Sogni, promesse volano... Ma poi cosa accadrà?

Gianni Rodari

Chiamatemi Ismaele: ogni volta che vorrei prendere il mare e andarmene

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Chiamatemi Ismaele. A Ismaele, quando veniva colto da una grande insofferenza esistenziale, veniva un ghigno sulla bocca, e a quel punto prendeva il mare. Ho sognato molte volte di prendere il mare a causa di un ghigno sulla bocca però purtroppo la mia insofferenza verso l’umanità si manifesta in modi decisamente meno poetici. Reflusso gastro esofageo, formicolio del nervo trigemino, spasmi all’occhio destro, che sono alla base dei più grandi equivoci relazionali avvenuti in metropolitana, depressione, laringospasmi e infine la sindrome della domestica selvaggia (nulla mi da più soddisfazione quando odio il mondo di mettere a posto i cassetti delle posate e delle mutande, per non parlare dell’insano bisogno di sistemare le spezie in ordine di grandezza: zenzero in polvere, semi di finocchio, pepe rosa in grani, chiodi di garofano, noce moscata e infine l’inutile cumino che nessuno sa mai dove mettere).corto-maltese

La mia insofferenza per l’umanità non è mai gratuita. Sono molteplici le cause per cui il mio corpo si ribella, quasi quotidianamente, alla vita. Per esempio esistono: i semafori rossi, l’arrotino mentre dormo, la signora che non chiude mai le porte dell’ascensore, i brutti, i malvagi, il rosa, i perfidi che fanno a pugni in metropolitana per sedersi al mio posto, le spie russe, gli occhiali specchiati, gli hippie, i sessualmente confusi, i chiwawa, le composizioni di frutta finta, i calabroni, il caffè decaffeinato, la scritta “fermenti lattici vivi” sullo yogurt, i prestigiatori e i piccioni, nuovi padroni del mondo insieme ai vegani. Quando accade tutto ciò, non possedendo una triremi né un cafonissimo motoscafo, amo rifugiarmi in immaginarie realtà parallele. Le mie identità si parcellizzano e numerose Martine si accingono a conquistare il mondo ricoprendo le più disparate posizioni sociali.

Non potendo prendere il mare sogno di:
Essere calciatore: sono lì in mezzo al campo, ovviamente con la maglietta del Napoli, il vento mi scompiglia i capelli così come solo a Cavani. Non voglio arrivare ai supplementari, mi sento ispirato (ormai sono quasi Cavani ma più bello e ho una velina in tribuna che lancia gridolini), la benevolenza degli dei mi pervade (ormai sono quasi Achille), l’assist arriva (non è di Maggio), i nervi sono tesi (ormai sono quasi il Discobolo), tiro, silenzio, silenzio, silenzio, la folla mi acclama, il boato pervade il san Paolo: Gool (ormai sono quasi il gladiatore). Ho vinto la Champion’s, non mi serve altro.

Essere la vincitrice del superenalotto: sapevo che prima o poi conoscere la data di nascita del trisavolo di mia madre mi sarebbe servito a qualcosa. Ho 70 milioni di euro. Prendo un aereo, anzi lo compro, anzi no, non me ne frega niente di avere un aereo, vado a Parigi e mi compro una borsa, ma mi sento insoddisfatta. Prendo un altro aereo, vado a New York, compro la Casa Bianca e dentro ci faccio una pista di pattinaggio sul ghiaccio. Sono ancora insoddisfatta. Allora compro tutti i musei delle cere del mondo e li chiudo, perché le statue di cera mi fanno paura e mi perseguitano la notte. Sono quasi felice. Mi compro una scimmia. La vita è bellissima.

Essere l’inventore del vibratore: ho finalmente posto fine alla lenta agonia delle zitelle acide. Tutte, anche le più brutte e baffute, dovrebbero avere la possibilità di accoppiarsi, seppur con un pezzo di alluminio vibrante. L’ho inventato io. Ne ho quantità industriale, li ho esposti nel mio soggiorno, li regalo agli amici e ai parenti, li vengo come bomboniere per i battesimi, li lancio dalle finestre quando mi va. Ho posto anche fine alle strazianti performace sessuali degli impotenti e degli eiaculatori precoci. Il mondo è più bello, il merito è mio.

Essere la segretaria in uno studio medico: non ho bisogno di avere troppe velleità, non mi importa di essere bella o brutta, di depilarmi, di attaccare gomme da masticare sotto la mia scrivania. Ho una scrivania, ho il potere, ho uno stipendio, ho il blocchetto delle ricette (posso smerciarle e arrotondare), ho il cestino delle offerte davanti a me. Il potere cresce. Ho diritto a 2 euro da ogni paziente entrante e/o uscente. Gli euro sono i miei. Un cartello legittima le loro offerte. La lista degli appuntamenti è mia, non mi importa della mole di lavoro del mio medico, mi importa solo dei miei 2 euro a nero. Il ragazzo del bar di fronte che tanto mi piace verrà sicuramente a cambiare i soldi da me. Mi depilo, sono felice.

Essere un neonato imperatore: capisco il mio potere solamente a 7 mesi, noi bambini siamo troppo ingenui, ma questo è quello che vi lasciamo credere. Ho sette mesi e sono un figo, me lo dicono tutti, dicono che sono bello. Piango e mi danno da mangiare. Piango due volte e mi cambiano il pannolino. Se faccio qualche smorfia mi passano anche quella fantastica salvietta rinfrescante che mi piace tanto. È notte, sono solo, mi annoio, piango e mi portano un ciucciotto al miele. Mi gusto con tranquillità il mio ciuccio al miele, ma mi annoio ancora. Ripiango, viene mia madre. Siamo a metà. Piango ancora, arriva mio padre. Siamo finalmente tutti qui. Piango un’ultima volta. Iniziano finalmente a fare ciò che speravo dall’inizio. Cantano canzoni per me, fanno cantare anche le apine. È tutto molto bello, però volevo un cane. Mi vendicherò.

Forse è meglio che compri una zattera e prenda il mare prima che nemmeno un ottimo analista possa salvarmi.

Martina Di Matteo

L'Autore

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