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Gianni Rodari

Charlie Hebdo. Come i media hanno raccontato l’attentato

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La migrazione è un fenomeno globale, come lo è ormai l’informazione. Altrettanto non si può dire per la libertà. Le primavere arabe (così battezzate da noi occidentali) sono state molto lontane da quell’idea che era alla base della Rivoluzione francese e da lì, di tutte le rivoluzioni moderne. Alla base della dichiarazione dei diritti dell’uomo (e della donna) che pone proprio nell’umano e nelle libertà i cardini della convivenza civile. Convivenza che oggi è apparentemente pacifica, ma che nel breve Novecento ha dimostrato quanto potesse essere piena di armi, crimini di Stato e violenze.

Come i media hanno raccontato la vicenda Charlie Hebdo

charlie hebdoQuando Umberto Eco dice che “siamo nella Terza guerra mondiale”, concetto che riprende da un recente discorso di Papa Francesco, in qualche modo dice il vero, ma lo fa dal punto di vista della vecchia Europa, dell’Occidente. Occidente che fonda il proprio modello di convivenza civile su quelle stesse rivoluzioni che studiamo a scuola e che nella libertà di espressione e poi di stampa e di critica vedono uno dei pilastri fondamentali della democrazia. La libertà è ciò che ci permette la convivenza. E proprio perché il concetto di libertà è di per sé complesso e mutevole, dopo l’attentato di Parigi al giornale satirico #CharlieHebdo viene da chiedersi come gli altri abbiamo raccontato questo fatto violento che noi chiamiamo terrorismo e del quale siamo oggi letteralmente terrificati.

#JeSuisCharlie

I giornali italiani ed europei in genere all’indomani dell’attentato hanno urlato #JeSuisCharlie e raccontato l’uccisione dei colleghi giornalisti, pubblicando, tra l’altro, le vignette del settimanale parigino. Quelle stesse vignette che erano già costate minacce e violenza al giornale e ai suoi giornalisti. La sede del settimanale era stata spostata nell’11°arrondissment, dopo che la precedente redazione era stata bruciata dai fondamentalisti islamici. E il suo giovane direttore, Stephane Charbonnier viveva da due anni sotto scorta, per le ripetute minacce che aveva ricevuto. Nell’attentato di Parigi è infatti morto anche l’agente di scorta che viveva con lui, giorno e notte. E solo da poco agli atri vignettisti era stata tolta la scorta. Per questo non c’erano auto armate sotto la redazione, il cui indirizzo era ignoto ai più. Ma quello che stupisce nelle prime pagine cartacee e online nelle ore immediatamente dopo l’attentato e nel giorno successivo, è che da parte della stampa internazionale c’è come un coro unico di denuncia al terrore e alla violenza.

Le isolate voci critiche americane

charlie hebdoSui social nel mondo è diventata virale in poco tempo l’immagine della scritta #CharlieHebdo su fondo nero, ovunque vengono risocializzare e ritwittate le vignette. Solo poche voci isolate sono state critiche. Fra queste, nell’immediato il Financial Times, che in un editoriale choc, a poche ore dell’attentato, ha scritto “Troppe ironie, giornalisti stupidi”. La prima versione dell’articolo, poi sospesa e modificata, sosteneva che il settimanale satirico parigino aveva peccato di “stupidità editoriale”. Questo spiega anche perché le maggiori testate americane si siano rifiutate di pubblicare le vignette del giornale. Temono, questa è la spiegazione, che ripubblicarle possa dar fastidio ai tanti immigrati e cittadini di seconda e terza generazione che vivono sul suolo americano, ma temono anche per l’incolumità dei militari Usa impegnati nelle tante missioni nell’area calda nel Medio Oriente, in Iraq, in Siria, in Libano e non solo.

La reazione dell’Africa e Medio Oriente

Sorprendono invece le prime pagine dei giornali del nord Africa e del Medio Oriente. Molte riportano i due hashtag ormai virali, #JeSuisHebdo #CharlieHebdo, altri, anche i giornali non francofoni, titolano in francese e usano caratteri dell’alfabeto latino, per dialogare idealmente proprio con l’Occidente e in particolare con la Francia e l’Europa ferita. I giornali di quell’area del mondo, quelli letti dall’islam moderato, e parliamo di milioni di persone, esprimono da subito solidarietà con i colleghi giornalisti francesi uccisi barbaramente. Lo fa il quotidiano Assafir, molto diffuso in Libano, con la parola “Solidariedad”, lo fa il giornale algerino Al-Fasjr, così come il quotidiano egiziano, molto seguito, Akbar El Yom. Ahdat, giornale marocchino parla di “orrore assoluto”, il palestinese Al Quds stigmatizza quanto accaduto e riporta la foto e il video dell’attentato terroristico. Così le principali tv di lingua araba, da Al Arabia ed Al Jazeera, sia nelle edizioni in lingua inglese, che in quelle in lingua araba. Perfino i giornali dell’Arabia Saudita, dello Jemen e dell’Iraq sono solidali con i giornalisti francesi, consapevoli, anche loro, che colpire un giornale francese equivale a colpire la libertà di stampa del mondo intero.

Letizia Magnani

 

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