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Artotheque e democratizzazione delle opere: il progetto di Sabine Oberti

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l'arte di Sabine Oberti

Sabine Oberti

E’ la Lafayette dell’Arte contemporanea in Italia, Sabine Oberti, nascita francese ma cuore romano.
Vuole portare democrazia e socializzazione alla fruizione delle nuove tendenze dei messaggi artistici.
E’ così che si è assunta la missione di creare un’Artotheque anche per noi italiani, ancora inchiodati ai rigidi principi che vogliono l’arte roba da collezionisti e musei. Ergo, desiderio proibito per i cittadini con disponibilità economiche ‘normali’. Eppure, anche Michelangelo e tutti gli altri, dai graffiti rupestri delle francesi Grotte di Chauvet di 30mila anni prima di Cristo in poi, furono arte contemporanea: all’epoca – e sin dai primordi – i potenti democratizzavano l’arte e i suoi messaggi diffondendola nei luoghi pubblici e di culto. Ma nulla equivale a inserire un’opera nel proprio spazio vitale domestico.

Artotheque

Un principio che Sabine Oberti ha ben recepito, introducendo in Italia la seconda Artotheque del nostro Paese – la prima privata; l’altra è pubblica ed è riconducibile al Comune di Cavriago, in provincia di Reggio Emilia – ovvero una collezione d’arte, che ha tanto di bollino blu di una selezione garantita da una Commissione presieduta dal Direttore di Villa Medici, l’Accademia di Francia, dove è possibile locare un’opera e portarsela a casa. Ma come nasce la passione di Sabine per l’Arte, in particolare contemporanea?
Il suo primo incontro con le espressioni artistiche di tutti i tempi avvenne da bambina, a Parigi: ogni mercoledì si recava ad esplorare i musei, dal Louvre al Palais de Tokyo, ed i guardiani fingevano di non vedere questa frugoletta che visitava a tappeto ogni sala.

L’arte contemporanea

“Pian piano mi sono avvicinata all’Arte contemporanea, come naturale sviluppo di questa mia passione – ci racconta – Mi è servita anche per controbilanciare il peso di una ventennale attività, lì in Francia, particolarmente impegnativa, come avvocato dei minori ad Angers.’
Nel capoluogo del Dipartimento del Maine e Loira, culla dei reali Angioini che governarono Napoli, per un certo tempo Sabine è stata anche assessore alla Cultura.
L’incontro fatale con un imprenditore italiano l’ha portata alcuni anni fa nella Capitale, dove ha pensato di esportare l’esperienza delle Arthoteque. Le prime nacquero in Germania, agli inizi del XX secolo; a ruota l’esperienza fu adottata dai Paesi scandinavi.

Gli anni ’70 e ’80

Fra gli anni ’70 e ’80, François Mitterand decise di destinare un finanziamento d’avvio di 20mila franchi per le città francesi che volessero fondare una collezione di Arte contemporanea, forte di opere di artisti d’avanguardia, da affittare a degli ‘abbonati’, privati cittadini che volessero per un breve periodo – in genere, tre mesi – godersi a domicilio una o più delle opere della collezione.
Da anni son sorte Arthoteques anche a Londra e New York, mentre l’Italia, Paese dell’Arte per eccellenza, solo a partire dal 2011 a cominciato a guardare a questa soluzione di ‘condivisione’ del piacere offerto da un’opera d’arte. Con l’ulteriore vantaggio di far conoscere ad un pubblico più ampio le nuove tendenze artistiche. Su questa scia è l’iniziativa di Sabine che si autodenuncia priva di qualsiasi talento artistico in proprio, ma in grado di fare scouting del talento altrui. “Mi sono accorta di questa mia predisposizione quando avevo 22 anni, entrando in una Galleria d’arte parigina: mi scoppiò un vero e proprio colpo di fulmine per un’opera di Sliman. Ne chiesi il prezzo, ma ero studentessa ed era per me proibitivo.

Democratizzazione delle opere

Forse è stato in quel momento che è nato in me il desiderio di partecipare alla democratizzazione delle opere d’arte contemporanea. Finora esse sono state separate dai cittadini da metaforici muri di cristallo, costituiti da musei, collezioni di privati o di banche. Oppure, se gli arriva l’eco, lo fa attraverso le provocazioni, come per il famoso ‘Dito medio’ di Cattelan, che ha provocato molte polemiche. Ma, in quel caso, si punta a scandalizzare, non a educare il gusto delle persone ad un’arte del proprio tempo.”
Sabine Oberti ha aperto nel 2011 la sua Artotheque nella storica via Margutta. Un’esperienza che ha poi trasferito in un appartamento in via Gregoriana, frequentato da cultori d’arte, che trovano stimolante un abbonamento per portarsi a casa trimestralmente un esemplare della collezione e poi, cambiarlo con un altro.“Si tratta di una collezione sempre in progress – conclude Sabine – perché si arricchisce continuamente di nuove acquisizioni e si avvale anche dell’alleanza che ho appena avviato con il Teatro Centrale, sito in via Celsa a Roma. Lì vi è un fitto calendario di Mostre di artisti italiani e europei che entrano anche a far parte del nostro catalogo.”La bionda, assertiva Sabine ha così conquistato Roma, prendendola per amor dell’arte: ha riscattato le sue tante omonime rapite dai coatti pastori della Roma nascente che, per moltiplicarsi, rapirono le raffinate Sabine vicine di territorio.

 

Annamaria Barbato Ricci

L'Autore

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