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Gianni Rodari

Cina in Africa: investimenti o sfruttamento?

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cina_africaCina in Africa: investimenti o sfruttamento? La domanda non è nuova e la risposta è meglio passarla ai fatti. È di pochi giorni fa la notizia che il governo cinese ha promesso al Mali una donazione di 18 miliardi di franchi Cfa (oltre 27 milioni di euro) e un prestito, senza interessi, di 8 miliardi di Fcfa. Un’azione non nuova da parte del Dragone che fa la parte del buon samaritano anche nei dati ufficiali del Governo relativi agli aiuti nella cooperazione. Ne emerge, infatti, che dal 2010 al 2012 la Cina ha distribuito 89.34 miliardi yuan (14.41 miliardi di dollari) per tre forme di aiuto all’estero: donazioni, prestiti senza interessi e prestiti di altra natura. E il 51,8% di questi soldi sono andati al continente africano. Per lo più investiti in infrastrutture pubbliche, sociali ed economiche. Senza contare la cancellazione del debito o l’aiuto alla risoluzione dell’impegno per nove Paesi del continente: Tanzania, Zambia, Cameroon, Guinea Equatoriale, Mali, Togo, Benin, Costa d’Avorio, Sudan.

Sudditanza e accuse

Che una qualche forma di sudditanza e di assoggettamento si possa stabilire tra chi sembra elargire a piene mani e chi riceve è cosa ovvia. Come è normale per migliaia e migliaia di cinesi trasferirsi in Africa per affari, una recente ricerca stima a un milione la loro presenza sul continente. Affari legati soprattutto allo sfruttamento delle risorse naturali che, tra l’altro, non sempre avviene in regime di regole e legalità. Accuse di depauperamento delle risorse e di maltrattamenti alle popolazioni locali da parte di imprese impegnate nella costruzione di infrastrutture o nelle miniere, hanno spinto il premier Li Keqiang, nel corso della sua prima visita ufficiale in Africa nel maggio scorso, a dire: “Desidero rassicurare gli amici africani che la Cina non percorrerà mai un sentiero colonialista così come fecero o permisero in passato altri Pesi”.

La presenza cinese è in costante aumento

Intanto gli investimenti, il commercio e la presenza cinese aumentano a ritmo costante. Dal 2009 la Cina è il più grande partner commerciale di Paesi africani e se nel 2006 la cifra era pari a 60 miliardi di dollari, lo scorso anno è salita a 210 miliardi. E gli investimenti sono passati da 500 milioni nel 2003 a 15 miliardi nel 2012. Mentre il prestito per lo sviluppo di infrastrutture ammonta a 20 miliardi.
Il gioco sembra dunque essere: da un lato do, dall’altro prendo. E con gli interessi.

Chi ne fa le spese

A farne le spese è la popolazione locale. La più indigente. Sono sempre più frequenti i casi che vengono a galla: denunce di abusi, maltrattamenti, violenze sessuali, persino omicidi. Tra i casi che hanno fatto più clamore e sono rimbalzati anche sui social network cinesi, quelli accaduti in Ghana, dove le miniere d’oro sono state praticamente prese d’assalto dai cinesi e controllate con ogni mezzo, dall’intimidazione all’uso delle armi. Spesso si tratta di veri e propri cercatori di fortuna. Si calcola che siano più di 50.000 i cercatori d’oro cinesi in Ghana – secondo Paese dopo il Sud Africa per la produzione del metallo prezioso – conosciuti come la “gang di Shanglin”.
Di tanto in tanto la polizia fa dei raid e compie decine di arresti. A questi seguono condanne ed espulsioni dal Paese, 150 solo qualche giorno fa, ma la situazione non fa che peggiorare. E il premier cinese li ha definiti “incidenti isolati”.

Antonella Sinopoli

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