Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Carrefour mon amour!

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carrefourProbabilmente tutti avrete, almeno una volta nella vita, sentito parlare del fantomatico Pigneto. Il Pigneto, storica borgata romana, equivale a quello che a Napoli amiamo chiamare il “cafone arresagliuto”, ossia persona dalle ignobili origini che, a un certo punto della vita, acquisisce, vince o ruba, un’ingente somma di denaro. Questo crea un enorme scompenso perché lui crede di essersi finalmente riscattato nella scala sociale e invece rimane sempre un cafone dalle ignobili origini. Il cafone arresagliuto coi soldi acquista: Audi TT, tutte le collezioni esistenti Just Cavalli (perché il leopardo non passa mai di moda), biancheria intima D&G, orecchini tempestati di diamanti, una casa a Scalea (o a Diamante, che fa ancora più figo), un Rotwailer da chiamare Enzo, Ciro o Peppe e discute continuamente dei pro e dei contro di acquistare un gommone (ovviamente da ormeggiare a Scalea o a Diamante). Il Pigneto, dunque, è un’ex borgata romana diventata quartier generale di hipster e radical chic che passano le loro giornate a parlare male dell’arte sull’isola pedonale, sì al Pigneto abbiamo anche un’isola pedonale, incuranti del fatto di essere circondati da elementi che stonano con Wallace, le barbe e gli chignon, quali: monnezza, spacciatori di crack e di borse false e ubriaconi e mendicanti vari che dormono a Piazza del Pigneto anche quando c’è il mercato. Io, che dal mio canto sono sempre stata una maledetta disagiata, tranne che alle feste di Carnevale, nutro verso il Pigneto la stessa diffidenza che nutro nei confronti del cafone arresagliuto: ne disprezzo il vano tentativo di imborghesimento ma ne amo le ignobili origini.

Comunque io al Pigneto ci vivo e dopo svariati anni passati a trascinarmi sbronza da un bar all’altro adesso passo le mie serate sbronza a casa, con le mie amiche e amici lesbiche (non mi fate domande) a fissare Tino il cricetino e a cercare di travestirmi da iPhone, o da avatar di Hamsik, per interfacciarmi con il mio fidanzato. La mia vita adesso è però a una svolta: basta locali al Pigneto, basta parlare con gente con cappelli e l’Unità sotto l’ascella, basta convincere gli africani che il crack continuerò a non acquistarlo perché evidentemente non sono Kate Moss, basta cani che bevono dalle fontane, basta biciclettari impazziti e vegani convinti che la soia sia meglio del maiale. Dal 4 maggio tutto questo ha avuto fine: il Carrefour a 100m da casa mia ha finalmente scelto di migliorare la mia qualità della vita aprendo sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro, regalandomi una delle più grandi gioie della mia vita dopo l’arrivo di Mertens a Napoli. Ancora non sono riuscita ad andarci perché l’euforia è tale da essere paralizzante; praticamente è come essere fidanzati con Leonardo Di Caprio: passi il tuo tempo a pensare che stai con Leo senza riuscire a goderne appieno. O almeno per me è così. A ormai cinque giorni dal grande evento ecco i risultati delle mie notti insonni, il programma della primavera inoltrata, dell’estate incalzante e dei prossimi dieci anni della mia vita: tutte le cose che finalmente posso fare adesso che vivo a due passi da un Carrefour sempre aperto, per me.

Voglie notturne: non sono incinta, non ho sonno, ho un irrefrenabile desiderio di roastbieef. Apro il frigorifero, vedo un gambo di sedano e lo guardo lasciva, lui mi sorride. Ho un ingrediente su cinque. Mi metto gli anfibi sotto il babydoll, gli occhiali da sole per nascondere le occhiaie, per adeguarmi alla popolazione media che posso immaginarmi di trovare al Carrefour, e dopo essermi trasformata finalmente in una technoraver mi lancio prima sul banco carni e afferro un chilo e mezzo di arrosto di vitello, poi acquisto duecento carote, il barolo per sfumare, le erbe aromatiche per decorare. Sveglierò tutti i miei amici per una cena alle quattro del mattino, potrei diventare la regina dei nightbrunch, potrei brevettarli.

Desiderio di refrigerazione: fa ancora più caldo della notte del roastbieef, il criceto corre impazzito sulla ruota ma la ruota non è un ventilatore. Penso a Roccaraso e al presepe vivente, ai consigli del mio guru e mi concentro per abbassare la mia temperatura corporea convicendomi di essere un ghiacciolo. Evidentemente non funziona, evidentemente i guru vivono in Tibet e in Tibet non hanno di questi problemi. Mi metto le Hawaiianas sotto il babydoll, un cappello di paglia perché fa stile, prendo una bussola per spacciarmi per una turista che si è persa. Il Carrefour è dove l’ho lasciato e anche il reparto surgelati. Ma non ci vado spedita: gongolo nell’attesa del refrigerio massimo passeggiando prima tra i frigoriferi di insalate, poi arrivo ai formaggi, mi trastullo un po’ al banco carni e finalmente arrivo dal mio amico Capitano Findus che mi guarda da dietro al suo vetro appannato dal gelo. Lo invidio, apro la porta di quel magnifico ed enorme freezer e mi siedo accanto a lui. Ora sì che mi sento un ghiacciolo: se in Tibet esistessero i Carrefour non esisterebbero i guru.

Amici in difficoltà: i miei amici lesbiche sono sempre in grande difficoltà emotiva, mi tormentano sempre con i loro problemi lesbici, tormenti d’amorecarrefour dovuti a improbabili desideri sessuali. Devo sbarazzarmi di loro, quindi li porto al Carrefour, la panacea di tutti i mali. Usciamo dal supermercato con tre buste. In quella di Lina ci sono ortaggi evocativi, fragole, panna, assenzio e svariati metri di fune (ne ha testato la resistenza nel Carrefour imbarazzandomi a morte). Poiché le voglio bene non le faccio molte domande, dovrò passare molto tempo davanti al criceto per dimenticarmi di lei. In quella di Coppola (che è anagraficamente un maschio) albergano: l’idea di Vodka pesca lemon suggerita dall’acquisto di tre di bottiglie di Vodka, pesca e lemon, l’idea dell’amore vero racchiusa in uno stock di ovetti Kinder che non si può mai sapere cosa contengno, magari la donna dei suoi sogni, una piscinetta gonfiabile e un bel costumino a pois con un’ancora sul pacco (della serie ancoratevi qui). Poi ci sono io che non sono una pivella come loro, mi hanno talmente annoiata che ho acquistato: una prolunga, dei datteri, sette colombe avanzate scontate del cinquanta per cento, un torcia, una tenda da campeggio, un set di padelle di pietra lavica, una bandiera della pace da spacciare come vessillo gay per l’occasione, un paio di occhiali per la presbiopia e Cinquanta sfumature di grigio a Coppola che non la smette di chiedere cosa Lina dovrà mai fare con la fune e gli ortaggi.

Bisogno di nuovi amici: l’insonnia la fa da padrone ma, memore dell’esperienza con i miei amici, questa volta al Carrefour ci vado da sola. Il Carrefour è a due passi dal S.E.R.T. e l’ultima volta ho visto un’allegra combriccola inalare deodoranti spray e ho pensato che potrebbero avere delle storie interessanti per il mio prossimo articolo. Indosso l’intramontabile babydoll e subito mi rendo conto di essere inadeguata quindi vado nel reparto abbigliamento e compro una fantastica tuta acetata e dei guantini che taglio al reparto cancelleria per farli stile Padre Pio. Faccio amicizia con un ragazzo che sembra il bambino nel pozzo di Io non ho paura, anche lui vede gli orsetti lavatori. La scelta di boicottare il Pigneto in favore del Carrefour si dimostra azzeccata.

Martina Di Matteo

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