Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

MANCA UN LEADER PER IL DIGITALE ITALIANO. RENZI CONTINUA A PERDERE PEZZI

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Delle dimissioni di Alessandra Poggiani dalla direzione dell’Agenzia Digitale Italiana dove era arrivata qualche mese fa, non ne ha parlato quasi nessuno dei media italiani. Ed è anche questa “non notizia” a dimostrare quanto siano indifferenti i giornali, la politica, le opinioni pubbliche ad una questione che è, in teoria molto “cool” e che, in pratica, è essenziale per provare a modernizzare un Paese congelato: la strategia per la crescita dei servizi digitali che potrebbe spazzare via molta della burocrazia e corruzione che ci impedisce di crescere; e la realizzazione di una infrastruttura a banda larga in Italia che consenta a tutti di connettersi dovunque alla rete e creare nuove opportunità.

digital_agenda_videoDel resto, quest’ennesimo vuoto di leadership arriva nel momento più sbagliato. In una conferenza organizzata dal think tank Vision (www.visionwebsite.eu) tra Roma e Bruxelles nei giorni scorsi sono stati richiamati dati che sono impressionanti: l’Italia è al penultimo posto su ventotto Paesi europei per erogazione di servizi pubblici attraverso la rete; e siamo all’ultimo posto per percentuale di popolazione (0,5%) che risulta collegata ad Internet attraverso una rete a banda larga (30 Mbps). Eppure, le tecnologie sono fondamentali per creare i lavori che nessun Jobs Act da solo può far nascere, per incoraggiare la trasparenza che è il miglior antidoto alla corruzione. E fondamentale sarebbe, ad esempio, dotare tutti i cittadini di un “domicilio digitale” per eliminare una delle maggiori cause di allungamento dei tempi della giustizia (la notifica degli atti). Il governo aveva cominciato bene. Presentando, almeno, in queste cose un piano che aveva l’obiettivo di rovesciare lo svantaggio rispetto all’Europa in un vantaggio portando la percentuale di popolazione servita dalla banda ultra larga da zero a 100 per cento in soli cinque anni e finanziandola – in parte significativa – con i fondi strutturali che non usiamo. Rimaneva ancora labile la strategia per far crescere i servizi che dovrebbero giustificare tale operazione infrastrutturale. Ma, insomma, sembravamo aver preso il verso giusto.

E invece no. Rischiamo di andare in alto mare di nuovo. Servirebbe un leader visionario e pragmatico. E come ha lamentato l’ex direttore, la capacità per questo leader di selezionare una squadra efficiente. Ed invece rischiamo di tornare al punto di partenza. Eppure l’esperienza internazionale insegna come sia, persino, semplice realizzare certi programmi. Occorre concretezza e fantasia. Lo insegna il Belgio che con le sue agenzie digitali – una per ciascuna delle tre Regioni – ha deciso di avere un manager per ciascuna delle aree di servizio pubblico (sanità, educazione, mobilità, ..) in maniera da sfuggire alla sindrome due tecnologi. Lo dimostrano gli inglesi che, dopo una serie di fallimenti determinati da un eccesso di razionalità, stanno coinvolgendo direttamente i cittadini nel ridisegno dei processi e che hanno deciso che il successo della tecnologia non è misurato dalla quantità di servizi che informatizzi, ma dal numero di certificati che abolisci perché non più utili (la patente è uno dei candidati) e dai bisogni nuovi che con le tecnologie puoi soddisfare. Lo dimostra, persino, un paese come l’Azerbaijan che in soli due anni ha realizzato l’obiettivo perseguito in Italia da quindici anni: creare un’unica piattaforma dove concentrare tutte le transazioni tra cittadini e Stato. Bisognerebbe, semplicemente, rimboccarsi le maniche e lavorare. Senza continuare ad accorpare, scorporare, nominare, spostare, riformare ciò che abbiano riformato. E girare in tondo attorno ad un mondo che sta, semplicemente, scappando via.

Francesco Grillo

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