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Alan Kay

Il punti di vista sul caso Marino. La scomparsa dell’interesse generale

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marino 1La sindacatura Marino e le sue finali dimissioni stanno a significare qualcosa di molto più profondo di quanto illustrato dalle polemiche sullo scontrino o sul viaggio a Philadelphia. Non si tratta infatti di contrapporre onesta a disonestà o corruzione, imperizia e arroganza a disponibilità e accessibilità, ma piuttosto della constatazione di quanto sia divenuto difficile governare in nome dell’interesse generale, del benessere della collettività o più semplicemente della “cittadinanza”. Per un sindaco che voglia mantenersi al potere e quindi non rischiare di essere impallinato dai coalizzati opposti ma convergenti interessi (come pare sia avvenuto nel caso di Marino), la cosa migliore da fare è non smuovere oltremisura le acque, non cercare troppo radicali riforme, non pretendere di moralizzare eccessivamente organismi e istituzioni che del privilegio e del loro “particulare” hanno fatto l’unico scopo della propria scelta politica.

Il paninaro è lì pronto a dire: “pereat mundus”, ma intanto io mi posso vendere i panini sotto il Colosseo; il vigile a sua volta dirà: “pereat mundus”, ma intanto io posso assentarmi dall’ufficio quando voglio e andare a fare la spesa durante il servizio; il dipendete dell’azienda trasporti a sua volta aggiungerà: “pereat mundus”, ma io intanto mi godo le mie prebende e magari mi vendo i biglietti falsi. E così via, scalando tutti i livelli della amministrazione sino a quelli più elevati; e salendo per tutti gli interessi, da quelli del posteggiatore abusivo a quelli del palazzinaro speculatore o della Curia vaticana, che a sua volta dirà “pereat Roma”, ma intanto non si ammettano le unioni di fatto tra gay. Ognuno ha un suo “particulare” da difendere, che verrà anteposto a un interesse generale che è nel frattempo svanito come il bel sol dell’avvenire. E difatti l’interesse generale finisce per essere composto di tutti questi piccoli e grandi egoismi, di tutte queste minime e massime prebende e privilegi, i cui portatori non sono allettati, per fare un esempio, dal buon funzionamento dei trasporti, ma solo a garantire il mantenimento della propria nicchia di beneficio.

Il benessere che ciascuno pensa di poter trarre da un miglioramento della macchina amministrativa non riuscirà mai marino– a suo parere, sbagliato o giusto che sia – a compensare i privilegi che sarebbe chiamato a perdere. E il miglior sindaco è colui che saprà contemperare tutti questi micro e macro-egoismi senza portarli al punto di esplosione, senza eccedere nell’un senso o nell’altro; sarà un equilibrista in grado di assicurare i minimi e i massimi che nulla o poco cambierà e che ogni soluzione avrà solo un effetto cosmetico, senza intaccare o minacciare i reali interessi; interessi ai quali ciascuno ha la sua quota di partecipazione, piccola o grande che sia. E così il conto è presto fatto. Gli interessi particolari coalizzati, di tutte le sponde, che contro il sindaco dimissionario hanno sparato a palle incatenate, di fatto riescono a coagulare una buona parte degli elettori della Capitale, interessati affinché l’anomalia Marino non venga a ripetersi e a far sì che nessuno getti sabbia sugli oliati meccanismi di spartizione e corruzione paritetica e irenicamente equanime delle precedenti amministrazioni; v’è troppa gente attaccata ai propri “particulari”, anche microscopici interessi, per rischiare di avere un nuovo sindaco che li costringa, ad es., a fare lo sforzo di differenziare i propri rifiuti (come un sindaco “estremista” pentastellato).

Diciamo che questo elettorato può anche raggiungere, ad esser ottimisti, il 30/40% del totale. Poi ci sono coloro che mai voterebbero per il candidato dell’altro partito e così un’altra fetta di elettorato è fatta fuori. Infine ci sono come elemento residuale i romani onesti o “fessi”, che pensano sia possibile un governo di Roma improntato ad un minimo di correttezza e ispirato dell’interesse generale. Ma per costoro bastano i cannoneggiamenti di menzogne a mezzo stampa, che convincerebbero anche il più candido dei cittadini a nominare per direttore di un asilo d’infanzia un prete pedofilo. E il gioco è fatto. Renzi può tranquillamente proporre il suo candidato; ha calcolato bene le sue possibilità di vittoria, perché questa volta non ci sarà un 60% che voterà per un Marino, in un impeto di reazione alla sfascio della precedente amministrazione. A ragione o a torto, quest’ultima sindacatura è stata una buona lezione per ritornare ad attaccarsi, come una cozza, al proprio microcosmo di roccioso egoismo.

Francesco Coniglione

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