«Lei sogna di ..far tredici? » Ma lo farà sicuro!

Gianni Rodari

Il bimbo a casa e io a lavoro: attacco d’ansia garantito!

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Il convegno e’ all’ultimo piano di una location unica e ricca di fascino. In attesa del Premier sostavamo tutti nell’ampio terrazzo. L’accoglienza è di classe. Guardo l’orario e poi nuovamente il telefono. Indosso delle ballerine e un abitino leggero, semplice al massimo.Mi giro intorno: sembra passata una vita. Ho trascorso gli ultimi dodici mesi a prendermi cura di un frugoletto così piccino che adesso al confronto mi sembrano tutti dei vecchi giganti. Il chiostro e’ addobbato da un succulento rinfresco. Mi imbatto in un tipo importante che non vedo da un pezzo. Gli guardo le fauci. Non riesco a distogliere gli occhi dai pezzetti di carne e sugo frantumati andare su e giù tra il palato e la lingua, fino a macchiargli il bianco dei denti. Pare mi stia salutando, ma ho un conato di vomito e faccio finta di niente. Mi sento improvvisamente stordita. La scia delle eau de toilette che mi girano intorno e’ tale e quale ad un cappio. Mi manca il respiro.

mamma

 

Ho passato questo ultimo anno con addosso l’odore amniotico della sostanza biancastra che protegge la cute del feto. Una droga potente. Scatena una sensazione particolarmente piacevole, molto più che una bella mangiata. Mi sento distante anni luce. C’è una collega che scalpita. Sta stringendo la mano a quel direttore importante: il colpo è sferrato con il braccio in avanti. Ha le spalle larghe, il bacino e le gambe invece sono molto sottili. Il seno asciutto, l’incedere atletico sulle natiche piccole e muscolose. Sembra un maschio diverso. Stringe la mano del tipo dall’alto di un plafond smisurato. E ride. Rimango a guardare lo sfondo. Le donne sfrecciano tutte come tante valchirie. Marciano da un lato e dall’altro sorrette a fatica da ginocchia cascanti di pelle rugosa. Sento puzza di vecchio. Sprizza fin da dentro le pagine dei discorsi ufficiali.

 

L’odore del bimbo scatena nel cervello sensazioni che spingono la mamma a nutrire il suo piccolo e a prendersene cura. Ho voglia di lui. Sono uscita da casa senza che avesse fatto neppure la cacca. Mi manca tutto, anche quella. Sento una risata sguaiata. E’ un tale disgusto ascoltarla che la densità delle feci al confronto e’ una mousse delicata. Il tempo scorre come in un rallenty, sempre uguale a se stesso. Sono braccata da hostess pettute che continuano a mostrare i loro migliori bignè. C’è un’ingordigia mostruosa pari almeno a quella dell’attesa del Premier. Riguardo l’orario e mi si stringe la gola: siamo in netto ritardo sulla tabella di marcia. No, non resisto. E se provassi ad andare? L’idea mi riempie di gioia ma proprio nell’attimo in cui mi avvicino all’uscita sono bloccata da un cordone fitto di poliziotti. Faccio la vaga e mi infilo ugualmente. Dopotutto sono una mamma. Una mamma che dopo trecentosessantacinque giorni si separa per la prima volta dal figlio e questa sospensione brusca proprio adesso le sta provocando una crisi di astinenza oramai non più sostenibile.

“Per favore, sto male. Mi lasciate passare?”. Lo dico sfoderando la mia migliore allure da madre coraggio. Per favore?, ripeto con la testa fissa al bambino. Il pensiero mi sta ossessionando. E se fosse preda di una crisi di pianto? Potrebbe essere accidentalmente caduto dal fasciatoio. Anzi, peggio. Potrebbe aver manomesso la manovella del gas all’insaputa della pur validissima tata. Sto male. Mi lasciate passare? Ma nessuno mi ascolta. Rimango a portata di scudo. La calca si addensa. Prende la forma di un unico gigantissimo selfie. Ho bisogno di vedere come mio figlio ha fatto oggi la cacca. E’ un desiderio impellente. “No signora di qui non si passa”. Allora mi faccio coraggio. Sfondo il cordone e corro giù per le scale. Un uomo in divisa mi insegue. La tromba e’ strettissima così che ci troviamo ad un passo l’uno dall’altra: sono faccia a faccia col Premier. Lui ed io. Dietro di noi due guardie ciascuno.

Ci deve essere un motivo importante per cui la signora e’ arrivata fin qui. E’ il premier in persona a parlare.

“La Germania”, rispondo di getto. Non aggiungo altro. Ho fretta di andare.

Mi sta guardando come pronto a sfatare l’ennesima analisi macroeconomica.

Così continuo: si dovrebbe dare più retta ai tedeschi.

“E dunque?”, lo dice abbastanza irritato.

“La forma dei WC tedeschi, ad esempio. Presidente, lei li ha mai visti? Hanno una specie di ripiano. Insomma, per essere precisi, quando la si fa non cade giù nel buco ma finisce su questo ripiano, e quando uno si alza e si volta per tirar l’acqua se la ritrova lì, come su di un vassoio d’argento”. Una volta ho sentito un medico dire alla radio che sarebbe opportuno guardarsi la cacca per vedere che non ci siano problemi. Sto pensando al bambino: anche il mio pediatra lo ripete sempre più di frequente.

Fiorella Corrado

L'Autore

2 commenti

  1. Adriana Nolè il

    La storia ci insegna che le conquiste al femminile non sono mai state indolori: il raggiungimento di tanti obbiettivi ( tra l’altro non ancora realizzati pienamente in tanti settori ) quali ad esempio la parità di genere, le quote rosa, il diritto alla realizzazione professionale ecc. hanno avuto, ed hanno tuttora un costo altissimo per la donna stessa. La donna che lavora infatti, diversamente dal maschio, se oltre ad esercitare una professione ha una famiglia da accudire e da “mandare avanti” come si suol dire, porta prevalentemente su di se il peso dello stress fisico e psicologico derivante dall’assolvimento di tali compiti .C’è da dire inoltre che sono proprio le donne che dal lavoro ricevono grandi gratificazioni professionali a subire maggiormente l’effetto negativo del contrasto tra il piacere della propria realizzazione nel lavoro e l’istinto della maternità che le indurrebbe a dedicarsi esclusivamente al ruolo di madre: La consapevolezza di dedicare poco tempo ai figli, genera sensi di colpa che possono assumere la gravità di disturbi psicologici latenti con picchi di attacchi di panico

  2. Maria Grazia Deledda il

    Cara Fiorella, mi hai fatto rivivere in pieno le emozioni che ho provato quando, mamma da alcuni mesi, ho ripreso a lavorare! Stessi pensieri, stesse paure! Ma come scrivi bene, che bella penna hai! Complimenti!

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