell’ambasciatore americano in Libia e di aver sottovalutato la situazione dell’Isis in Iraq e non ultimo la gente non nutre molta simpatia per Ilary. L’ex first lady, ex senatore dello Stato di New York, ex segretario di Stato, sembra comunque avere delle ottime possibilità, ma è presto per potersi esprimere perché le trappole, le insidie e le maldicenze si intensificheranno nei giorni a ridosso delle elezioni e tutte le carte saranno usate contro di lei alla fine se si scopriranno scheletri nell’armadio.

Simona Agostini

L'Autore

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