Il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta.

Paul Valéry

Corrado Giustiniani: quei dinosauri che succhiano il bilancio dello Stato

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corrado giustinianiCostituiscono l’impalcatura dello Stato e delle sue articolazioni; sono gli esperti del fare e disfare le leggi; rappresentano dei menhir inamovibili che hanno una permanenza nel ruolo di gran lunga superiore anche al più longevo ministro della Repubblica. Sono i grand commis, dirigenti apicali dello Stato e delle varie articolazioni amministrative che il giornalista d’inchiesta Corrado Giustiniani, ha ritratto nel suo libro ‘Dinosauri – Nessuna riforma ci libererà dai Superburocrati di Stato’ (Sperling & Kupfer), di cui oggi, alle 16.30, è in programma a Roma la presentazione nel salone della Federazione Nazionale della Stampa. Protagonisti dell’incontro, due personaggi divisi all’incirca da due generazioni: lei, Marianna Madia è classe 1980; lui, Sabino Cassese vide la luce nel 1935; in comune, invece hanno avuto, sia pur in epoche diverse, un indirizzo: Corso Vittorio Emanuele II, 116, meglio conosciuto come Palazzo Vidoni. Ai tempi della dittatura fascista, esso ospitò il cosiddetto Palazzo del Littorio, sede della Segreteria Nazionale del Partito; oggi, invece, è la sede del Dipartimento della Funzione Pubblica, ovvero la casa madre della Pubblica Amministrazione. Sia Sabino Cassese fra il 1993 e il 1994, col Governo Ciampi, sia Marianna Madia, oggi, col Governo Renzi, hanno svolto la delega di Ministri della Funzione Pubblica/Pubblica Amministrazione (il nome del Dicastero è ballerino, di Governo in Governo e la Madia ha anche la delega alla Semplificazione amministrativa). Abbiamo incontrato l’autore del libro-inchiesta per approfondire provocatoriamente i temi esplorati nel suo saggio e le sue proposte – Giustiniani non è tipo da sterile denuncia, quanto, piuttosto, da costruttiva prospettiva -.

Rifacendoci ad una vecchia pubblicità della Telecom: dirigenza della P.A., quanto ci costi? E quanti sono i commensali a tavola?

Io ne ho calcolati 70mila circa, giacché ho tenuto conto dei “dirigenti che effettivamente dirigono”. Infatti, sul conto annuale del Tesoro, sono indicati circa 190mila dirigenti, ma, fra questi, ci sono anche i medici, i quali sono dirigenti di sé stessi, perché diventano dirigenti automaticamente, una volta vinto il concorso indetto dalle varie ASL; ho, però, computato nella mia stima quel 25% di loro che guida, come dice la legge, una ‘struttura semplice o complessa’, ad esempi i primari. Dal conto totale, inoltre, vanno anche sottratti i magistrati. Mi pare che una stima di questo genere, finora, non fosse mai stata fatta. I costi per un simile esercito sono certamente elevati ma, più grave ancora, è il paradosso di avere la burocrazia meno efficiente a livello internazionale, ma con le retribuzioni più elevate: secondo le famose slides di Carlo Cottarelli, l’ex Commissario alla spending review, i dirigenti apicali italiani guadagnano 12 volte e mezzo quello che è il reddito pro capite degli italiani; mentre, gli apicali tedeschi guadagnano soltanto 5 volte in più il reddito pro capite tedesco.

Quali sono gli episodi che più l’hanno scandalizzata?

Ne cito due: il fatto che alcuni giudici costituzionali, che pure godono ancora oggi, dopo la sforbiciata dell’anno scorso, delle retribuzioni più elevate del mondo (432mila euro lordi il Presidente e 360mila gli giudici) aggiungano a tale stipendio pensioni dell’ordine di 150 – 200mila euro. I nomi li scoprirà il lettore del mio libro. La legge del 1953, che aveva normato la retribuzione dei giudici costituzionali, aveva precisato che essa assorbiva qualsiasi altro trattamento; non era, quindi, possibile il cumulo di stipendio e pensione. Nel 1977, però, il Consiglio di Stato, con una discutibile interpretazione, aprì il varco al cumulo. L’estensore di quella sentenza, Vincenzo Caianiello sarebbe diventato giudice costituzionale e, poi, Presidente, anche se per 44 giorni. E qui emerge una abitudine poco dignitosa, quella delle revolving doors alla poltrona di Presidente della Corte.

Che vuoi dire?

Mentre la Costituzione prevede una durata dell’incarico di tre anni, prorogabile per un altro mandato, dal 2000 ad oggi ben 17 giudici si sono susseguiti sullo scranno più alto della Corte. L’uso invalso è stato quello di nominare un giudice anziano, giunto a fine mandato, per fargli intascare gloria e indennità presidenziale.

E la seconda circostanza che l’ha scandalizzata?

Sapere che l’attuale ambasciatore italiano presso il Regno del Belgio andava in giro per Bruxelles con la sua Rolls Royce privata, ignorando evidentemente quanto quest’ostentanzione cozzasse contro la gravità della crisi del nostro Paese e dell’emigrazione forzati di molti dei nostri giovani.

Ci ha parlato di casi – limite. Ma, dalle cifre che lei cita nel suo libro, queste sono la punta di un iceberg ben più ampio. Quale è in cifre la retribuzione media di un dirigente?

E’ una domanda a cui non è possibile dare una risposta perché esiste una vera e propria giungla retributiva, nonostante il datore di lavoro sia unico: lo Stato. All’interno dei Ministeri, ad esempio, icorrado giustiniani direttori di prima fascia dei Beni Culturali sono ai livelli più bassi, ovvero circa 160mila euro lordi l’anno, mentre i loro colleghi del Ministero della Salute sono a quota 240mila euro lordi, ovvero accostati al tetto imposto nel maggio 2014 dal Governo Renzi. Nelle Authority, poi, ci sono tantissime posizioni tra i 200 e i 240mila euro annui, nonostante che le responsabilità di gestione siano mediamente meno rilevanti. Per quanto riguarda, invece, i dirigenti di rango inferiore, quelli cosiddetti di seconda fascia, la forbice retributiva può andare da un minimo di 70mila euro in alcuni Ministeri ad un massimo di quasi 140mila euro all’Inps.

Dal suo libro emerge che è solo teorico il premio di risultato: dovrebbe essere attribuito ai più meritevoli, ovvero a quelli che conseguono risultati, e invece pare spettare quasi a tutti. Come mai?

A tutti, e per giunta sui livelli più elevati previsti. Perché? Perché gli indici da rispettare per ottenere il premio sono ridicoli: aver fatto un ristretto numero di riunioni nell’arco di un anno; aver messo in rete la rassegna stampa, peraltro prodotta in outsourcing, da società esterne alla P.A.; persino, nel caso della Regione Toscana, essere riusciti a ridurre del 5%, da un anno all’altro, il consumo di carta. Nel libro ci sono moltissimi di questi esempi, tanto che c’è un capitolo che ne racchiude solo alcuni esempi, intitolato ‘Tutti sul podio’. Sono premi, per di più, auto-attribuiti.

Ha incontrato una P.A. virtuosa?

I bravi dirigenti ci sono, senz’altro, ma imprigionati nella palude dell’inefficienza altrui. Se devo, però, fare esempi positivi, fra i molti che potrebbero esserci, ne cito esemplificativamente due: Michele Bertola, direttore generale del Comune di Bergamo che ha deciso motu proprio di legare metà del suo premio di risultato a come la città si sarebbe classificata nell’annuale graduatoria stilata dal Sole 24 Ore sulla qualità della vita; siccome Bergamo è regredita, ha mantenuto la parola e se l’è effettivamente dimezzato. Il secondo è il sindaco di Bellano, Roberto Santalucia, che ha condotto vittoriosamente una battaglia contro i dirigenti dell’Arpa Lombardia (altra struttura dalla dirigenza ipertrofica), che volevano multare la cascata del paese perché faceva troppo rumore.

Maria Pia Donati

L'Autore

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