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Gianni Rodari

Cantieri d’Italia. In standby 692, perchè mancano 1,3 miliardi di euro

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Tra piccole e grandi opere, sono 692 i cantieri in “standby” La denuncia la lancia Codacons. “Allo stato attuale, l’Italia vanta ben 692 opere incompiute, per un importo al lordo degli oneri pari a circa 3,5 miliardi di euro e per il cui completamento mancano all’appello quasi 1,3 miliardi di euro”. Le cause dello stallo sarebbero diverse: interruzioni dovute a cause tecniche, fallimento dell’impresa esecutrice e, in primo luogo, carenza di fondi. Tra le più penalizzate le opere e le infrastrutture “sociali” (62%) che però, in termini di valore si equivalgono con quelle dedicate al trasporto (39%).

cantieriLazio, Sardegna e Calabria le regioni con più opere da terminare Il Lazio ne conta ben 82 per la cui ultimazione mancherebbero 78 milioni di euro. Segue la Sardegna con 68 opere non terminate e 22 milioni da intercettare per il loro completamento; al terzo posto la Calabria, 64 quelle da finire a patto di trovare altri 35 milioni. La Regione più virtuosa è la Val d’Aosta, con solo un’opera da ultimare, mentre i casi più “eclatanti” rilevati dall’indagine Codacons si trovano entrambi nella Capitale: la Vela di Calatrava, il cui costo è passato da 65 a 608 milioni di euro, e la Nuvola di Fuksas, per la quale sono già stati stanziati 276 milioni di euro. Se il Codacons disegna la mappa delle opere incompiute, il neo ministro alle Infrastrutture ne stabilisce la priorità Delle 692 opere incomplete, 35 risultano in capo al Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Ma dopo lo scandalo Incalza e l’addio di Lupi, la parola d’ordine è tornare all’ordinario. “Basta con l’emergenza e le Grandi Opere, solo così possiamo battere la corruzione”.

Stretta in un twitt la nuova strategia del Ministero. Da pochi giorni nominato ministro, Graziano Delrio sembra deciso a cambiare la rotta del dicastero tra gli più importanti del Governo. E lo fa partendo dal taglio delle cosiddette “Grandi Opere”: 25 contro le 419 previste in origine dalla Legge Obiettivo del 2001, per un impegno finanziario che da 383 miliardi di euro viene ridotto a 70,9. Il Programma delle Infrastrutture strategiche (PIS) 2015 si concentra su opere essenziali e di rilevanza nazionale, ritenute dal Ministero “necessarie alla competitività del Paese e alla mobilità intelligente nelle aree urbane”, privilegiando metropolitane e ferrovie, Tav compresa. Un cambio di rotta repentino, che segna una netta linea di demarcazione con le scelte di Lupi, ma che soprattutto evidenzia la maturata volontà politica (invero imposta dai gravi episodi di corruzione legati alle Grandi Opere) di archiviare il primato della Legge Obiettivo e di affrancarsi dalle procedure straordinarie per tornare “all’ordinario, alle regole semplici, europee”. “Focalizzarsi sulle Grandi Opere – ha spiegato lo stesso Delrio in un’intervista a Repubblica.it – ci ha portato in 14 anni di legge Obiettivo a stanziare 285 miliardi per vederne impiegati soltanto 23, appena l’8 per cento”. Un meccanismo che ha alimentato un sistema opaco ed emergenziale, generando sperpero di denaro pubblico, una corruzione dilagante e una lunga lista di opere “mangia soldi”, iniziate e mai finite. Per cui l’unico vero freno, al netto di tutte le possibili misure contro la corruzione, resta l’approvazione di un nuovo Codice degli Appalti, ancora in discussione al Senato. Sarà questa la chiave con cui la politica potrà davvero dimostrare di voler dare una stretta a quello che Raffaele Cantone definisce “il male italiano”.

Erica Antonelli

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