La gente ha sempre dichiarato di voler creare un futuro migliore.
Non è vero. Il futuro è un vuoto che non interessa nessuno.
L'unico motivo per cui la gente vuole essere padrona del futuro
è per cambiare il passato.

Milan Kundera

Come sopravvivere alla fine di una relazione

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È sempre difficile sopravvivere alla fine di una relazione. Non tanto per la relazione in sé quanto più per il fatto di avere la consapevolezza che il proprio ex sopravviverà alla fine della storia. Le donne, si sa, sono vendicative, e anche quando millantano di volere solo la felicità dell’uomo mentono. Perché ciò che vogliono davvero è che lui soffra, ma non nella stessa misura. Vogliono che soffra di più, che le rimpianga per il resto della vita. Anche se hanno già un altro e anche se lo odiano perché sono state rimproverate per anni per il fatto di non essere all’altezza della parmigiana della mamma. Per quanto mi riguarda esiste solo un modo di sopravvivere alla fine di una relazione. Io non amo struggermi, sono troppo narcisista per disperarmi. E in più, ho uno spiccatissimo istinto di sopravvivenza. Senza considerare il fatto che sono molto gelosa della mia dignità. Non si prega un uomo di tornare indietro, piuttosto gli si insinua dentro il ritorno col terrore. E quando parlo di terrore parlo di metterlo davanti al fatto che di uomini dietro l’angolo che sbavano per offrirti da bere ne hai bizzeffe, anche se non è vero, anche se non sai più nemmeno come si fa a estorcere un drink a un perfetto sconosciuto. Ma lui non lo capirà, perché gli uomini sono stati geneticamente creati per cascare in tutti gli sporchi tranelli possibili, tipo le pubblicità delle signorine seminude che offrono sesso gratis e poi invece gli prosciugano la carta di credito.

Personalmente ho una tecnica invincibile per riuscire a sopravvivere al trauma della rottura, che poi porta con sé altrettanti fastidiosi impicci tra cui la mancanza di sesso assicurato per consolarti quando hai perso un’altra volta al calcioscommesse, il caffè a letto e il regalo enorme di Natale sotto l’albero. Innanzitutto bisogna evitare lo strazio della restituzione degli oggetti, anche quando sono preziosi, anche se devi rifarti l’armadio, anche, e soprattutto, se lui ha lasciato a casa tua il suo costosissimo obiettivo della macchina fotografica. Tutto ciò è perduto, smarrito nei meandri del rimpianto, a meno che non si tratti delle tue scarpe col tacco preferite, perché per quelle è concesso anche forzare la porta o assoldare un ladro d’appartamenti (o in alternativa una scimmia ammaestrata) che te le vada a recuperare. Il valore di ciò che hai lasciato non eguaglierà mai lo strazio che gli procurerà avere una tua cosa tra le mani. Per quelle invece che ti rimangono eBay va più che bene. Trarre un beneficio economico dalla fine di una storia non è mai un male, soprattutto perché le cene pagate sono finite. Ma questa non è la parte interessante, perché la parte interessante si presenta sotto una forma decisamente più liquida. L’alcol è infatti il miglior sostituto di un fidanzato, se non accompagnato da Francesco De Gregori e vecchie fotografie. L’alcol è amico ed è necessario: combatte l’insonnia, gli attacchi prepotenti di fame post-abbandono, anche se a volte finisce per farti venire strani pensieri tipo tatuarti da sola un dragone cinese sulla spalla o uscire con un dannatissimo pattinatore del Pincio che pratica buddhismo senza sapere davvero di cosa si tratti e prova a toccarti i chakra a rischio che gli spezzi le dita una alla volta.

Infatti, l’ulteriore passaggio è iniziare una lunga serie di primi appuntamenti che, inizialmente si riveleranno fallimentari. Si tratta di quegli appuntamenti che sembrano costringerti a guardare la realtà per com’è: non è vero che c’è di meglio, se avevi scelto lui è perché era il meglio possibile, adesso dovrai solo annaspare nel rimpianto. Ma non è vero. Perché dopo le prime fughe, ed essere stata messa davanti al fatto di uscire con uno che beve Vodka pesca lemon mentre tu vai avanti a rum come se non ci fosse un domani, inizi a renderti conto di quanto si riveli terapeutico avere qualcosa di cui parlare che non sia la bacheca di Facebook del tuo ex fidanzato, che evidentemente non interessa a nessuno meno che a te. Personalmente ciò non è accaduto col pattinatore del Pincio, che per quanto fosse un’ottima distrazione rimaneva pur sempre un uomo in rollerblade e ginocchiere (anche se comunque quando ha bussato alla mia porta munito di pattini per convincerti ad andare con lui dall’altra parte di Roma l’ho raccontato a tutti, anche a uno che non sapevo fosse un suo amico perché non lo conoscevo) ma al primo appuntamento con un figo, o almeno uno che sembrava tale. Lo avevo conosciuto in discoteca, io che non ballo, io che sono quella a cui i bassi troppo alti fanno venire la tachicardia, proprio io, la ragazza bancone. Ero in discoteca e me ne stavo tranquilla a crogiolarmi nei miei rum e a sparlare di tutti quelli che mi circondavano per sfogare il mio orgoglio ferito finché un uomo apparentemente meraviglioso mi si avvicinò per offrirmi da bere. Comunque, non essendo incline né alle coreografie da rimorchio né alle luci stroboscopiche, me e andai dandogli appuntamento in un posto al Pigneto il giorno dopo (chiaramente non gli ho mai dato il mio numero di telefono perché dopo averlo già fatto le prime volte mi ero resa conto che se vai a un appuntamento con la voglia di fuggire è bene che il malcapitato non abbia più modo di rintracciarti, lo stesso vale per l’indirizzo, mi sono sempre fatta venire a prendere sotto un portone due strade più avanti).

Quando arrivai lui era lì, alto, bello e puntuale. Mi salutò: aveva la voce da donna, con in più la esse di paperino e una strana cosa che non so cosa fosse ma che faceva sembrare che parlasse con una mollica di pane incastrata in gola, un po’ come Massimiliano Allegri per capirci (se non l’abbiate capito la discoteca oltre ad essere un luogo demoniaco non ti fa nemmeno capire che tono di voce abbia la gente). Nonostante il folle istinto di iniziare a correre quanto più lontano possibile rimasi, mi raccontò che il suo ideale era Agnelli, che voleva diventare un imprenditore e io per giusta risposta gli dissi che ero una pittrice di fondali marini e che avevo vinto le nazionali di ginnastica ritmica. Dopo nemmeno un’ora avevo già bevuto tre rum (a volte è difficile sopportare degli strazi simili) e lui era al termine della sua prima birra quando mi confessò di essere completamento ubriaco, perché oltretutto era pure un maledettissimo astemio, e mi implorò di accompagnarlo alla sua macchina. L’ultima immagine che ho di quello che poteva essere un figo ma non lo fu è di lui che si bacia l’indice, cerca di posarmelo sulla fronte cecandomi un occhio e si accascia sulla sua auto. Mi chiede il numero, gliene do uno sbagliato, fingo di volergli fare compagnia per fargli smaltire la sbronza ma lui mi dice di andare e io vado. L’appuntamento successivo è stato con quello che poi dopo una serie di tormenti esistenziali sarebbe diventato il mio fidanzato. Lui sì che aveva una bellissima voce!

ALTRI CONSIGLI UTILI: sostituire il suo nome in rubrica con la parola NO, autoumiliarvi vi aiuterà a resistere alle tentazioni, infierire con puntine sulle sue fotografie appese nella vostra stanza, scegliere le immagini del profilo sperando che lui le guardi e vi rimpianga, sbandierare su tutti i social network una vita sociale che non avete, io vi consiglio di farvela ma non ce l’avete inventatevela, non vi abboffate di Nutella perché ve ne pentirete e, soprattutto, non rifidanzatevi MAI con uno che ha il suo stesso nome. Per il resto, in bocca al lupo.

Martina Di Matteo

L'Autore

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