"Tutto è fatto per il futuro, andate avanti con coraggio".

Pietro Barilla

Come si può aumentare l’occupazione in Italia

0

Vale pena sostenere il Jobs Act per motivi di eguaglianza (riduzione della segmentazione del mercato del lavoro) e non per la riduzione della rigidità del mercato del lavoro che produrrebbe un aumento della occupazione. Ciò può essere vero in alcuni casi, ma nell’aggregato tale legame è molto incerto. L’aumento della occupazione dipende dall’incremento del fatturato delle imprese che dipende da due fattori, il livello della domanda dei beni che esse producono e dalla loro capacità competitiva di produrre in misura efficiente. La domanda nazionale dei beni prodotti da una impresa dipende dalla capacità di spesa (cioè dai salari) dei cittadini della nazione (dipendenti di altre imprese di altri settori), quindi i bassi salari non fanno bene al fatturato delle imprese in oggetto. La domanda estera dipende dai salari dei cittadini esteri e dalla competitività internazionale delle imprese che dipende in misura molto importante dal costo del lavoro per unità di prodotto (e dal tasso di cambio).

Il costo del lavoro per unita di prodotto (Clup) dipende dal salario dei dipendenti delle imprese e dalla loro efficienza produttiva. L’economista italiano Paolo Sylos Labini sottolineò come la rigidità del mercato del lavoro italiano (articolo 18 incluso) inducesse le imprese italiane ad investire per migliorare la propria efficienza e ridurre il proprio Clup al fine di difendere la propria competitività. Quindi negli anni 60 e 70 la rigidità del mercato del lavoro ha avuto un effetto espansivo sulla occupazione e sul Pil. La rigidità ha implicato maggiori investimenti e la riduzione del Clup ha determinato maggiori esportazioni, investimenti ed esportazioni fanno crescere il Pil con un effetto in genere positivo sulla occupazione nazionale.

La competitività dell’Italia inizia a zoppicare sul finire degli anni ’90 perché gli investimenti rallentano (per poi crollare dopo la crisi del 2008) mentre la Germania non si ferma e dal 2008 stacca gli altri paesi europei per crescita della occupazione. Il miracolo della occupazione tedesca non è tanto dovuto alle riforme del mercato del lavoro degli anni 2000, quanto al modello industriale tedesco che combinato all’euro (un vero affare rispetto al Marco forte) ha alimentato la crescita delle esportazioni. La moderazione salariale ha giocato un ruolo secondario. Anzi la riforma tedesca del mercato del lavoro realizzata negli anni 2000 presenta invece molti difetti che il Jobs Act nelle intenzioni vorrebbe cancellare: ha creato lavori precari e mal pagati per giovani e over 45, ha tagliato e reso meno accessibili i sussidi di disoccupazione, ma non ha fatto sparire i contratti a tempo indeterminato o indebolito le loro tutele. Come le riforme Treu e Biagi ha segmentato il mercato del lavoro, l’esatto contrario del motivo per cui vale la pena sostenere la riforma di Renzi. Gli indicatori Ocse mostrano che la Germania ha un tasso di disoccupazione basso nonostante i contratti a tempo indeterminato siano tra i meglio protetti, e che la Spagna ha un tasso di disoccupazione molto più elevato (25%) nonostante la tutela dei contratti a tempo indeterminato sia tra le più basse.

Mario Zanco

L'Autore

Lascia un commento